Joe D'Amato Horror Festival 2005: il popolo dell'autunno PDF 
di Mario Bucci   

Bari, ore 5:00. Mi affaccio sui binari della stazione, in partenza per Livorno, dove per cinque giorni assisterò a quello che passa come il festival più delirante sul territorio italiano: il Joe D'Amato Horror Festival, quest'anno giunto alla sua quarta edizione. Il programma che mi viene consegnato è fitto, con proiezioni che iniziano la mattina dopo colazione e terminano a notte inoltrata, quando cioè sulle pareti già scure dei palazzi livornesi le ombre si sono ormai consolidate e tra le vie è il silenzio a farla da padrone.

Anche se uscito in ritardo sui tempi, nel programma arrivano le conferme e tra le partecipazioni ventilate per quest'anno compare finalmente un nome su tutti, che si vociferava già da tempo: Jess Franco, l'anima inquieta e sotterranea del cinema iberico, il maestro del filone lesbo/vampiresco, uno dei signori del cinema di genere mondiale. Sarebbe bastato il suo nome (o uno dei suoi pseudonimi come Clifford Brawn, Frank Hollman, Daniel J. White, Jesus Manera, ecc.) per far muovere un popolo di sostenitori di questo lato oscuro del cinema. Ma a Livorno, nel circo organizzato dall'imbonitore Paolo Ruffini (direttore artistico), in realtà è passato davvero di tutto. Dai racconti aneddotici dell'allegro e divertito Venantino Venantini, passando per Lamberto Bava (che torna al cinema con ben due film), Gioacchino Libratti, Ciro Ippolito, Giuliano Carnimeo, Francesco Barilli, il disorientato Giulio Petroni (del quale è stato proiettato Tepepa (1968) con Tomas Milian e Orson Welles) e tanti altri personaggi dell'immenso mondo sommerso del cinema italiano, autori di pellicole dai nomi esotici come Il dio serpente (1970), aggressivi come La bestia in calore (1977) o semplicemente ridicoli come Le notti erotiche dell'uomo invisibile (1977).

Questa ronda nel cinema dimenticato ha raggiunto il suo apice con l'esplosivo Pietro Vivarelli, infatuato da un molleggiato linguaggio, presente al festival con l'unico intento di raccogliere querele (davvero uno spasso è stato l'incontro con lui). Ha sparato a zero su tutto e tutti, con un piede già sull'aereo per La Habana, dove raggiungerà il suo amico Fidel Castro. A dare il fianco al grande carrozzone di maschere e fantasmi, zombi e bambole assassine, in un allestimento che non si è fatto mancare una sola goccia di sangue, ha partecipato una selva di critici ed appassionati (non solo i gruppi di "Nocturno" e "Stracult" ma anche tanti altri) che come alunni a scuola si sono divertiti a punzecchiare, stuzzicare e a volte prendere in giro la maggior parte dei maestri, quegli ospiti saliti sul palco con i quali hanno consumato l'incontro con la ormai consolidata formula del bicchiere di vino. E ne sono stati versati tanti di litri d'alcool, su questo non c'è dubbio, tra decine di divertenti partecipazioni e le performance del gruppo dei "Loungerie", condite di sperimentalismi orrorifici ed ilarità dissacranti (come l'intervento in sala durante le proiezioni, ma anche con omaggi a Deodato e Nakata) e tanta, tanta altra putrefatta carne lasciata al macero.

Per cinque giorni dunque i ragazzi del JDAHF hanno conquistato un angolo della loro Livorno rosso sangue, sostenuti anche da diverse partecipazioni estemporanee, che hanno confermato tutte però la validità di questo divertente festival. E poi ancora: anteprime (tra le quali ha deluso il tanto acclamato film neozelandese Wolf Creek (2005) di Greg McLean), un interessante incontro con le nuove leve del cinema di genere italiano (Eros Puglielli, Gionata Zarantonello e Marco Manetti dei Manetti Bros. che ha presentato stralci di montaggio della sua prossima fatica Interno 17), deliranti cartoni animati e documentari, e poi loro: Joe e Jess, nomi che, come si è detto, sono in grado di muovere schiere d'affezionati in ogni angolo della terra provvisto di una sala cinematografica. Sebbene, infatti, il loro cinema sia poco conosciuto all'Italia cineborghese, entrambi hanno avuto accesso alle più ampie fette del mercato cinematografico mondiale trasformando alcuni dei loro lavori in veri e propri cult, mantenendo sempre quell'atteggiamento anarchico nei confronti del cinema che non gli ha permesso di finire nell'Olimpo dei grandi autori, ma di essere comunque seguiti da un numero di fan in continua crescita. Ovviamente non si tratta solo di congiunture politiche o deficienze autoriali, ma di una scelta di vita consapevole e rispettabile che, perseguita con tenacia, alla fine ha dato i suoi frutti.

Sul padrone di casa, lo scomparso Aristide Massaccesi in arte Joe D'Amato (anche per lui gli pseudonimi non si contanto) si è continuato ad indagare grazie alla partecipazione di numerosi colleghi ed alla proiezione di alcuni dei suoi più famosi lavori erotici (Emanuelle in America (1977), Papaya dei Carabi (1978) e altri ancora), mentre del regista spagnolo è stato possibile visionare pellicole introvabili dal piacevole sentore archeologico come Justine, ovvero le disavventure della virtù (1968) con l'adolescente Romina Power, l'emblematico Klaus Kinski e Jack Palance, o classici del suo cinema come il bellissimo Miss Muerte (1965) o il più contemporaneo (e ridicolo) Oasis of the Zombies (1981). Decine di nastri e pellicole dunque hanno così introdotto e poi completato l'incontro con Jesus Franco (no, questo non è uno pseudonimo ma il suo vero nome, e come dice lui stesso è lo scherzo più grosso che gli potevano fare nella vita, vista la sua avversità nei confronti dei dogmi e dei formalismi della Chiesa e del regime spagnolo) e la scoppiettante chiacchierata che ha visto la sala piena oltre la sua capienza, tutti lì per lui, presentatosi al fianco della sua donna, la musa di decine delle sue visioni erotiche, Lina Romay.

