Topografia della degradazione: la New York di Bad Lieutenant
di Federico Pontiggia
"Voglio morire come città, per nascere come uomo"
Henry Miller, Tropico del Capricorno
La città di New York è l'"ambiente prescelto" (1) dal racconto urbano, intesa "come "ville imaginaire", luogo "mitico" designato e qualificato da alcuni caratteri ricorrenti (nome, localizzazione geografica, enunciazione di determinati segni ad alto coefficiente di riconoscibilità)…" (2). Abel Ferrara è The King of New York, città in cui vive e "di cui è il più grande poeta dopo Martin Scorsese" (3), ma la sua poesia raramente utilizza "segni ad alto coefficiente di riconoscibilità" (4): i suoi segni possiedono l'oscurità della notte urbana che canta a denti stretti, "grugn[endo] la sua rabbia" (5), con una "quantità inverosimile di "fuck you" (o più immediati e ridenti "fuck")" (6) messi in bocca ai suoi personaggi. Anche quando l'iconografia urbana di Ferrara utilizza "dynamite images" (7) siamo distanti anni luce dalla New York rassicurante di Woody Allen: "… his name – dice Ferrara - slips my mind. But that's [Allen's] vision of the world, that's where he lives. He lives on Central Park West" (8). Si consideri in Ms. 45 la scena in cui la pistola di Thana s'inceppa: la location è il mitico ponte di Manhattan e la scelta della panchina degli innamorati - su cui si siedono Thana e il commesso viaggiatore - è "citazione blasfema parodistica della famosa scena del film di Woody Allen, uscito solo un anno prima". (9)
Come rileva Tomasi, la "ville imaginaire" è "struttura suscettibile di attualizzarsi in diversi testi" (10): Manhattan per un Woody Allen fallen in love with N.Y.; Ms. 45 e gli altri film per un Ferrara fallen into temptations della Grande Mela, di cui conosce il marcio come nessun altro cineasta. La macchina da presa nei film di Ferrara ha neorealisticamente una posizione morale, per cui non può prescindere dalle disforie dell'ambiente in cui vive: la legge metropolitana è spesso la legge della giungla, una giungla d'asfalto in cui – come afferma Zöe in Bad Lieutenant - "… dobbiamo mangiare le nostre gambe per trovare la forza di camminare. Dobbiamo arrivare per poter andare via. Dobbiamo succhiarci fino in fondo".
La città, la sua atmosfera, è risucchiata nei film di Ferrara: se è vero che "crea testi che sono il reale" (11), questi testi sono New York, la New York criminale e multi-etnica di The King of New York e China Girl, la New York dell'orrore "seriale" di Driller Killer e Fear City, la New York-apologia del Male di The Addiction e The Funeral, la New York "down into fucking Hell" di Bad Lieutenant, la New York del riscatto – anche auto-biografico – di R-Xmas. New York, New York: ma al posto degli occhioni della Minnelli, troviamo la voce rauca e il volto sofferto di Ferrara, su cui si riflettono le nefandezze e gli eccessi della moderna Babilonia, come le luci sulla sua anima nera rifugiata al Plaza, Frank White aka The King of New York. Luce sul nero, luce del nero, la città e la notte: "La raison pour laquelle je tourne en ville est simple: j'ai grandi dans la rue, et j'aime l'atmosphère de la ville. C'est un décor qui parle de lui-même. Quant à la nuit, c'est mon univers. Mais ça vient aussi des personnages. (…) Les danseuses de cabaret, les gangsters de Chinatown ou de Little Italy ne vivent que lorsque les gens normaux sont couchés" (12).
La città, la strada e la notte: sono queste le coordinate esistenziali e artistiche di Ferrara, Muse ispiratrici di un percorso cinematografico di passione e disperazione, da cui traspira una volontà misfit, quasi drop-out. Una dimensione che relega Ferrara nel ghetto della impresentabilità: come rileva Danese, nella "New York Guide della Lonely Planet una pagina intera è dedicata a Woody Allen, (…) logo edificante della city colta e ragionante. (…) Non c'è invece una pagina dedicata ad Abel Ferrara col berretto dei Los Angeles Raiders, logo della metropoli multietnica, promiscua e sragionante" (13). Come reagire? Ovviamente, per Ferrara, rincarando la dose, entrando in simbiosi con la New York multietnica e malata, affiancando killer neri al re White, la droga al sesso promiscuo, affondando denti da vampiro nella Grande Mela da cartolina per turisti. Le cartoline di Ferrara, al contrario, mostrano sempre immagini degradate, eticamente fuori fuoco, rubate all'oscurità metropolitana per consegnarle al fascio di luce del proiettore. Cosa si proietta? Le proprie paure, la propria rabbia disperata, l'ansia morale dissipata dal basso continuo della carnalità, la consapevolezza che mentre si gira The Driller Killer "due isolati più in là sta succedendo qualcosa di peggio" (14).
