The Eye: figure del doppio PDF 
di Davide Morello   

Mun, protagonista di The eye, subisce un trapianto di cornee riacquistando la vista perduta all'età di due anni. Potenza della visione: la ragazza si trova proiettata in un mondo di fantasmi, di morti, in uno stato di spaesamento totale, un mondo surreale di immagini distorte e voci minacciose, suoni ingombranti. È la scoperta di un mondo tanto affascinante quanto spaventoso, di una realtà sconvolgente quanto più l'apparenza coglie la profondità degli eventi.


Questo "Shining", questo poter vedere cose che gli altri non vedono, diviene strumento che mette in contatto il passato, il presente e il futuro, annienta le distanze spaziali, fa della visione soggettiva il fulcro del dramma, del confronto e dell'identità. La paura è anche quella di non essere creduti, di non essere compresi, quella di passare per pazzi, fino a chiudersi in se stessi fingendo di essere nuovamente ciechi.

Il film presenta nei suoi contenuti numerose figure del doppio appartenenti alla tradizione e alla modernità al punto tale da farne l'asse tematico principale.
La stessa capacità di preveggenza, la visione, è manifestazione del doppio che spesso, nota Rank, viene complicata dall'insorgere del delirio di persecuzione, da una follia paranoica (1). Sin dalle prime visioni è ben marcato questo carattere presente, ad esempio, nei reiterati incontri con il bambino che cerca la sua pagella per i corridoi e per le scale del palazzo, che compare davanti alle porte e dietro gli angoli e scompare ogni volta che entra in scena una terza persona. Ma anche a livello di messa in inquadratura, come nel caso dell'anziana signora che viene incontrata nel corridoio dell'ospedale: ella geme immobile, indistinta, fuori fuoco, in campo lungo, e poco dopo si presenta di colpo alle spalle, generando un efficace effetto sorpresa. Quando Mun vuole scrivere in bella calligrafia, le compare una donna che l'assale verbalmente e poi si lancia verso di lei facendola sobbalzare e causando il rovesciamento dell'inchiostro con la conseguente reazione dell'ignaro insegnante rimasto sempre alle sue spalle. È rilevante la scena in cui Mun attraversa la strada e un bambino in corsa le trapassa il corpo. Il tempo di accorgersene e lo vede morto a terra, travolto da un'auto e con un uomo vestito di nero che viene a prenderlo. Questa presa di coscienza la fa scoppiare in lacrime quando incontra il giovane dottore Wah, il quale, dopo avere ascoltato i motivi della sua disperazione, non le crede, sostenendo che sarebbe meglio consultare uno psicologo.

 

Figure del doppio oggettivo, il complotto, la paranoia riguardano il rapporto fra l'individuo e il mondo esterno. È il caso in cui il personaggio si chiede se le leggi ordinarie del mondo siano sconvolte, o se invece sia la sua presenza, la sua coscienza o il suo desiderio a suscitare questi sconvolgimenti (2).

Appena Mun riesce a vedere, ancora ricoverata in ospedale, chiede all'infermiera di potersi guardare allo specchio. Rimane sola a contemplare il suo riflesso in una scena che vede la ragazza ripresa da diversi punti di vista, in un'azione frammentata nei dettagli della mano che si avvicina allo specchio, nel suo alzare lentamente la testa, nel portarsi le mani sulle labbra e sul volto; il tutto attraverso un'estensione temporale che ne sottolinea l'importanza. Arriva la piccola amica Ying Ying che vuole fare una fotografia con lei: in un piano fisso con degli specchi sulla destra, si odono fuori campo le due pazienti, dietro la vicina parete delle toilette. Dopo lo scatto è l'immagine statica, fotografica che invade lo schermo.

 

Specchio e fotografia sono due figure forti del doppio ed entrambe assolvono a una precisa funzione. Infatti dopo la morte della ragazzina, Mun vedrà la fotografia non riconoscendosi. Nello specchio ha visto la giovane strega Ling, donatrice delle cornee, che si sostituisce alla sua immagine. Successivamente, esasperata, frantuma lo specchio riducendolo in frammenti che, ancora ripresi in dettaglio, riflettono la sua immagine sezionata in molteplici punti di vista. Frammentazione che simboleggia la scissione della sua identità. "Di fronte al proprio riflesso, il modello, cedendo all'immagine tutti i segni dell'esistenza, si svuota progressivamente di se stesso. (...) L' io si conferma, ma sotto la specie dell'altro: l'immagine speculare è un simbolo perfetto dell' alienazione" (3).

