Look Forward: Biografilm Festival 2013 PDF 
Francesca Druidi   

La nona edizione del Biografilm Festival di Bologna si è chiusa il 17 giugno dopo aver proposto, per dieci giornate, il meglio dei biopic e dei racconti di vita a livello nazionale e internazionale. La rassegna 2013, permeata dallo slogan “Look Forward - Guarda avanti”, che si declina come esigenza ineluttabile e invito all’ottimismo in tempi bui come quelli attuali, ha confermato la bontà del modello proposto dal festival diretto da Andrea Romeo, profondamente radicato sul territorio. Sostenuta da un ricco programma di eventi multiculturali (musica, arte, enogastronomia), la manifestazione è infatti riuscita a incrementare e soprattutto a fidelizzare il proprio pubblico (i follower), anche attraverso una rassegna che si snoda lungo tutto l’anno (nella multisala bolognese Odeon), arricchendo ulteriormente il programma rispetto alle scorse edizioni. Madrina del festival è stata la cantante Ornella Vanoni (protagonista di Ricetta di donna di Alexandra Della Porta Rodiani), mentre il grande ospite internazionale (al quale è stata dedicata un’ampia retrospettiva) è stato Ed Lachman - direttore della fotografia per Robert Altman, Todd Haynes, Steven Soderbergh, Todd Solondz e Ulrich Seidl (presente al festival con la sua trilogia Paradise: Love, Faith e Hope) -, che ha guidato la giuria internazionale formata dalla cineasta Alison Klayman, dall’illustratrice e poetessa Paola Pallottino, dal giornalista e regista Filippo Vendemmiati e dalla produttrice internazionale Jane Weiner.

A vincere il concorso internazionale, il Lancia Award, è stato l’acclamato The Act Of Killing di Joshua Oppenheimer, che sta già conquistando la ribalta in diversi festival nel mondo, candidandosi a diventare uno dei titoli di punta per la prossima stagione dei premi. Con Errol Morris e Werner Herzog come produttori esecutivi, The Act Of Killing è uno sconvolgente, disturbante documentario che porta lo spettatore a conoscere Anwar Congo, Herman Koto e altri responsabili di efferati omicidi dopo che Suharto prese il potere in Indonesia nel 1965 con un colpo di stato. Esautorato ormai di fatto l'allora presidente Sukarno, Suharto scatenò il massacro di almeno un milione di comunisti. Anwar e i suoi amici colsero l’occasione per fare carriera e da piccoli delinquenti diventarono, attraverso organizzazioni paramilitari, il braccio armato del regime, commettendo brutali uccisioni. Il regista li invita, da appassionati di cinema hollywoodiano, a ricostruire in un film le drammatiche sequenze delle loro azioni omicide, interpretando anche le loro stesse vittime. Ciò che emerge è un’inedita e potente incursione nella banalità del male dell’uomo e di un’intera società, proprio perché è il punto di vista degli assassini a essere raccontato. Anwar Congo e soci non hanno mai pagato per i loro crimini, anzi sono ben integrati e presi a modello nella società indonesiana, e prima della loro partecipazione al documentario non avevano probabilmente mai nemmeno riflettuto sul motivo per cui dovessero essere puniti.

Il Best Life Award per il miglior racconto biografico è stato attribuito ad Alias Ruby Blade di Alex Mellier, storia d’amore e di ideali rivoluzionari. Il Richard Leacock Award, riconoscimento alla migliore opera prima, è invece andato a For No Good Reason di Charlie Paul, originale documentario frutto di molti anni di lavoro e concentrato sulla figura di Ralph Steadman, illustratore e caricaturista inglese celebre per la sua collaborazione con Hunter S. Thompson. L’Unipol Award per la sezione Biografilm Italia è stato assegnato a Zero a Zero di Paolo Geremei (la giuria era composta dal regista Francesco Amato, dalla documentarista Chloé Barreau e da Fiorenza Menni, attrice e autrice di teatro). Le preferenze del pubblico sono invece ricadute su tre autentiche rivelazioni del festival. Per la sezione Contemporary Lives (selezione di importanti documentari internazionali sulle tematiche legate all’attualità) ha letteralmente trionfato il premio Oscar Searching For Sugar Man di Malik Bendjelloul, protagonista di numerose proiezioni nel corso della manifestazione. L’incredibile storia del cantante di Detroit Sixto Rodriguez, promessa negli Usa degli anni '70 finita presto nel dimenticatoio dopo due album-flop e invece idolo incontrastato in Sud Africa, è ripercorsa da Malik Bendjelloul inizialmente con la cifra del thriller per poi svilupparsi come un commovente ritratto di artista, capace di andare oltre le misteriose alchimie del successo e dello showbiz.

