Arthur Penn
Bersaglio di notte: l'abisso del senso
di Enrico Maria Artale
Bersaglio di notte, girato da Arthur Penn nel 1975, è un film difficile, che rispecchia le difficoltà di un momento particolare della storia americana: il dopo-Nixon. Una complessità, tuttavia, splendidamente oscurata, nascosta, quasi sommersa: ci sembra sempre di comprendere qualcosa, una qualche verità, che nell'attimo dopo però inesorabilmente ci sfugge. Non è l'intrigo a complicare le cose. Il film è complesso innanzitutto nello stile, nello sviluppo della trama, nelle conclusioni. Complesso nella radicalità con cui affronta le tematiche esistenziali, il problema della verità, il senso della perdita e della sconfitta. Bersaglio di notte non offre altro che ambiguità: nulla viene esplicitamente dichiarato, nessun problema viene enunciato, e la sconfitta stessa non è ufficializzata. Ma nella figura di Harry, il protagonista, l'investigatore privato, l'uomo moderno intravede lo spettro delle sue più inquietanti preoccupazioni, di una disperazione che non ha più nulla di tragico, ma che anzi è sempre più fusa con una torbida piattezza emotiva, con una muta indifferenza. Gene Hackman interpreta con dedizione quasi scolastica, e anche con un raro talento, la strana discesa verso la nullificazione, sentimentale e intellettuale, discesa che si fa ancora più drammatica perché sospinta da una fievole speranza, immancabilmente disillusa.
Egli parte per il suo ultimo viaggio - che chiude il film, compiendone di fatto il destino di privazione - debolmente animato da una duplice ricerca: da un lato spera ancora di poter trovare una verità, sempre meno importante per lui e sempre più inquietante di per sé; dall'altro spera di poter raggiungere Paula, la sola che, forse, riesce a suscitare in lui un sentimento d'amore, anche se ormai sembra possibile soltanto un tiepido erotismo. Harry parte per questo viaggio sotto il segno del fallimento: il suo lavoro e il suo matrimonio stanno tristemente scomparendo in una routine che presto li distruggerà definitivamente, svuotandoli di senso. Ma non è tutto. Harry parte per l'ultimo viaggio all'insegna di un dolorosissimo senso di colpa: riportando meccanicamente a casa la ragazza scomparsa, come gli era stato commissionato, senza porsi troppe domande, ne ha in realtà provocato la morte. Nel film, il dilagare costante della colpa non sembra avere limiti. Harry se ne accorge progressivamente: la moglie, l'amante, la ragazza, suo padre e sua madre, tutti, a vario titolo, sono colpevoli, nessuno escluso. Ormai non può che affidare a questa partenza le sue ultime speranze di riscatto. E, invece, perderà tutto.

Il soggetto stesso presenta una "durezza" singolare anche per il cinema americano di quegli anni, che certo non era nutrito di grandi ideali e di verdi speranze. E Arthur Penn mostra il suo genio nel disporre la storia su un terreno di confine: ci troviamo per così dire all'incrocio di due piani, un piano di luce, di possibilità reali, di vita, e un piano di buio, di notte, di incubi e verità nascoste, di morte e annichilimento. Il personaggio di Gene Hackman si muove significativamente lungo questo incrocio, sul confine di un abisso, e sul suo volto disperato leggiamo chiaramente come egli sia consapevole del proprio sprofondamento. Tale abisso dell'anima è però, sorprendentemente, l'abisso reale, il mare. Un mare che inghiotte la verità, i sentimenti, le persone. Un mare che inquieta, che ricorda l'ineluttabilità della morte, soprattutto nei suoi aspetti più orribili: l'immagine del cadavere sommerso dell'aviatore, banchetto di piccoli pesci, traumatizza la giovane Delly. Ma traumatizza anche lo spettatore, assumendo la funzione di un impressionante memento mori, quasi ad evocare la tradizione pittorica, e sicuramente richiamandosi alla tradizione cinematografica: qualcuno forse potrà ricordare, per quell'atmosfera quasi surrealista che le profondità conferiscono agli oggetti, il cadavere della madre ne La morte corre sul fiume, con i lunghi capelli agitati nella corrente.
E questo mare, non più fluviale, ma mare aperto, illuminato dal sole, e sinistramente desolato, prende con sé anche Paula: la speranza di un frammento d'amore scende rapidissimamente nel blu profondo, senza un ultimo sguardo, senza un congedo, col sangue rosso che le sgorga dal capo. In conclusione calerà nell'abisso anche un altro personaggio: il regista, il colpevole, l'artefice del piano criminale che Harry-Hackman non era stato in grado di riconoscere e di comprendere. Tragicamente rinchiuso nell'aereo, si trascina nelle profondità tutte le verità nascoste, destinate dunque a restare tali. La sua richiesta di aiuto non sarà accolta: la sua impotenza e la sua solitudine sono ormai metafisicamente incontrovertibili. Il destino a cui andrà incontro, con esiti imprevedibili, è la deriva, quella di un mondo in cui non è più possibile distinguere la colpevolezza dall'innocenza. E se andiamo alla deriva, non ha più senso andare "controcorrente".
BERSAGLIO DI NOTTE
(USA, 1975)
Regia
Arthur Penn
Sceneggiatura
Alan Sharp, Marshall Schlon
Montaggio
Stephen A. Rotter, Dede Allen
Fotografia
Bruce Surtees
Musica
Michael Small
Durata
99 min