Le infinite possibilità della sci-fi sulle dimensioni parallele PDF 
Cristina Coccia   

Se questo è il migliore dei mondi possibili, allora dove sono gli altri?
Voltaire.

Introduzione teorica
Partendo da questa esigenza umana di rifugiarsi in qualcosa di migliore, di ignoto e inesplorato, molte opere narrative si sono dedicate ad immaginare dimensioni parallele e possibili viaggi in altri universi, influenzando la cinematografia e la produzione di numerosissime serie tv. In realtà la creazione di dimensioni parallele è figlia delle conseguenze relative a ipotetici viaggi nel tempo, tema ricorrente nell’universo fantascientifico. Naturalmente è un concetto idealmente affascinante ma impossibile da realizzare con le sperimentazioni attualmente in uso: in meccanica quantistica, lo spazio-tempo è rappresentato in entità discrete, i quanti, così lo scorrere del tempo risulta essere uno spostamento tra questi insiemi non scomponibili, un’illusione ottica. L’aspetto più interessante è che ogni quanto conterrebbe una copia di noi stessi, quindi la nostra vita altro non sarebbe che una sequenza determinata di “pacchetti” contenenti una nostra versione in un’epoca definita, una sequenza che noi percepiamo erroneamente come un divenire fluido e senza interruzioni. Senza soffermarci troppo sulle speculazioni teoriche riguardanti possibili escamotage per realizzare spostamenti nel tempo, è sufficiente citare la costruzione matematica dei ponti di Einstein-Rosen che sembra essere una delle pochissime possibilità teoriche di viaggi nel passato o nel futuro, descrivendo un collegamento tra due punti distanti nell’universo, oppure distanti nel tempo (ovviamente i punti possono appartenere ad uno stesso universo ma anche a due universi differenti e paralleli). Ovviamente ci sono insormontabili difficoltà tecniche, come la necessità di una smisurata quantità di energia, la dispersione di quest’ultima e numerosi altri effetti collaterali che nemmeno riusciremmo ad immaginare; tuttavia esistono ampie meditazioni su possibili paradossi conseguenti ai viaggi nel tempo ed è proprio per deviare da queste difficoltà che ricorriamo a censure cosmiche e congetture sull’utilizzo di universi alternativi.

I paradossi

Esistono tre paradossi fondamentali: di coerenza, di conoscenza e fisico. 1. Il paradosso di coerenza è il classico “paradosso del nonno” presente nella trilogia di Ritorno al futuro e in molti altri film fino ad arrivare al divertente e semi-sconosciuto Frequently Asked Questions About Time Travel (2009) (assolutamente geniale!), di Gareth Carrivick, ed è il problema che incontra un ipotetico viaggiatore del tempo che nel passato entra in contatto con un progenitore diretto, alterando o manipolando perfino la sua esistenza e ovviamente anche la sua possibilità di ritorno nel presente. 2. Il paradosso di conoscenza è l’incoerenza che si viene a creare se si porta in un tempo antecedente una conoscenza o una tecnologia sviluppata in un epoca futura. A questo punto da dove arriva la conoscenza: dal passato o dal futuro? E che conseguenze avrebbe una manipolazione della scienza così radicale? Questo tema è evidente nei vari Terminator (Myles Dyson, il direttore della Cyberdyne Systems Corporation rinviene infatti i rottami del primo Terminator e da qui partono le ricerche per lo sviluppo di un esercito di macchine, lo stesso che nel futuro darà battaglia all'umanità e alle ricerche che negli anni novanta porteranno alla creazione di Skynet su commissione del governo degli Stati Uniti), sempre in Ritorno al futuro (quando Marty suona Johnny B. Goode, influenzando il futuro autore della canzone), e nel film Rotta verso la Terra del 1986 della saga di Star Trek (Scotty, infatti, rivela la formula dell'alluminio trasparente alla ditta che lo metterà sul mercato). 3. Il paradosso fisico è quello che si viene a creare quando un corpo che viaggia nel tempo, nel momento del suo arrivo (ad esempio nel passato), giunge dal nulla, lasciando un vuoto nel punto di partenza. Il corpo, in questo caso, non viene creato ma subisce un'alterazione nelle sue coordinate, trasformandosi nel dislocamento nello spazio-tempo e possiamo ipotizzare che l'oggetto o l'individuo in questione restino invariati solo se estendiamo le dimensioni da tre a quattro, includendo quella temporale. Il paradosso resta se ragioniamo limitatamente alle tre coordinate spaziali (a questo proposito ricordiamo il capolavoro di George Pàl L’uomo che visse nel futuro, in cui il viaggiatore del tempo incontra nel futuro prossimo il figlio del suo vecchio amico, il quale gli racconta del compagno del padre, cioè il viaggiatore stesso, scomparso misteriosamente lasciando un vuoto incolmabile: ecco che si crea il paradosso fisico ragionando in tre dimensioni).