Specchi, ombre, ritratti, fotografie sono associati alla morte: "la morte non ha riflesso poiché è lei il riflesso" (4). Ogni morte a cui assiste la ragazza è accompagnata dalla visione di un uomo nero che viene a prelevare la vittime; ad ogni funerale è presente la fotografia del defunto: quella di Ying Ying al cimitero, quella del ragazzino suicida che cercava la sua pagella. Il suicida giunge al paradosso per cui tentando di liberarsi dall'insopportabile angoscia della morte, la cerca di sua volontà (5): un'altra figura del doppio.

Ma si pensi al fatto che la stessa strega Ling è morta suicidandosi nella sua camera il giorno successivo al grande rogo che ha semidistrutto il suo villaggio provocando una strage che lei stessa ha tentato inutilmente di evitare. La sua anima vaga ancora cercando il perdono della madre: pace che otterrà con l'arrivo di Mun, la quale, cercando di risolvere il suo angosciante problema, si sostituirà alla ragazza ripetendo per l'ultima volta il suicidio. Il tema della trasmigrazione delle anime appartiene al tema del doppio, concerne una drammatizzazione dei rapporti fra il corpo e lo spirito (6).
Occorre, in ultima analisi, riprendere il discorso sulle visioni e sugli specchi per osservare come questi elementi siano strettamente connessi con l'aspetto temporale.

 

Il riflesso è una virtualità così come lo è il passato rispetto al presente. La protagonista entra nella stanza di Ling e subito percepisce la sua presenza, sente che la defunta le deve comunicare qualcosa. Si siede davanti alla specchiera, ormai padrona dei suoi poteri, ma non prima di aver notato la fotografia della giovane strega posta lì vicino. Lo specchio diviene uno schermo in cui scorrono i fotogrammi in bianco e nero che riproducono la famosa notte dell'incendio e il tentativo di avvertire la popolazione incredula dell'imminente pericolo. Avvenimento che si ripeterà nel finale, quando Mun, percependo le ombre nere, non riuscirà a salvare le persone bloccate nel traffico cittadino, portando così a pieno compimento il suo processo di identificazione.

La ragazza non ha solo flashback e naturalmente può vedere anche il futuro. Riconosce l'ospedale in cui è stata potata Ling quando è in cerca del donatore, luogo che ricorre costantemente nei suoi incubi. Vedendo le ombre può percepire la morte prima che sia diagnosticata, come nel caso della anziana paziente e della piccola amica Ying Ying, il cui nome suona come doppio; oppure come nel caso del tragico finale popolato da uomini in nero.

 

Il doppio riguarda quindi anche il passato in riferimento alla memoria e all'oblio e il futuro legato alla preveggenza e all'istinto di morte.
Lo sdoppiamento del tempo e dell'identità e lo sdoppiamento della visione e della percezione sono i temi dominanti della storia abilmente raccontata dai due registi.

Figure pregnanti e ricorrenti del doppio formano il tessuto di questa narrazione i cui contenuti si possono definire perturbanti. Il perturbante freudiano è quel processo psichico che suscita spavento e angoscia come sensazione derivante da ciò che è familiare, come ad esempio il sosia, o come nel caso di qualcosa di inanimato che pare prendere vita; ma risultano perturbanti anche i fenomeni telepatici, il raddoppiamento e quindi la suddivisione dell'io, la sua permuta, il ritorno dell'uguale nel legame con la morte, gli spettri, la follia e quando il confine tra realtà e fantasia si fa labile (7). Tutti elementi ben rappresentati all'interno della pellicola e che invitano ad una articolata lettura simbolica.

(1) O. Rank, Il doppio. Il significato del sosia nella letteratura e nel folklore, SugarCo Stampa, Carnago 1994, p.48
(2) P. Jourde, Visages du double, Nathan Université, Paris 1998, p.100
(3) G. Genette, Figure, Einaudi, Torino 1973, p.20
(4) P. Jourde, Op. cit., p.10
(5) O. Rank, Op. cit., p.98
(6) P. Jourde, Op. cit., p.152
(7) S. Freud, Il perturbante, Boringhieri, Torino 1968, p.102

 


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