Robert Siodmak
La scala a chiocciola: un film-vita
di Mikkel Garro
Perchè mi piace fare gangster film? La risposta è semplice. Perché questi film contengono grandi emozioni: amore, odio, gelosia, e più spesso di quanto si pensi, assassinii a sangue freddo. Di fatto, contengono gli elementi base dell'esistenza, e come ogni buon film dovrebbe fare, riflettono la vita in tutte le sue diverse sfumature [...].
(R. Siodmak da Hoodlums: the Myth..., Films and Filming, vol. V, n. 9, 1959)
Parafrasando le parole di Siodmak, si potrebbe asserire che al regista piaccia parlare delle grandi emozioni, poiché sono la base dell'esistenza ovvero della vita, in tutte le sue più diverse sfumature. Siodmak trova nel cinema, e più specificatamente nei film gangster, il linguaggio più efficace per esprimere la sua visione del mondo. Il cinema come mezzo di comunicazione attraverso il quale raccontare non solo storie, ma anche esprimere concezioni ideologiche. La sua natura ibrida, nel quale confluiscono la pittura, la scultura, l'architettura, la letteratura, il teatro e la musica (che è presente anche nel periodo muto e che costituisce già da allora una componente essenziale del film), lo rende perfettamente congeniale alla rappresentazione di tutte quelle diverse sfumature riflettendo la nostra esistenza e forse sarà anche per questo che Siodmak lo predilige.
Vi sono dunque, nel cinema, le premesse per la realizzazione di un'espressione, o meglio di una rappresentazione che sia la risultante di molteplici arti, che possono o meno tendere ognuna verso lo stesso obiettivo rappresentativo. Il cinema non è tuttavia pura somma di arti, esse semmai agiscono in maniera sinergica l'una con l'altra. Wagner considerava queste azioni artistiche, questo assistere ad un'opera che è per sua genesi frutto di più arti, come una espressione superiore perché totale. Idea quella della superiorità sicuramente superata, anche se è pur vero che le possibilità espressive sono indubbiamente maggiori poiché si può agire su più fronti (oltre alla recitazione v'è la scenografia, la luce, la musica); tanto meglio per chi come Siodmak vuole riflettere la vita in tutte le sue diverse sfumature.
The spiral staircase costituisce un ottimo esempio: un discorso (filmico) sulla vita, su quelle emozioni che costituiscono la base dell'esistenza, ma un film che soprattutto evidenzia molto bene le potenzialità delle diverse possibilità espressive del cinema.
Il film si apre con un piccolo capolavoro espressamente cinematografico sonoro, ma senza dialogo: nel cinematografo, in questa meraviglia del secolo, nel buio della sala siede una donna (Helen) che guarda commossa la proiezione di un film muto, accompagnato al pianoforte da musiche "disturbate" dal rumore della manovella che il macchinista fa girare. In parallelo una donna chiude una finestra ed al tocco forte del pianoforte un tuono. La musica sale spostando il piano del racconto verso lo psicologico intimo e quasi allucinante: vediamo l'occhio dell'assassino ingigantito sullo schermo. In tutta la scena la musica rimane alta fino a che la donna viene raggiunta. Stacco. Nel cinematografo è appena finita la proiezione. Subito si sente il tonfo di quello che intuiamo essere l'ormai cadavere della donna...
La raffinatezza nei movimenti della macchina da presa, l'occhio ingigantito e la costruzione in parallelo sono elementi con cui Siodmak impreziosisce ed evidenza le innumerevoli e diverse sfumature della vita, sfruttando proprio quelle diverse possibilità espressive offerte dallo statuto ibrido del cinema. Egli rende inoltre chiaro anche il periodo, l'ambientazione, il tono, ed il tema del film.
