I confini dell'Ovest. Le riletture western di Brokeback Mountain e Le tre sepolture PDF 
di Marianna Marino   

Cow-boys al limite, sull'orlo di una crisi di identità. Molto meno solitari del modello classico, ma comunque lontani dagli anomali personaggi warholiani. È questo il carattere più evidente di due film che hanno occupato quasi contemporaneamente le sale in Italia: Brokeback Mountain di Ang Lee e Le tre sepolture di Tommy Lee Jones, che, oltre a riproporre un genere un po' desueto e decisamente poco frequentato negli ultimi tempi (fatta eccezione per il recente Don't Come Knocking di Wim Wenders), sono anche, e forse soprattutto, due discorsi sul confine, sui bordi dell'Impero Americano.

La prima opera da regista (1) di Tommy Lee Jones, in particolare, potrebbe sembrare quella più attenta a tale elemento liminare (che, tuttavia, viene riconfigurato e spostato da Ovest a Sud): ma in realtà è proprio Le tre sepolture che più insistentemente nega l'idea stessa di frontiera. È anzi un film "senza frontiere". Nessun ostacolo dal punto di vista paesaggistico/geografico, innanzitutto: il confine tra Texas e Messico è assolutamente invisibile (se non fosse per la presenza della Border Patrol - la cosiddetta "migra" - a ratificarne in qualche modo l'esistenza), ma comunque profondissimo, poiché segna la distanza tra la civiltà nord-occidentale ("El Norte") e la disperazione del Sud. Un Sud di derelitti che fuggono dagli abusi, dalla povertà e dallo sfruttamento delle maquilladoras soltanto per passare a subire altre modalità di ingiustizia o, peggio, a morire violentemente durante il rischioso passaggio. Il Texas di Jones ritrae un'America dove i latinos sono ancora malvisti, e non come una parte consistente e importantissima della popolazione, anche a livello politico (si ricordi che il Texas è, insieme alla California, lo stato dell'Unione dove sono più numerosi). Ma si tratta del Texas dove è più probabile e imminente la costruzione di un muro, in puro stile israeliano. Vi sono poi i confini tra le lingue, con quello spanglish masticato per necessità (dai poliziotti come dai clandestini) o per piacere (come è il caso di Pete Perkins, il personaggio interpretato da Tommy Lee Jones). Le uniche frontiere solide sembrano, invece, essere quelle interne, che dividono e distinguono uno stato americano dall'altro, che contrappongono la fauna umana obesa e un po' becera del Texas ai cittadini civilizzati di Cincinnati (unico elemento comune è il fascino del "mall", il centro commerciale, punto di riferimento onnipresente e omologante). Ci sono infatti più diversità tra questi due gruppi di individui che tra lo statunitense Pete e il messicano Melquiades Estrada.

Ma la negazione della frontiera non si ferma qui, spingendosi a confondere i margini della vita con quelli della morte: Pete tratta il cadavere di Melquiades come una persona ancora viva (o quasi). Il cadavere, anzi, è un co-protagonista a pieno titolo, soprattutto perché il personaggio ancora vivo, interpretato da Julio Cedilo, per lo spettatore è già un dead man walking, un'ombra in carne e ossa. Da questo punto di vista, tuttavia, l'aspetto fondamentale è probabilmente un altro: ciò a cui assistiamo, infatti, è un generale fluidificarsi delle identità, in cui entità apparentemente ben caratterizzate, come il "duro" poliziotto Mike Norton, si trasformano gradualmente. Pete è talmente affascinato da Melquiades (e forse anche qui si potrebbe rilevare una tensione amorosa, sebbene più trattenuta e "tradizionale" rispetto ai personaggi di Ang Lee) che ne vampirizza persino gli sguardi: è soltanto così, infatti, attraverso tale empatia, che riesce a riconoscere l'utopica, irreale e altrimenti introvabile Jimenez. Non certo grazie a una mappa sgualcita e confusa. Probabilmente Melquiades era soltanto un timido sognatore lasciatosi trascinare dall'immaginazione, non un bugiardo, ma una persona così sola e tacitamente disperata da inventarsi una vita e una famiglia felice. A Pete tutto ciò non importa: il sogno del messicano è ormai il suo e vuole realizzarlo ad ogni costo. Come un conquistador "buono" fonda lui stesso la città desiderata dall'amico e vi si perde forse per sempre.

