The Shining: il suono della paura
di Maria Rosaria Nigro
"La musica possiede significati intrinseci profondi, che
non bisogna confondere con emozioni o stati d'animo specifici,
e ancora meno con impressioni o storie pittoresche.
Questi significati musicali intrinseci sono generati da un flusso
costante di metafore, che sono tutte forme di trasformazioni poetiche
".
Leonard Bernstein, The Unanswered Question
"Ciò che di meglio vi è in un film è quando le immagini e la musica creano l'effetto". Parola di Stanley Kubrick, il quale facendo suo l'ideale wagneriano del Gesamtkunstwerk, "l'opera d'arte totale", in cui parola, musica e dramma sono fuse in una sintesi armoniosa, è riuscito ad esprimere ciò che è inesprimibile a parole. In tutti i suoi film Kubrick ha sempre concesso un ruolo di assoluta preminenza alla musica (tanto da girare intere sequenze senza dialoghi) e l'ha accuratamente scelta e manipolata così da creare un'inscindibile correlazione fra i due codici comunicativi. Vagliando tra la musica preesistente, da quella colta a quella classica che citava stravolgendola e svuotandola del referente storico, egli l'ha applicata a contesti visivo-uditivi sempre più arditi e diversi. Fortemente connotata sotto il profilo emotivo, la musica realizza uno stato ipnotico riconducibile esclusivamente alle immagini ad essa associate, in modo da diventare non un mero commento extratestuale alla narrazione filmica, bensì un particolare stato psico-uditivo che si instilla nello spettatore, col grande merito di avvicinare anche i "profani" ad un tipo di musica ostica ai più. Film esemplare (sebbene quando si parla di Kubrick sia sempre difficile e doloroso operare una scelta) da questo punto di vista è sicuramente The Shining.
In questo film Kubrick affronta e rilegge il genere horror, finalmente libero dagli stereotipi del sangue e degli effetti speciali, avvalendosi per il commento sonoro delle composizioni di artisti del '900 come György Ligeti, Krzysztof Penderecki e Béla Bartók e di musiche composte per l'occasione da Wendy Carlos e Rachel Elkind.
Proprio a Walter/Wendy Carlos e a Rachel Elkind viene affidato il commento all'incipit del film, quella meravigliosa plongée sul Glacier National Park del Montana sulla quale compaiono i titoli di testa; si tratta di una rielaborazione al sintetizzatore del tema del Dies Irae tratto dalla Symphonie fantastique di Hector Berliotz (1830), che serve a presentare con enfasi i personaggi, e di Rocky Mountains, composizione originale che termina con un sinistro accordo basso quando i Torrance si trasferiscono dalla macchina in albergo, quasi a preludere con un tono alquanto funesto ciò che avverrà in seguito (1).
Le partiture dei brani dei tre compositori, utilizzate per intero e fatte dissolvere mediante il minuzioso lavoro di cucitura operato degli effetti sonori di Wendy Carlos e Rachel Elkind, seguono la progressione drammaturgica del film: "Ligeti (fisso, minaccioso e ipnotico) all'inizio, Bartók (vario, nervoso, colorito) nel mezzo e Penderecki (apocalittico, devastante) in tutta l'ultima parte" (2). La sperimentazione mistico-sonora di Lontano (1967, Ligeti) accresce e dilata gli incubi di Danny e l'individuazione della "luccicanza" in comune tra lui e il cuoco Halloran accompagna il bambino per l'hotel e nella scoperta della fatale stanza 237, conferendo il senso del misterioso e del sovrannaturale, ma soprattutto "costruendo" il senso del peregrinare di Jack Torrance lungo gli spogli corridoi dell'Overlook Hotel. Questo brano di Ligeti, quasi privo di accentazioni nella partitura, col suo interminabile fluire degli accordi permette la fusione in un organismo unico col fluire delle immagini tanto da rendere impercettibile la differenza fra i due codici comunicativi (3). Lo stesso compositore dice a proposito di Lontano: "Le linee di battuta servono solo allo scopo di sincronizzare gli interventi dell'orchestra; linee e battute non devono mai essere considerate segni di accentuazione, la musica deve scorrere impercettibilmente, e gli accenti veri e propri (...) sono estranei al brano" (4). Dunque un'incessante sovrapposizione di suoni elementari che acquistano complessità mano a mano che gli strumenti di questa grande orchestra fanno il loro ingresso, spesso sostenendo le singole note per tempi eccezionalmente lunghi o con interventi di singole note che si replicano indefinitamente in un silenzio pressoché assoluto. L'effetto di disorientamento in hotel è lo stesso di quello provato nel labirinto innevato, dove "suoni continui e piani si confondono col soffio della tormenta di neve, che elimina i contorni visivi, auditivi e tattili con il mondo esterno dell'Overlook" (5).