Due isolati e due film più in là: Fear City, dove New York è eletta a città della paura da un maniaco che così intitola il suo diario delirante. Una paura che scende nei locali di strip-tease, materializzandosi dove si agitano i corpi voluttuosi della ballerine: tette, culi e luci al neon, pane di ogni "frequentatore di doppi programmi sulla 42° Strada" (15). Strade che spesso dividono, stigmatizzando l'impossibilità dell'integrazione interetnica, strade come quella che delimita Chinatown da Little Italy, a cui uno humour nero ha affibbiato il nome di Canal Street: ma a scorrere lungo quel canale non è la comunicazione, ma il sangue, questo sì multi- e inter-etnico. West Side Story diventa China Girl, i Jets bianchi e gli Squali portoricani lasciano il posto a italiani e cinesi, ma la zona franca è sempre quella creata dalla morte: l'abbraccio mortale tra Tony e Tyan-Hwa in China Girl, ripreso da Ferrara con una plongèe a spirale da mozzare il fiato. Un abbraccio da consegnare a Dio e un film - il preferito di Ferrara - dedicato "alla gente di Little Italy e di Chinatown".
Ferrara inscrive spesso nel corpo l'immagine della città: l'affresco metropolitano diviene paradossalmente e per contrasto il ritratto di un corpo. La città è lacerata, conflittuale: questo dissidio urbano è trasposto nell'umano, contrapponendo due corpi o dilaniando un solo corpo secondo spinte morali opposte e oppositive. La disgregazione del vivere newyorkese penetra e violenta i corpi, smembrandoli, ottundendoli e facendoli accartocciare su se stessi.
I corpi si palesano come cellule impazzite di una città cancerosa, in cui la malattia è divenuta la normalità del quotidiano. La malattia è pervasiva: se non intacca la dimensione morale, debilita quella fisica. Al delirio etico di Frank White si oppone la rettitudine supportata da un corpo malato di Roy Bishop, al re girardiano il vescovo della metropoli laica: "in King of New York mit Frank White und Roy Bishop die zwei Seiten des urbanen Gewissen begegnen und wieder auseinanderfallen" (16).
Incontro, scontro e separazione: la città esperita attraverso i suoi "isolati umani", indagata attraverso le barriere architettoniche della morale, percorsa nel peregrinare drogato dei suoi abitanti. New York "si fa destinante (…) di valori (…) tragicamente negativi. La città come luogo di perdizione: il commercio del sesso, della droga, dei paradisi artificiali è una fucina continua di oggetti di valore di cui il racconto metropolitano si serve per trascinare i suoi eroi nei meandri del vizio, della corruzione, dell'abbruttimento, della perdita della propria dignità. Il racconto urbano diviene così metafora della discesa agli inferi…" (17). Questa osservazione di Tomasi si attaglia agevolmente a Bad Lieutenant: New York "destina" il tenente a un itinerario urbano di auto-distruzione in simbiosi con la natura della città stessa; "lo spazio urbano 'esploso' di L'angelo della vendetta, China Girl o King of New York pare non esistere più nella sua totalità. (…) La metropoli 'implode' rispecchiandosi nell'animo di Lt., che ne ha ormai interiorizzato gli umori, i conflitti e soprattutto la violenza e le tensioni" (18). Difatti, New York non assume nei confronti di Lt. il ruolo attanziale di opponente – almeno di primo acchito -, ma pare agevolare la discesa agli inferi del tenente e destinarlo a congiungersi con un oggetto di valore negativo. Non vi è lotta tra personaggio e ambiente, nemmeno resistenza, bensì concorso di colpa in un reato di lesa dignità civile (la città) e umana (il tenente). Fortunatamente la coincidenza New York-tenente non si spinge in profondità, poiché, come ricorda Tomasi citando Lotman, "se l'eroe coincide per propria essenza con l'ambiente che lo circonda, o non ha capacità di differenziarsi da esso, non si ha sviluppo d'intreccio" (19) e – aggiungiamo – sviluppo morale. Da questo scarto nasce Il cattivo tenente: "the road of excess leads to the palace of wisdom, Blake tells us. In Bad Lieutenant (…) the road of excess leads to the Port Authority Bus Terminal off Times Square" (20).