Il cow-boy di Tommy Lee Jones, seppur in termini diversi, non è del resto una figura classica e ortodossa tanto distante dalla "rilettura" proposta da Ang Lee (rilettura relativa, dato che la figura del cow-boy gay non è una novità (2), come dimostra il già citato Lonesome Cowboys di Andy Warhol). Pete è un cow-boy - e soprattutto un texano - del tutto estraneo a quelli che occupano le sedie del potere e le tribune mediatiche abituali (basti pensare ai ranch del clan Bush o del petroliere riconvertito Cheney: texani non per nascita, ma per scelta). Il mandriano di Jones è un essere anomalo, ibrido: anziano e acciaccato, disponibile e aperto nei riguardi dello straniero che arriva improvvisamente a cambiargli la vita. Vuole condividere delle esperienze (che si tratti di donne o memorie) con l'"Altro", di cui lo affascinano la vita misteriosa e lontana e la voce straniera (lo spagnolo "ha un bel suono", come gli capita di dire al vecchio cieco). Anche Pete è a suo modo uno straniero, insomma. Come la guardia Mike Norton e sua moglie. Tutti stranieri in terra straniera (3). Mike Norton (interpretato da un ottimo e legnoso Barry Pepper), invece, è costretto a un rituale catartico che tenta di farlo immedesimare (se non propriamente di trasformarlo) nella sua vittima: Pete lo costringe a indossare gli abiti del morto, a bere dalla sua tazza, a sedersi sulla sua sedia, a ripercorrere il suo viaggio, seppur in senso inverso (affrontando un itinerario da clandestini al contrario). Quello che dovrebbe essere un film sul confine è quindi un elogio della sua fluidità, malgrado la frequenza di soglie presenti nelle inquadrature. Si noti, però, che qui la soglia è un confine morbido, osmotico: qualcosa che implica un passaggio, una comunicazione. Non certo uno sbarramento.

La differenza con Brokeback Mountain risiede principalmente in tale punto. Brokeback Mountain è infatti il trionfo della barriera, della diversità insormontabile. Del confine, ma soprattutto del confino, data l'ambiguità del paradiso perduto di Ennis Del Mar e Jack Twist. Un paradiso che alla fine è effettivamente relegato nel quadro/recinto di una cartolina (così come la morte ha finalmente irreggimentato l'amore, chiudendolo tra le sbarre rassicuranti e ormai inoffensive del ricordo). La diversità dei due giovani mandriani è qualcosa che già le primissime inquadrature sembrano voler imporre con forza: i due uomini spiccano per contrasto dalle enormi greggi, quasi a significare una distanza dalla massa. Una metafora visiva della loro diversità. È interessante vedere come anche nel film di Ang Lee sia presente il confine tra Texas e Messico. Il Texas è la nuova patria di Jack, adottato malvolentieri da un suocero ricco e truce che non vuole affatto cedere il suo ruolo di patriarca. Ed è in Messico che Jack si reca per soddisfare i bisogni cui Ennis dà ascolto troppo raramente. Il Messico, insomma, come sensuale luogo di perdizione. L'idillio è in entrambi i casi il desiderio segreto e recondito di tutti i personaggi. Un desiderio che si esaudisce in maniera controversa per i sopravvissuti: la morte del compagno devia i destini dell'altro, rimasto ormai solo. Ennis conquista finalmente un ruolo paterno, laddove Pete si perde, invece, nell'assolato entroterra messicano. In Le tre sepolture il paesaggio è più duro rispetto al film del taiwanese: rocce che provocano reminiscenze della scrittura di Juan Rulfo, lande faticose e aride inframmezzate da villaggi e desolati ritrovi alcolici. Ma è sempre percepibile una fatalità del paesaggio, responsabile/colpevole dell'improvviso sorgere della passione come di profonde trasformazioni interiori. Come nel caso della fantomatica Jimenez di Melquiades, l'utopia di Ennis e Jack è anch'essa legata a un luogo preciso (a dispetto di ogni etimologia…): il loro amore è possibile solo nella vasta solitudine di Brokeback Mountain, Wyoming.

