Torino
Festival della Cultura Contemporanea Africana: il punto di vista dell’Africa e di Jean-Marie Teno
di Davide Morello
Il confronto con la cultura contemporanea dell'Africa può fornire spunti per introdurre una riflessione sulla sua arte, e sul suo cinema in particolare, attraverso una nozione tanto psicologica, quanto narrativa e cinematografica, come quella del punto di vista. Occorre rivolgere l'attenzione ai molteplici aspetti che influiscono e pesano sulla complessa realtà di un paese la cui cultura e tradizione è prevalentemente sconosciuta e relegata ai margini di un sistema dominante.
Innanzitutto è d'obbligo il plurale proprio perché le realtà dell'Africa sono molteplici, come le storie delle popolazioni e dei paesi che la formano, come le storie della gente che vive nelle strade delle periferie e quella che gestisce il potere, manovra la cultura e l'informazione, come lo sguardo dei colonizzatori e quello dei colonizzati. Il punto di vista è anche quello degli artisti africani che guardano la loro storia nell'era della globalizzazione, "esuli" in un altro paese, o quello del mondo globale che paradossalmente non può vedere e conoscere determinate realtà, nonché quello della maggior parte della popolazione africana che naturalmente non ha la possibilità e non si pone il problema di acquistare un libro o vedere un film. La schiavitù, la doppia anima della colonizzazione, l'irresponsabilità dei governanti, sono i punti saldi di una storia e di una condizione che l'arte africana cerca di far conoscere attraverso una propria ottica e un proprio riscatto, cosciente del proprio passato e pertanto consapevolmente critica nell'attuale contesto interculturale.
"Bisogna riappropriarsi del cinema" dice Jean-Marie Teno, con questa affermazione che suona come manifesto del nuovo cinema africano, "con l'avvento del digitale e della rete telematica si aprono nuove possibilità per i giovani registi che non devono più recarsi all'estero per produrre i loro film e non necessitano più di grandi finanziamenti… Fino a oggi gli africani e la loro terra sono stati rappresentati da altri registi…". L'autore camerunese, che vive in Francia dal 1997, ha presentato il suo film Afrique, je te plumerai che ripercorre la recente storia politica e culturale del suo paese sottomesso all'influenza del dominio coloniale, all'ipocrisia della politica e al ruolo egemone delle gerarchie clericali. Il documentario analizza la realtà del Camerun intrecciando indagini in prima persona, interviste e immagini di repertorio sugli aspetti fondamentali della cultura, quali l'educazione scolastica, l'informazione, la pubblicazione e la distribuzione dei libri, le biblioteche, la stampa, ma anche e soprattutto la gestione del potere politico, in un paese in cui il termine bianco è sinonimo di possibilità e diritti civili e il termine nero è sinonimo di disperazione. Fra i banchi di scuola, nel tentativo di recuperare, dal passato, la propria identità, o per strada, fra sofferenza e violenza, la macchina da presa di Teno indaga e denuncia le contraddizioni e le tensioni del suo paese, in un film-saggio che assembla documentario storico, reportage, cinema d'inchiesta, tramite una struttura narrativa fluida, drammatica, che riflette sulle possibilità e sulle potenzialità stesse del cinema, e che non è priva di umorismo. Il commento in prima persona, si alterna al distacco del documento storico, alle voci dei protagonisti, alle immagini che parlano da sé, in una narrazione che intreccia a più livelli le problematiche della società. Tre anni di ricerca e documentazione, il montaggio e la distribuzione da parte di Canal France, che forse, tramite la televisione, ha permesso al film di raggiungere alcuni paesi dell'Africa.
"Ho cominciato a fare cinema nel 1974 quando ho visto un film che narrava di un giovane che avrebbe voluto sposarsi e lavorava molto duramente per raggiungere il suo obiettivo. La famiglia della sposa gli chiedeva dei soldi per dote, senza limiti, e lui pagava sempre di più. Questo fatto ha scandalizzato il pubblico, e addirittura il Presidente della Repubblica ha emanato un decreto secondo il quale i giovani sposi avrebbero dovuto pagare per dote un prezzo limitato. Ho capito come il cinema poteva condurre ai cambiamenti sociali. Ho iniziato a fare film affrontando le problematiche del mio paese, la questione dell'acqua, ad esempio, e le domande che mi ponevo, da un film all'altro, mi hanno portato ad affrontare le questioni di chi ci governa, del nostro bagaglio culturale, della storia della colonizzazione, e ho avuto modo di osservare che abbiamo avuto una storia simile a quella dell'Europa: ed è così che Afrique, je te plumerai è nato. Inoltre, il grande problema dell'Africa è la distribuzione di qualsiasi tipo di prodotto, come i libri anche i film naturalmente. Il mio documentario è stato distribuito tramite alcuni canali televisivi, ma non è mai approdato nelle sale cinematografiche".
L'aspetto drammatico di alcune scene come gli scontri per le strade, o i dati che emergono sulle condizioni del paese, è accompagnato da una voce narrante che, a tratti, assume un taglio umoristico, come il cabarettista alla fine della pellicola: altro procedimento che, nuovamente, mette in atto un rovesciamento del punto di vista. "Il film è molto drammatico e la figura dell'umorista è un modo per offrire un piccolo sorriso che, naturalmente, non fa dimenticare ciò che si è visto precedentemente. Anche il titolo ha un carattere umoristico: si tratta di un umorismo non fine a se stesso, ma che invita alla riflessione e fa sorgere delle domande"
Il cinema africano, dice infine l'autore, deve essere rassicurante, deve poter riacquistare una certa fiducia, guardare all'Africa e trovare punti di scambio con le altre culture. Il messaggio principale che il regista e la cultura africana, che con i suoi rappresentanti si sono incontrati a Torino, è innanzitutto un invito ad osservare da un altro punto di vista, come ha ribadito Jean Leonard Touadi, scrittore del Congo e assessore al comune di Roma, con il concetto di decentramento narrativo, in relazione al tema stesso dell'interculturalità.