La strada della perdizione è la rete viaria newyorkese, il palazzo della saggezza – significativamente - la stazione dei bus, un "porto" per la fuga, perchè ""dove non è più possibile amare, bisogna – passare oltre!"" (21). Passare oltre, aldilà, per il tenente, dopo aver fatto passare oltre, fuori, i due giovani stupratori della suora.
Il film si chiude con due partenze: l'ultima è una partenza da fermo, quella del tenente freddato in auto davanti al Madison Square Garden, sotto una beffarda scritta pubblicitaria che ricorda come "It All Happens Here". Tutto accade qui, a New York, tutto quello che abbiamo visto e che possiamo vedere.
Ma oltre vi sono due partenze, una off e l'altra over. Alle spalle ci si lascia la suora e la città, entrambe violentate. Non è un caso: "Zum Mythos der Stadt gehört nicht erst in der Moderne die Imagination, die Stadt sei weiblich, gehören all die literarischen und bildnerischen Darstellungen, "in denen die Stadt als weiblich allegorisiert, als quasi-organischer Körper sexualisiert wird". Die Verbindung von Fleisch und Stein ist nie geschlechtsneutral, sondern sexuell geradezu überdeterminiert" (22).
Lo stupro è quasi inevitabile: il corpo umano "sensorio al centro dello choc metropolitano" (23) si carica del vulnus della città. La carne dilaniata è il tessuto metropolitano sfibrato e slabbrato, violato e violentato.
Di grande interesse sono le reazioni - riportate da Joan Didion nel suo saggio Sentimental Journeys uscito nel 1990 - dell'opinione pubblica newyorkese alla notizia di uno stupro di gruppo commesso il 20 aprile 1989 a Central Park da sei teenager afro-americani e ispanici ai danni di una donna bianca appartenente alla classe medio-alta: "Für die einen war das Opfer fast eine Heilige, und was ihrem Körper geschah, sah man als Symbol für einen von der Unterklasse 'vergewaltigten' und zerstörten Körper der Stadt. Für die anderen, die in den Angeklagten unschuldige Sündenböche sahen, waren sie die Opfer einer Stadt, in der die Machtlosen systematisch von den Mächtigen 'vergewaltigt' und zerstört werden" (24).
Ferrara accoglie entrambe queste posizioni apparentemente antitetiche, le concilia e le travasa nel disordine di una città e di un'etica sofferenti. Riferendosi ad un'analogo fatto di cronaca, il regista newyorkese afferma: "In 1982 a nun got raped in Spanish Harlem. All kinds of rewards were laid out, everybody was up in arms, and though I was outraged too, later I started thinking. What about the other ten women who got raped that day? How come no one's putting out rewards for them?" (25).
Cambia il punto di vista, ma non la sostanza morale e l'idiosincrasia etica di Ferrara, irriducibili all'affettazione moralistica, e nasce il personaggio del cattivo tenente in una canzone scritta dal regista: The Bad Lieutenant. Il tenente e la suora, due corpi contrapposti destinati a incontrarsi a New York, dove "ist der Zustand der Anomie, der totalen Auflösung aller integrativen Kräfte erreicht" (26): la parola 'autorità' compare solo nell'epilogo affiancata alla parola 'porto' (Port Authority Bus Terminal) in quanto essa non è applicabile a una legge umana eufemisticamente deficitaria, ma solo alla legge divina del perdono.
New York non è sorretta dalla legge e il tenente vi si adegua: egli non è più interessato ai criminali "nur noch daran, ihnen das abzupressen, was durch die ganze Stadt zirkuliert, Drogen und Geld, die Stoffe, die offenbar die Stadt am Leben erhalten" (27). Ma anche per la città forse non è morta ogni speranza: se ritorniamo all'analogia donna-città, "Der Körper der Nonne, der geschändete Leib, bewahrt trotz der Erniedrigung Schönheit und Würde, die ihn unvergleichbar machen" (28). D'altronde, afferma Ferrara: "Non è solo New York, è così dappertutto" (29). It All Happens As Here, davanti al Madison Square Garden, 34th Street, New York City.
