Valerio Zurlini
Il deserto dei Tartari, ovvero l’orizzonte dell’attesa
di Marco Santello
Toni spenti e irreali decolorano la fortezza Bastiano. Campiture vive non possono darsi in un contesto che trova nell'attesa il suo unico senso. Già solo la fotografia di Luciano Tovoli potrebbe spiegare l'enorme successo di critica, pur rigato da qualche prevedibile eccezione, che è stato riservato a Il deserto dei Tartari di Valerio Zurlini.
Opera ultima del regista bolognese, a distanza di trent'anni riesce ancora a folgorare per la sua capacità di toccare le corde più profonde dell'affezione umana. Forse è lo sforzo di respingere la pura astrazione concettuale, forse la suggestiva qualità pittorica dell'immagine, forse la bontà della recitazione - così scarna eppure così rovente - o forse ancora quella strana alchimia di rispetto/superamento che lega il film al capolavoro di Dino Buzzati. In definitiva, però, è il discorso sullo sguardo, troppe volte sottovalutato, a fare de Il deserto dei Tartari uno dei film più apprezzabili del cinema italiano degli anni Settanta. Se è vero, infatti, che il complesso intrecciarsi di routines comportamentali, solitudine interiore e tetra illusione costituiscono l'ordito tematico principale dell'opera, non si può d'altronde non sottolineare l'originalità con cui il tema dell'attesa è stato sviluppato. Esso, di fatto, non è declinato esclusivamente in termini esistenziali, quanto piuttosto indagato da una prospettiva nuova, che arriva a toccare versanti estetici e metadiscorsivi.
L'attesa è in Zurlini tensione dello sguardo, volontà di comprendere, anelito all'azione. Durante tutto il film i personaggi non fanno che guardare e guardarsi: avvistano un cavallo, vedono delle luci, si servono di binocoli, scorgono nemici che non ci sono, osservano un paesaggio di cui non comprendono la forza. Guardare è ciò che li tiene in vita, che li spinge a continuare la loro recita traboccante di regole vuote e portatrici di morte. Ma questo sguardo che dà loro vita è un atto pulsionale, irriflesso, semplicemente strumentale. L'attenzione è rivolta a fate morgane caricate di un significato che in realtà non hanno. Il vero sguardo, sembra dirci Zurlini, è quello che ci avvicina a qualche verità, ancorché parziale, non quello che accarezza illusioni e autogiustificazioni. L'orizzonte verso il quale tendono Drogo, Hortiz, Mattis e gli altri ufficiali dell'esercito imperiale non è altro che un artefatto carico di abbagli che li distoglie dal pensiero sul proprio immobilismo e sull'insensatezza della loro vita. Lo sguardo del regista invece percorre una strada diversa, solcata da chiaroscuri contrastati, ma diretta verso la scoperta. Scoperta dell'assurdità dei rituali, della distanza che separa gli uomini, della solitudine interiore che accompagna la vita, della doppia valenza di sottomissione/protezione, così tipica dei rapporti gerarchici. E lo fa con uno stile duro ed evocativo, fatto di attenzione maniacale alla costruzione dell'inquadratura, montaggio orientato alla continuità, prevalenza di campi lunghi e uso di quegli straordinari primi piani che Gilles Deleuze avrebbe chiamato "riflessivi". Ma l'elemento formale che ne Il deserto dei Tartari trova una delle sue più geniali applicazioni è il fuori campo. È come se una dimensione "altra", inconoscibile, accompagnasse costantemente i personaggi costringendo lo spettatore a prendere coscienza di uno buco nero che attrae lo sguardo senza appagarlo mai fino in fondo.
La ricerca dell'immagine approda così ad una dimensione metafisica, sospesa a metà strada tra crudo realismo e trascendenza: il mondo visto dal basso - da una m.d.p. più vicina al terreno - o visto da lontano - nel quadro zurliniano l'ambiente è sempre motore di senso - si popola di funerei feticci. E l'immagine non può che essere abitata dalla morte.
IL DESERTO DEI TARTARI
(Italia/Francia/Rft/Iran, 1976)
Regia
Valerio Zurlini
Sceneggiatura
Valerio Zurlini, Jean Louis Bertucelli, André G. Brunelin
Montaggio
Franco Arcalli, Raimondo Crociani
Fotografia
Luciano Tovoli
Musica
Ennio Morricone
Durata
140 min