Il terzo movimento della Musica per archi, percussione e celesta di Bartók (1936) è cruciale perché sottolinea la tragicità della sequenza del colloquio tra Danny e suo padre che si svolge in camera da letto. Utilizzato integralmente nelle sue prime tre parti, questo movimento è il motore dell'azione sin da quando Danny apre timidamente la porta della stanza (lo xilofono rassomiglia allo scricchiolio della porta che si apre). Il dialogo segue poi le diverse fasi del movimento: il tema, sospeso sulle frasi di circostanza tra i due, torna coi glissando quando essi parlano della vita in albergo e con lo strappo della tensione che corrisponde ai timori del bambino sui possibili scatti di violenza del padre. Questo momento, in cui si raggiunge il climax della tensione drammatica, è caratterizzato dagli strumenti più acuti che emergono dalle linee di sospensione degli archi per poi distendersi quando Jack rassicura il figlio.
I brani di Penderecki, tratti da Utrenja (1970), da Il risveglio di Giacobbe (1974) e dal De Natura Sonoris (1966), commentano vari momenti del film. Utrenja accompagna l'inseguimento di Wendy da parte di Jack, l'abbraccio nella stanza 237 tra Jack e la donna nuda che si trasforma in una vecchia putrescente (scena in cui anche il battito del cuore, come il respiro in 2001: Odissea nello spazio, è un suono che sottolinea la tensione del momento), la fuga di Wendy in cerca di Danny dopo l'uccisione di Halloran e il vagare finale nel labirinto (dal particolarissimo effetto timbrico). È una musica " "senza forma", con elementi puntillistici, voci sussurrate e minacciose e un confuso anelito religioso" (6).
Il risveglio di Giacobbe è presente nella scena in cui Danny si trova davanti alla stanza 237 (dalla quale arriva la palla) e Jack si risveglia urlante in salone dopo un incubo per poi entrare nella Gold Room mentre Wendy scopre i fogli dattiloscritti. Questa scoperta è sottolineata dallo stacco delle percussioni subito interrotto dall'arrivo di Jack nel salone e dalla susseguente comparsa del pizzicato con l'arco, in una sequenza distorta di musica e voce.
De Natura Sonoris, coi suoi scoppi di parossistiche sonorità, erompe nella scena in cui Wendy chiude a chiave Jack nella dispensa; quando questi prende ad accettate la porta (momento culminante di tale brano); e quando Jack percorre il corridoio dell'Overlook Hotel per recarsi al bar, con una perfetta coincidenza fra i forti accenti del brano, i bruschi strappi degli archi assolutamente aschematici e i violenti gesti isterici e i colpi casuali che compie Nicholson.
Infine, a completare l'universo musicale di The Shining si aggiungono due brani di musica leggera entrambi di Ray Noble. Il primio è Midnight, the Stars and You, che fa da sottofondo al dialogo tra Jack e il barista: un testo d'amore, che tinge la scena con un tono ironico, ma che in realtà segna il ritorno al passato, in una Gold Room piena di persone vestite in stile anni '30. Il secondo è Home, sottofondo al dialogo tra Jack e Grady, l'ex custode dell'Overlook Hotel, che è una sorta di dialogo allo specchio nel bagno dell'albergo, poiché Jack tenterà la stessa impresa omicida del suo predecessore. La musica è dunque il trait d'union narrativo di questo labirinto della psiche umana nel quale si può solo restare imprigionati o, peggio ancora, congelati come Jack Torrance che rivela gli orrori e i misteri dell'Hotel più famoso della storia del cinema.
(1) Il contributo di W. C. comparirà anche nei dialoghi tra Danny e il suo doppio Tony.
(2) Roberto Pugliese, Da Lolita a Shining: mappa sonora dell'immaginario kubrickiano, in Stanley Kubrick, a cura di G. P. Brunetta, Marsilio, Venezia 1999, p. 307.
(3) Cfr Paolo Cherchi Usai, Kubrick, Ligeti, Bartók, in Stanley Kubrick, op. cit., p 311.
(4) György Ligeti, Lontano - für großes Orchester (1967) B. Schott's Söhne, Mainz 1969.
(5) P. Cherchi Usai, Kubrick, Ligeti, Bartók, in Stanley Kubrick, op. cit., p 311-312. Jack Torrance è succube di un senso di oppressione causato proprio dall'assenza di riferimenti plastici che gli permettano di conoscere e di creare.
(6) Ermanno Comuzio, La musica è già stata scritta. Purchè sia Kubrick a sceglierla, in A proposito di Stanley – il cinema di Kubrick, a cura di P. Giroldini, Effetto Notte Media, Parma 1998, p. 26.