(1) Cfr. Dario Tomasi, "Alla conquista di Manhattan. Ambiente, personaggio, intreccio nel racconto urbano", in AA.VV., NEW YORK, NEW YORK. La città, il mito il cinema, Torino, Aiace, 1986, p.24. "Ville imaginaire" è citazione da Guy Gauthier, Villes Imaginaires, Paris, Ed. Cidec, 1977, p.141
(2) ibidem
(3) Alberto Pezzotta, Abel Ferrara, Milano, Editrice Il Castoro, Luglio-Agosto 1998, p.14
(4) Si veda per esempio Demetrio Salvi, "Il cattivo tenente", in Giona A. Nazzaro (a cura di), Abel Ferrara. La tragedia oltre il noir, Roma, Stefano Sorbini Editore, 1997, p.75, che parla di una "New York per niente caratterizzata" in riferimento a Bad Lieutenant
(5) Claudio Trionfera, Il cattivo tenente, "Il Tempo", 27 maggio 1993
(6) ibidem
(7) L'espressione riferita alle statue della Madonna presenti in tanti suoi film è di Ferrara, in Gavin Smith, Moon in the Gutter, "Film Comment", 4, 1990
(8) ibidem
(9) Silvio Danese, Abel Ferrara L'anarchico e il cattolico, Recco, Le Mani, 1998, p.107
(10) Dario Tomasi, op. cit., p.24
(11) Demetrio Salvi, "Il cattivo tenente", in Giona A. Nazzaro (a cura di), op. cit., p.76
(12) Dichiarazione di Abel Ferrara, in Alain Garel e François Guerif, Abel Ferrara. Entretien, "La revue du cinéma", 436, 1988
(13) Silvio Danese, op. cit., p.11
(14) Dichiarazione di Abel Ferrara in Kim Newman, The Street Where I Live, "Monthly Film Bulletin", 55, 648, 1988, in Alberto Pezzotta, op. cit., p.9
(15) Alberto Pezzotta, op. cit., p.36
(16) Bernd Kiefer, "Von den Mean Streets nach Fear City", in Bernd Kiefer, Marcus Stiglegger (a cura di), Die bizarre Schöneit der Verdammten – die Filme von Abel Ferrara, Marburg, Schüren, 2000, p.77, tr. it.:"con Frank White e Roy Bishop si incontrano le due facce della coscienza urbana, per poi separarsi nuovamente"
(17) Dario Tomasi, op. cit., p.25
(18) Mauro Gervasini, Escono in noleggio Il cattivo tenente e Ultracorpi. (…), "Duel", 14 – 15, 1994
(19) JU. M. Lotman, La struttura del testo poetico, Milano, Mursia, 1972, in Dario Tomasi, op. cit., p.26
(20) Donald Lyons, Scumbags, "Film Comment", novembre-dicembre 1992
(21) Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, in Opere complete, Milano Adelphi, 1968, p.216, in Dario Tomasi, op. cit., p.26
(22) Bernd Kiefer, "Von den Mean Streets nach Fear City", in Bernd Kiefer, Marcus Stiglegger (a cura di), op. cit., p.75, tr. it.: " Il mito della città vede questa come una donna; in tutte le descrizioni letterarie e raffigurazioni pittoriche la città "viene allegorizzata al femminile, sessualizzata quasi come un corpo femminile"*. Il legame tra carne e pietra non è mai sessualmente neutrale, ma, per contro, proprio in questo senso, esageratamente marcato." * Sigrid Weigel, "Traum – Stadt – Frau. Zur Weiblichkeit der Städte in der Schrift", in Klaus R. Scherpe (a cura di), Die Unwirklichkeit der Städte. Großstadtdarstellungen zwischen Moderne und Postmoderne, Reinbek bei Hamburg, 1988, p.177
(23) Giulia Carluccio, "Martin Scorsese. Le luci spente dell'Empire State Building", in AA.VV., NEW YORK, NEW YORK. La città, il mito, il cinema, Torino, Aiace, 1986, p.64
(24) Bernd Kiefer, "Von den Mean Streets nach Fear City", in Bernd Kiefer, Marcus Stiglegger (a cura di), op. cit., p.75, tr. it.: "Per alcuni, la vittima era quasi una santa e il suo corpo martoriato venne visto come simbolo della città "violentata" dalla classe inferiore. Per gli altri, i condannati erano capri espiatori senza colpa, vittime di una città, dove chi non ha alcuna voce viene violentato e sottomesso."
(25) Dichiarazione di Abel Ferrara, in Gavin Smith, The Gambler, "Sight and Sound", 2, 1993
(26) Bernd Kiefer, "Von den Mean Streets nach Fear City", in Bernd Kiefer, Marcus Stiglegger (a cura di), op. cit., p.76, tr. it.: "lo stato è quello della completa assenza di leggi e del completo scioglimento di qualunque forza integrativa."
(27) ibidem, tr. it.: "ma solo ad avere da essi quel che circola in città: soldi e droga, vale a dire quel che, a quanto pare, tiene in vita la città"
(28) ibidem, p.77, tr. it.: "Il corpo della suora, il corpo martoriato, mantiene malgrado l'umiliazione, bellezza e dignità, che lo rendono impareggiabile"
(29) Kim Newman, The Street Where I Live, "Monthly Film Bulletin", 55, 648, 1988, in Alberto Pezzotta, op. cit., p.9