Possibili soluzioni dei paradossi
A questo punto alcune teorie intervengono sostenendo che, se qualcosa tentasse di modificare il passato, subentrerebbe una sorta di “censura cosmica” che metterebbe le cose al loro posto, annullando il cambiamento, come una specie di principio dell’equilibrio. Esempio chiarissimo è L’esercito delle 12 scimmie (1995) di T. Gilliam, dove, nonostante i viaggi a ritroso, il protagonista non riusciva a interrompere il corso degli eventi catastrofici perché tutto quello che faceva era documentato; non gli restava altro da fare che agire dal presente da cui veniva, tentando di impedire che il futuro si avverasse. A dir la verità questa stravagante teoria della censura è piuttosto forzata, così è stata percorsa da Hugh Everett III una migliore strada che potrebbe portare alla risoluzione teorica del problema: “l’interpretazione a molti mondi”, secondo cui esistono tante copie del nostro mondo in base a quante possono essere le possibili variazioni delle particelle che ne sono le componenti basilari. In questo modo si può supporre che esistano numerosi universi o dimensioni parallele e quindi possiamo immaginare di creare, viaggiando nel tempo, realtà alternative in cui accadono eventi diversi conseguenti alle manipolazioni accidentali e agli errori che possiamo commettere. Ecco appunto il più affascinante espediente narrativo della fantascienza degli ultimi decenni: immaginando di portare un personaggio in un particolare tempo, si possono esplorare le sue interazioni con altri protagonisti, con la tecnologia dell’epoca, con le possibili ramificazioni della linea spazio-temporale che si verranno a creare generando dimensioni parallele con conseguenze positive o negative a seconda dei casi.

Ucronia
In realtà, tornando alla considerazione di Voltaire, gli altri mondi sono un rifugio, sono una seconda possibilità, un desiderio (e sempre più spesso una necessità) di chi si chiede “e se fosse andata diversamente…”, forgiando il concetto di ucronia (nessun tempo - secondo l’etimologia), o storia alternativa, narrazione letteraria, grafica e cinematografica di quello che sarebbe potuto accadere se le cose avessero preso una piega diversa. In questo universo (è proprio il caso di dirlo) si possono collocare film e serie tv appartenenti a generi estremamente differenti (dalla commedia alla fantascienza e a volte perfino all’horror) partendo da Ritorno al futuro (1989 – Parte II), e da Il tredicesimo piano (1999 - uscito nelle sale poco prima di Matrix e basato sulla creazione di realtà alternative e virtuali che interagiscono tra loro prendendo coscienza delle proprie vite), passando per Frequency (2000), The Family Man (2000 – una commedia in cui il protagonista vede la sua vita in una realtà diversa) e Donnie Darko (2001 – dove compare anche il concetto di tunnel spaziale) fino a giungere alle geniali serie tv Lost (dove viene utilizzata perfino la tecnica del flash sideways, che mostra realtà parallele) e Fringe (2008 – basata sull’ipotesi dell’esistenza di mondi alternativi, considerati come “l’altra parte”, in apparente conflitto tra di loro). Proprio in virtù di questa necessità nascono, inoltre, i più svariati soggetti su realtà virtuali alla Matrix, che, attraversando un metaforico specchio, si aprono dinanzi allo spettatore per creare un mondo in cui tutto è lecito e non controllato da nient’altro che dalla volontà o dalle pulsioni, dove lasciare piena libertà alla fantasia e al desiderio di creare una nuova esistenza in cui non ci siano difficoltà, oppure in cui si possano cancellare errori e situazioni spiacevoli del proprio passato: chi non ha mai rimpianto di non poter tornare indietro per scegliere un’altra strada?

