Alain Resnais
L’anno scorso a Marienbad: il gioco dei fiammiferi, ovvero il non-senso
di Jessica Passerini
Occasione da non perdere per rivedere e ripensare L'anno scorso a Marienbad, vincitore del Leone d'Oro a Venezia nel 1961 e fra i film più conosciuti di Alain Resnais, è stata quella dell'incontro con il suo ideatore e sceneggiatore Alain Robbe-Grillet, presente a Stresa in funzione di Presidente della Giuria cinematografica della prima edizione del Grinzane Cinema.
L'ottantaduenne autore francese, capofila del nouveau roman, nonché regista di rilievo, ha intrattenuto con vivacità e umorismo un pubblico numeroso e attento, e si è soffermato soprattutto sul significato del film. Un senso che non esiste in quanto tale e che allo stesso tempo può avere accezioni infinite.
Grillet racconta come Alain Resnais fosse ossessionato dall'idea del significato: il regista aveva bisogno che i suoi film contenessero un'idea densa, ben precisa. Il fatto che egli avesse invece accettato di dirigere un'opera interamente scritta da un altro (Grillet non pensa alla storia, ma scrive per immagini e ogni inquadratura è già descritta per come deve essere), e per di più senza un senso compiuto, fu un avvenimento, a suo dire, eccezionale. Una doppia presenza dunque nel film, due spinte che appaiono allo stesso tempo convergenti e divergenti, due autori sempre contemporaneamente presenti in ogni scena, in ogni immagine, nonostante chi sostenga che il Marienbad di Resnais sia del tutto autonomo e mutato rispetto al Marienbad di Grillet. Quello che è certo è che se il primo ama inoltrarsi nella memoria, il secondo vuole parlare piuttosto di persuasione.
Un film nato da una visione del mondo e della vita che non vuole essere univoca, ma al contrario pregna di molteplici e inesplicabili sfaccettature, in cui nulla deve essere spiegabile oggettivamente ma prendere senso solo nella propria soggettività. Grillet non è uno scrittore di quelli che sa, che ha capito la realtà (come possono esserlo Dickens o Zola): è uno che non ha capito (come lo è Kafka) e che nonostante questo vuole provare a descrivere agli altri la propria e personalissima visione del mondo. Allora ecco che gli enigmi presenti in L'anno scorso a Marienbad non possono trovare una soluzione che sia data una volta per tutte, perché essa è inconoscibile anche per il loro stesso artefice.
Prendiamo ad esempio il gioco dei fiammiferi (eseguito, in verità, nel film anche con le carte). Il Lui protagonista (interpretato da un insolito Giorgio Albertazzi), ospite e straniero nel palazzo-labirinto, nonché voce narrante che ossessivamente ci rende partecipi dei pensieri e dei ricordi del proprio Io, viene sfidato al tavolo da gioco dall'Altro, l'Antagonista, colui che è forse marito o forse amante di una Lei, diafana e inafferrabile, sfuggente. Si gioca in due. Quattro file di fiammiferi disposte a piramide: una con sette, una con cinque, una con tre e l'ultima con un solo fiammifero. A turno si possono togliere quanti cerini si vogliono, ma solo da una fila alla volta. Perde quello a cui resta l'ultimo elemento. E a vincere è sempre l'Altro. Né Mister X né nessun altro ospite dell'albergo riesce a comprendere le regole. Ognuno prova, con congetture, a dare un senso a ciò che sembra non averne affatto ("Ma è un gioco assurdo!"; "basta conoscerne il trucco"; "bisogna prenderne in numero dispari"; "ci sono di certo delle regole"; "perde chi comincia"; "quello che conta è prendere ogni volta un quoziente di sette"; "ma in che fila?"; "è una serie logaritmica"). Immobili come statue osservano lo spettrale Sacha Pitoëff vincere ripetutamente Albertazzi. L'unico movimento, che diventa ossessione, è quello del gioco. Lo spettatore si ritrova inevitabilmente dentro lo stesso meccanismo, ma scovare una soluzione sembra impossibile.
Ed è Robbe-Grillet a svelare il mistero. Il gioco sembrerebbe essere un'invenzione dell'autore (anche se si rivela essere identico al Nim, gioco originario dell'antica Cina e comparso per la prima volta in Europa nel Cinquecento) e risalirebbe ad un suo periodo di permanenza in un campo di lavoro durante la guerra. Funziona sfruttando il sistema binario, ovvero il sistema di numerazione utilizzato dai computer. E' necessario quindi far corrispondere 1 a 1, 2 a 10, 3 a 11, 4 a 100, 5 a 101, 6 a 110, 7 a 111 e così via. Si sommano poi i numeri binari così trovati. Se le cifre della somma sono tutte uguali a zero oppure pari, la configurazione è vincente altrimenti, se c'è anche una sola cifra dispari, è perdente. In quest'ultimo caso, si procederà con una sottrazione di fiammiferi, in modo da trasformare la configurazione in vincente. In linea di massima, afferma Grillet, chi inizia il gioco perde.
Delle regole ben precise esistono dunque, nonostante l'apparente non-senso del gioco, ma il problema è che nemmeno gli attori/personaggi di L'anno scorso a Marienbad le usano, perché non sono riusciti a comprenderle e ad impararle. Ciò a cui assistiamo nel film, altro non è che una riproduzione casuale dei procedimenti corretti, ed accade perciò che il senso posseduto dal gioco si smarrisca e il meccanismo appaia inverosimile.
Così come si perde (non si è mai trovato) il senso del titolo della rappresentazione teatrale che ha luogo per ben due volte nelle silenziose sale del palazzo: Rosmer. La pièce viene recitata da due attori immobili sulla scena, le cui battute quasi si interpongono ai dialoghi dei due protagonisti, riprendendone il senso, evocando la realtà irreale dell'albergo, immerso in un vuoto di memorie, e dilatando lo spazio fino a farlo corrispondere con l'intera area occupata dai corridoi, dalle stanze, dai viali del palazzo. "La parola Rosmer partecipa all'enigma che è il film", afferma Alain Robbe-Grillet.
Si potrebbe allora spaziare con la fantasia e cercare un legame con Rosebud, termine pronunciato nel prologo di Quarto Potere dal protagonista Charles Foster Kane sul letto di morte. Attraverso una serie di inquadrature dal carattere misterioso (la boccia di vetro che cade per terra, la neve che invade lo schermo e il particolare della bocca di un uomo - del quale non capiamo l'identità - che pronuncia la parola Rosebud), si pone l'enigma che percorrerà tutto il film e sul quale esso è costruito. Così come si potrebbe compiere un altro balzo in cerca di significati e collegamenti, pensando a Henrik Ibsen e a un suo rinomato dramma teatrale del 1886: Rosmerholm. Definita dai critici un'opera enigmatica, potrebbe essere stata per Resnais fonte di ispirazione, e la citazione del nome Rosmer potrebbe corrispondere ad un omaggio del regista alla produzione del drammaturgo norvegese. La realtà è che le ipotesi in proposito sono numerose e anche molto diverse fra loro. Ma la Verità non esiste. Il consiglio di Grillet è quello di continuare a cercare la propria visione delle cose e del mondo, dando vita ad una lettura intima e personale. Nulla ha un solo senso.
L’ANNO SCORSO A MARIENBAD
(Francia, 1961)
Regia
Alain Resnais
Sceneggiatura
Alain Robbe-Grillet
Montaggio
Henri Colpi, Jasmine Chasney
Fotografia
Sacha Vierny
Musica
Francis Seyrig
Durata
93 min