Lo struggente Which Way Is The Front Line From Here? di Sebastian Junger ha, invece, conquistato l’Audience Award per la competizione internazionale. Il documentario racconta la vita del fotoreporter Tim Hetherington, scomparso nell’aprile del 2011 a soli 40 anni, ucciso in Libia durante la rivolta civile contro il regime di Gheddafi. Il collega e amico Sebastian Junger, grazie alle testimonianze dirette di chi lo ha conosciuto e amato e alle straordinarie immagini che vedono Hetherington direttamente al lavoro davanti e dietro l’obbiettivo della video camera, restituisce la personalità e la sensibilità mostrate dal fotografo negli scenari bellici calcati per anni, dalla guerra civile in Liberia all’Afghanistan dove, di stanza presso un plotone americano, ha tratto ispirazione e materiale per girare - proprio con Sebastian Junger - il documentario (candidato ai premi Oscar nel 2011) Restrepo. Le foto e le riprese video di Hetherington consegnano allo spettatore una visione personale e sentita delle emozioni e dell’esistenza delle persone coinvolte negli scontri, nei genocidi e nei combattimenti delle aree “calde” del mondo, siano esse vittime o, in qualche caso, carnefici.

Sulla sponda italiana, a conquistare i favori degli spettatori è stato Italiani veri di Marco Raffaini, Marco Mello e Giuni Ligabue, un accattivante documentario che indaga sull’importanza esercitata dalla musica italiana in Russia, dove alcuni esponenti della nostra canzone leggera sono considerate delle vere e proprie star. Tra le opere del concorso internazionale vanno, inoltre, ricordati Pussy Riot ‐ A Punk Prayer di Mike Lerner e Maxim Pozdorovkin, A River Changes Course di Kalyanee Mam, Elena di Petra Costa, Wrong Time Wrong Place di John Appel, sulla strage di Utoya in Norvegia, e The Man Behind the Throne di Kersti Grunditz, dedicato al lavoro del coreografo Vincent Paterson, anch’egli ospite del festival. Il documentario ricostruisce, attraverso le storiche collaborazioni che hanno segnato la carriera del coreografo - quelle con Michael Jackson (l’immortale video Smooth Criminal), Madonna, Lars von Trier per Dancer in the Dark - e le prove del recente spettacolo Viva Elvis del Cirque du Soleil a Las Vegas, il modo di lavorare di Paterson, la sua volontà di restare dietro le quinte e la sua passione, nonostante gli inevitabili momenti di crisi professionale.

Biografilm ha poi portato a Bologna il meglio della produzione documentaristica internazionale: nella sezione Contemporary Lives, oltre a Searching For Sugar Man, sono stati infatti presentati Queen of Versailles di Lauren Greenfield, sull’ambizioso progetto dei coniugi Siegel di costruire in Florida la residenza privata più grande degli Stati Uniti; Detropia di Heidi Ewing e Rachel Grady, sul declino di Detroit; The House I Live In di Eugene Jarecki, sul mondo della droga; The Missing Piece: The Truth About Vincenzo Peruggia and the Unthinkable Theft of the Mona Lisa di Joe Medeiros, su Vincenzo Peruggia, l’uomo che nel 1911 rubò la Gioconda dal Louvre; Propaganda di Slavko Martinov; La Maison De La Radio di Nicolas Philibert, incursione nell’esperienza di Radio France; Money For Nothing, Inside The Federal Reserve di Jim Bruce; Big Easy Express di Emmett Malloy. Titolo atteso è stato, infine, The Gatekeepers dell’israeliano Dror Moreh. Proiettato al festival in anteprima italiana, il documentario ha riscosso molto successo, ma anche suscitato un vespaio di critiche e discussioni: sei comandanti israeliani che hanno guidato i servizi antiterrorismo interno, il temuto Shin Bet, accettano di parlare per la prima volta del loro lavoro e delle questioni morali, etiche e politiche che questo solleva, concentrandosi inesorabilmente sul profondo e irrisolto conflitto con i palestinesi.

 


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