E' bene a questo punto aprire una piccola finestra sulla struttura narrativa del film che si comporta molto similmente alla scrittura letteraria. Come è noto, il racconto letterario contiene piani di lettura differenti a seconda dei vari significati che è possibile cogliere sia dall'intreccio completo, sia da alcune sue parti sia, infine, dalle parole da cui è formato. Una parola, una frase, un intreccio contengono significati differenti. La parola scala non significa solamente un elemento costruttivo che collega un piano ad un altro nella sua fisicità, ma può essere anche intesa ideologicamente come strumento per salire o discendere, oppure come un ostacolo da superare o un mezzo per raggiungere un obiettivo. Può infine, anche a seconda della sua collocazione in una frase o in un discorso, variare di significato. Esistono quindi, senza voler entrare nei meandri della linguistica, sicuramente almeno due livelli di significati nella parola, che per semplicità distinguerò in denotativo e connotativo. Questa classificazione può risultare molto utile per l'analisi e la lettura quanto di testi letterari quanto dei film, e nel nostro caso può fornire degli ottimi spunti per l'analisi de The Spiral Staircase, che dalla letteratura proviene e da essa trae linfa vitale.
La storia narrata, nonostante segua il modello letterario del giallo (ovvero l'assassino scoperto sia dallo spettatore che dal protagonista nelle ultime pagine) spesso garante di suspense, appare facilmente intuibile e quindi lievemente scontata, perdendo molta di quella tensione a cui forse mirava. Vedremo però come questa leggerezza svolga una funzione precisa, sicuramente non eludibile, ovvero quella di base per la costruzione del discorso sulla vita. E' una storia semplice, comprensibile ai più, che permette a Siodmak di lavorare con maggiore dedizione ed attenzione alla costruzione della rappresentazione di tutte quelle sfumature della vita ovvero, come ho già sottolineato, della sua stessa visione del mondo.
Dopo la sequenza iniziale ci ritroviamo in casa Warren, nella quale Helen vive e lavora come domestica. Helen, che ha perso la voce dopo aver visto i genitori bruciare nella sua casa natale, vive assieme all'ormai anziana signora Warren, ai suoi due figli e ai due governanti che sono anch'essi sposati. La piccola cittadina inglese in cui si svolge il film, da alcuni giorni è teatro di una serie di assassinii di giovani donne con menomazioni fisiche (zoppe, cieche ecc.). Durante una notte, naturalmente tempestosa, l'anziana signora intuisce che Helen è in pericolo e cerca in tutte le maniere di convincerla ad andarsene o "se proprio devi restare dormi accanto a me [...] ". Nella casa che per un motivo o per l'altro si svuota pian piano dei suoi personaggi, rimangono solo la vittima, l'assassino e il salvatore (che in questo caso sarà la salvatrice) sino allo scontro finale in cui finalmente si svela quella che si può chiamare la storia esteriore.
E' stato spesso notato dai critici la leggerezza e la forse eccessiva scontatezza dell'intreccio, anche in considerazione del fatto che il film si spinge verso un piano psicologico che forse meriterebbe maggior rigore e serietà narrativa; ma in questo caso si può considerare legittimo l'uso di una forma semplice, comprensibile ai più poiché è appunto il contenuto extra narrativo che si vuol evidenziare. Siodmak stesso si accorge della piega forse eccessivamente melanconica che prende il film, tanto che fa dire al dottore rivolto alla signora Warren (e metalinguisticamente al pubblico): "sta diventando troppo melanconica".
Inoltre, sia il titolo sia l'immagine d'apertura, su cui scorrono i titoli di testa, possono funzionare come metafora del duplice significato della parola. Il significato vero, infatti, è in profondità: bisogna scavare e saper scavare se si vuol arrivare alla verità ed alla soluzione. Un'indicazione preziosa per il pubblico che non si deve fermare al significato in superficie. La scala che è, per definizione, un elemento costruttivo che collega un piano ad un altro o ad un livello superiore, in questo caso è per di più a chiocciola, parola che indica non solo il movimento dell'escavatore, ma è anche sinonimo di difficoltà, di un movimento che risucchia.
Ma quali emozioni suggerisce allora The Spiral Staircase?