A sostenere quest'orgia d'immagini, tanti altri oscuri sentieri nei quali smarrirsi alla ricerca dell'orco o del lupo cattivo, come l'omaggio al cinema ispirato dallo scrittore di fantascienza Richard Matheson, un percorso fra i vecchi episodi della serie televisiva Ai confini della realtà, e soprattutto il concorso per cortometraggi, la cui direzione della giuria è stata presieduta dal regista Bruno Mattei, sul quale leggenda vuole che durante la manifestazione abbia preso dimora nel cinema Kinodessè, poiché presente a tutte le proiezioni (sì, è a lui che andrebbe il premio Stakanov di questa edizione). Al regista del "cultissimo" Virus – L'inferno dei morti viventi (1980) è stata anche dedicata la lunga notte di Halloween, dove fan del suo cinema hanno potuto assistere ad una maratona dei suoi film più riusciti, fino all'alba, quando cioè le anime dei condannati hanno ritrovato la pace ed il riposo, prima della gran festa di gala nella quale sono stati premiati i migliori lavori in concorso. Where Am I? di Paolo Del Fiol e Dominik Falcio ha trionfato aggiudicandosi il premio di 1.500 euro messo in palio dall'associazione culturale "Nido del cuculo", il laboratorio di matti e maniaci sostenitore di tutta questa iniziativa dell'orrore, mentre la miglior regia è andata ad Alberto Donati che ha realizzato Quell'estate del '78, a detta del presidente di giuria un lavoro dalle alte potenzialità qualitative. Altri premi sono stati consegnati ad Alessia Rei per No more… Eva! di Christian Arioli, agli effetti speciali del corto A milioni di chilometri dalla terra di Calogero Alaimo ed il premio speciale del pubblico infine è andato a Love is blind di Matteo Chiossi.

Se dunque tutto è parso andare per il meglio, è anche vero che il grosso zombi JDAHF qualche pezzo (un arto? un dito? un'unghia?) lo ha perso: nonostante la più comoda e congeniale distribuzione delle sale e delle proiezioni rispetto alla passata stagione, non ha convinto nemmeno gli organizzatori, per esempio, la scelta di fare alcune proiezioni in un angolo ricavato in un pub (idea simpatica, ma purtroppo scomoda), anche se di questo è più corretto additare una gestione comunale che sembra si stia perdendo per strada. A tal proposito è bene sostenere l'impegno di questi ragazzi di fronte alla grande crisi che sta attraversando la città di Livorno, dove i cinema storici vengono chiusi (anche se mentre si svolgeva il festival è stato occupato l'Odeon) e una serie di tagli alle politiche e alle attività culturali hanno fatto sì che fosse la sola forza di questi appassionati (anche economica, grazie al grande successo riscosso con "Io doppio", una rivisitazione in livornaccio dei film più celebri) a portare avanti un progetto che rimane sempre, e giustamente, ambizioso. Si è riso, scherzato, mangiato, bevuto, per partecipare degnamente ad un cinema che non si prende sul serio, che sa ridere dunque di se stesso, ma che a volte è capace di toccare vette ignote e muovere insolite corde. Psichedelica, erotismo, delirio, orrore, sesso, ingenuità, sulle tele del festival è grondato il cinema spumoso degli anni passati, alla ricerca di un futuro del genere italiano, in una manifestazione dove è stato facile parlare, incontrare colleghi, stringere accordi e scambiar segreti, opinioni, nuove e vecchie passioni, e che oltre ogni cosa, ha proprio in questo atteggiamento liberatorio il suo vero punto di forza, per un festival che spinge verso lo smantellamento delle etichette e dei formalismi, e che ormai ha da anni un suo grande precursore in Marco Giusti, immancabile ovviamente anche a questo appuntamento.

Tra le dichiarazioni d'amore per questo cinema, qualche pecca non è passata inosservata come quella (forse l'unica?) di aggrapparsi al "mito Quentin Tarantino" e al suo lavoro svolto nell'ormai trascorsa Mostra del cinema di Venezia. A mio parere, infatti, i ragazzi del JDAHF, e lo dico perché ne hanno tutte le possibilità/capacità, dovrebbero cercare di prendere ormai le distanze da un regista che ha fatto un grande favore a tutti, ma che probabilmente ha solo voluto dire "Fatevi sotto ragazzi, è tornato il nostro momento!". Sono convinto infatti che il cinema di genere in Italia debba smettere di vivere di luce riflessa e debba tornare a risplenderne di propria. Ogni festival cinematografico che riflette su se stesso ha l'obbligo di condurre ad un nuovo cammino, di indicare un nuovo percorso. E questo sembra l'impegno più grosso che i ragazzi de "Il Nido del Cuculo" hanno scelto di affrontare.

Ringraziamenti
Un ringraziamento speciale al prezioso lavoro di due ottimi compagni quali Alfredo Nunzi e Stefano Reggiardo, che mi hanno accompagnato in questa straordinaria discesa, e di cui avvertirete la presenza anche nelle interviste a Jesus Franco e Lamberto Bava.

Link
Per informazioni e approfondimenti si rimanda al sito ufficiale del JDAHF: http://www.joedamatohorrorfestival.it

 


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