Le realtà parallele de Il tredicesimo piano
Ad esempio, Il tredicesimo piano di Josef Rusnak è la storia dell’assassinio dello scienziato Hannon Fuller, ideatore di una realtà virtuale in cui individui reali si fondono con entità create da esperti programmatori. In una di queste realtà, Fuller scrive una lettera per comunicare una scoperta scioccante al suo collaboratore Douglas Hall, spiegandogli tutta la verità. Poi torna a casa, si rimette a letto e si ritrova nel mondo reale, dove però viene ucciso prima di parlare con il suo amico. Compare una misteriosa figlia di Fuller che porta Douglas a scoprire di essere lui stesso parte di un mondo fittizio, una pedina manovrata da un’entità superiore...Questo film è complesso, credibile e offre generosi suggerimenti sulla tematica della creazione di realtà parallele e, in questo caso, virtuali. Ci fa immaginare di essere rappresentazioni possibili di qualcosa, crea una serie di interrogativi molto profondi, mescolando spazi, tempi, opportunità e desideri che si risolvono in un lieto fino per nulla scontato, dando vita ad un ulteriore paradosso per cui il vero prende il posto del finto e il finto lascia il posto alla realtà e così genera incognite e riflessioni su cosa sia effettivo e cosa invece sia frutto di una pura concezione mentale...

Possible Worlds
Considerando appunto l’ipotesi di una vita alternativa, si possono valutare differenti punti di vista, in merito all’analisi degli effetti che provocherebbe l’immaginare qualcosa di diverso. Citando la Joyce del film Possible Worlds (2000) di Robert Lepage, “Noi diciamo: - Le cose potrebbero non essere come sembrano – e proviamo libertà o apprensione. Ma non c’è niente dietro, solo un grappolo di possibilità fantasma. Perché alla fine tutto è semplice... Presto ci saranno le stelle, dobbiamo esprimere un desiderio”. Possible Worlds è appunto un film che si colloca in quella corrente narrativa di pellicole (da Sliding Doors a Matrix) che si interrogano sul valore del soggetto in rapporto alla percezione della realtà, all’immaginazione, alla creatività. Il centro della storia è George Barber, assassinato, probabilmente, da uno scienziato che ha rubato il suo cervello e che lo mantiene in vita con stimoli elettrici. George pensa che ognuno di noi esista in un numero infinito di mondi paralleli ed è conscio di poterli conoscere da quando, a scuola, ha percepito l’immagine di se stesso che risolveva un problema matematico in due modi differenti, in due vite diverse con ricordi in contrasto tra loro. Così riesce a ripercorrere, in più realtà, la sua storia d’amore con Joyce, combinando segmenti di vita, cancellandoli, ripetendoli e cercando una impossibile definizione della sua identità. È un film senza effettiva linearità narrativa, basato sulla speculazione filosofica e sul surrealismo, che tenta di dare una spiegazione dell’infinita libertà di pensiero nella dimensione del “possibile”, relativamente alla percezione di ciò che ci circonda. La morte del protagonista è reale o è una delle possibili alternative scelte da lui stesso? Le sue avventure sono vere o sono, come direbbe Morpheus (in Matrix) “proiezioni mentali del suo io”, di un cervello separato dal corpo e sottoposto a stimolazioni elettriche?

Conclusioni: lo Stato Base dell’uomo
Secondo questa visione è l’individuo a voler creare dimensioni parallele e a voler immaginare altro, qualcosa di sfumato ed indefinito, al di là della sua percezione, che, come sosteneva Blake, a volte, ci impedisce di vedere le cose come in realtà sono, cioè infinite. I mondi possibili sono potenzialmente infiniti, ogni mondo potrebbe avere i suoi secoli, i suoi valori e ognuno di noi potrebbe plasmare il suo destino con opportunità e scelte diverse, cercando la felicità nel proprio contesto, perché “ci sono molti tipi di felicità, molti tipi di bene, un’infinita varietà... Questo è lo Stato Base dell’uomo” (direbbe Noys ne La fine dell’eternità di Asimov). Ecco appunto che noi, con la nostra immaginazione, riusciamo a vedere le realtà che divergono dalla nostra o che scorrono parallelamente ad essa, le vediamo nel loro “stato di non-realtà” e, così facendo, abbiamo la possibilità di aprire le nostre vite ad opportunità svariate, a sogni che ci fanno andare avanti, che non solo rendono l’esistenza più interessante ma che ci fanno soprattutto vedere le infinite strade che potremmo percorrere...Nella mente umana coesistono e vengono continuamente create dimensioni parallele, infinite variabili indipendenti da quello che realmente siamo: in questo modo, nessun limite fisico, etico e sociale può renderci incapaci di essere quello che vogliamo davvero essere, nella nostra attuale vita o in quella concepita dalle innumerevoli creazioni dei nostri interminabili viaggi onirici. E allora, perché dovremmo sottostare alle regole che ci vengono imposte e precluderci infinite probabilità di realizzare i nostri sogni o almeno di assaporare quei momenti in cui pensiamo che tutto sia possibile?

 


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