Nel film si celano l'amore e l'odio, la razionalità e la follia, v'è l'invidia e non mancano gli inganni e i sotterfugi. Insomma v'è la vita; e quello specchio enorme sulle scale che riflette la protagonista senza la bocca sembra essere una chiave di lettura importante: il film come specchio della vita che ci mostra nei nostri difetti, nei pregi e nelle nostre mancanze. Proprio questo tema, che poi è il movente dell'assassino, ovvero la volontà di " ripulire " il mondo dalle "debolezze" e dalle "storture", soggiace, evidentemente, alla torbida fascinazione delle teorie d'estrema destra sulla sanità della razza e al delirante mito nazista della "purezza razziale". Tematiche che, alla fine del conflitto mondiale, l'emigrato tedesco Siodmak, democratico e anti-fascista, doveva sentire profondamente. E' vero anche che l'assassino agisce per piacere al padre, ormai defunto, che in vita ha sempre considerato i figli "deboli" e che ciò contribuisce a sottolineare la radice psicologica dell'omicida. Dimensione che è esaltata anche dalla conformazione architettonica della casa. L'intero film si svolge sui tre piani della casa: la cantina sotterranea in profondità, dove avverrà anche l'omicidio, il piano terra che diviene il teatro della quotidianità, e il piano alto dove risiede la memoria storica, da dove, di fatto, verrà la salvezza per Helen braccata sulle scale dall'assassino. Ed è proprio la scala che svolge la funzione di congiungere questi piani ideali: i protagonisti non fanno altro che discendere e salire da essa in continuazione per tutta la durata del film, fino alla scena finale.
Si potrebbe stabilire un parallelo tra la struttura della nostra psiche, sulla base delle teorie freudiane, e la struttura della casa. Es, Io e super-io, i luoghi deputati al nostro agire sono rispettivamente anche i piani spaziali entro i quali si muovono e agiscono i personaggi del film. La casa come mente umana nella quale si celano buonsenso e pazzia, nella quale si consuma la vita con tutte le sue sfumature diverse. E' bene però ricordare come questa dimensione allucinata sia forse il frutto di una stortura nella traduzione dei testi freudiani, come puntualizza Gandini nel suo libro su Il film noir americano. "Il sogno è una attività della nostra anima", scrive Freud, ma nel testo americano anima viene tradotto con mind che significa più propriamente. Una stortura non di poco conto, e forse si può addebitare ad essa un ruolo significativo per il proliferare del clima onirico allucinatorio di molti film noir, e non solo, del tempo. Ma The Spiral Staircase non è un film prettamente psicologico, ovvero il film non ruota intorno a questa componente, che viene usata semmai da Siodmak come espediente per destare paura e stupore nello spettatore. Siamo in un mondo (casa Warren) nel quale la scienza non sembra poter offrir soluzione (moltitudine di dottori che non riescono a guarire la signora Warren), ma deve anzi ricorrere a medicamenti non proprio ortodossi (l'etere) per poter contrastare il malanno. E' di chiave psicologica anche il malanno di Helen che non riesce più a parlare; solamente alla fine del film la donna riesce a chiamare il suo amato dottor Parry, quando, proprio lo choc avuto per l'incontro/scontro con l'omicida e l'assoluta necessità di dover parlare con il dottore le procurano lo sblocco mentale necessario alla guarigione. Non è dunque nemmeno per Helen un male fisiologico, ma psicologico. E Helen guarisce proprio perché non lascia la casa nonostante il pericolo e le raccomandazioni della signora Warren. E questa scelta, seppur non compiuta attraverso un'azione volontaria ed autonoma, finisce per aiutarla.
Sono ancora molti i possibili piani di lettura de La scala a chiocciola di R.Siodmak e sicuramente meriterebbero uno studio più lungo ed approfondito. Il film, che forse più di tutti ha reso Siodmak conosciuto al grande pubblico, rimane sicuramente una occasione importante per riflettere sulla vita. E questo nonostante siano passati quasi sessant'anni dalla sua realizzazione. E' incredibile come ogni buon film sia sotto molti aspetti a-temporale. Inoltre il simbolo, perché di questo si tratta, della scala a chiocciola è forse l'elemento più attuale di quello che non ritengo essere un esercizio di stile gotico, come hanno definito il film alcuni critici, ma semmai il punto d'approdo di una intera stagione cinematografica autoriale. Il film, bilanciato in tutte le componenti stilistiche, con quel tocco espressionista che caratterizza quasi l'intera produzione filmica di Siodmak, The Spiral Staircase è un film-vita, come adoro definire quei film che sono nello stesso tempo sullo schermo ed in sala nel pubblico.
LA SCALA A CHIOCCIOLA
(Usa, 1946)
Regia
Robert Siodmak
Sceneggiatura
Mel Dinelli
Montaggio
Harry Marker, Harry Gerstad, Robert Siodmak
Fotografia
Nicholas Musuraca
Musica
Roy Webb
Durata
96 min