Una possibile analogia tra i due film risiede, tuttavia, nella volontà di proporre una struttura narrativa originale, che esuli sia dal western classico che dal melodramma tragico (nel caso di Brokeback Mountain). Entrambi sconvolgono la linearità tipica del viaggio western (Ombre rosse, Il fiume rosso...) per operare una frantumazione del racconto in funzione di una maggiore poeticità. Le tre sepolture, ad esempio, propone immediatamente quello che è ormai il "marchio" del Guillermo Arriaga sceneggiatore: l'elemento trino, il capovolgimento cronologico, il gioco degli incastri. Anche se stavolta è possibile rilevare un elemento nuovo e per così dire "quarto" (qualcosa che modifica l'armonia del trittico imposto dalle sepolture). Tra la sezione della seconda sepoltura e la terza, infatti, si inserisce il capitolo del "Viaggio", che fa irrompere una linearità pacificatrice in contrasto con la narrazione precedente. I flashback diventano esclusivamente interiori e non provocano interruzioni del racconto (come nel momento in cui Mike rivede la telenovela seguita dalla moglie tra i mandriani). Una linearità "classica", ma soprattutto funzionale alla svolta finale della storia. L'esperimento tentato da Ang Lee consiste, invece, nel creare una struttura ibrida: un rapsodico classico, per così dire. La relazione tra Ennis e Jack è costituita da "mozziconi di tempo" rubati al lavoro, alla famiglia, alle apparenze da salvaguardare. Anche se ciò non le impedisce di porsi comunque secondo gli schemi del melodramma (4).

La differenza fondamentale tra le due opere è il diverso grado di successo nell'azione di riesame di un genere ormai poco affrontato dalla recente cinematografia. Mentre Tommy Lee Jones riesce ad offrire suggestioni profonde e inattese, dalle risonanze attuali e "politiche", l'operazione di Ang Lee sembra soffermarsi più sulla superficie, sulle iconografie, senza mai spingersi troppo in profondità. Fin dalla sua prima apparizione, per esempio, Jake Gyllenhaal, nelle vesti di Jack Twist, sembra in posa per un calendario gay, col suo provocante ammiccare e ancheggiare. Sembra insomma che il taiwanese abbia scelto di strizzare l'occhio allo spettatore giocando maliziosamente sul genere per creare sorprese e (dis)attese, aspetto già evidente nella scelta dei due sex symbol del momento, da immergere in torride scene d'amore omo. È lo spiazzamento a farla da padrone, e in effetti è interessante proporre una storia del genere in un film tutto sommato mainstream (pluricandidato agli Oscar, sebbene ne abbia racimolati in numero minore rispetto alle previsioni) e apprezzato dai più, a prescindere da qualche scandaletto di provincia (tentativi di crociata contro il film). Ma proprio perché di mainstream si tratta, sicuramente si sono dovute operare scelte e rinunce che rendono più fragile il tutto. Il regista sembra voler caricare l'aspetto romantico della storia dei due amanti sventurati: preferisce le atmosfere soffuse all'umano squallore, che rimane sottinteso (Jones riesce invece a conciliare i suoi discorsi con la putrefazione della carne). Ed è qui che l'aspetto rapsodico si rivela funzionale a far contenti tutti e a non angosciare eccessivamente le coscienze: il fugace flash sulla morte per linciaggio di Jack è una timida accusa a una società poco tollerante (una società che il film sembra voler giustificare perché non ancora in grado di accettare certe "aberrazioni", sebbene la storia si svolga in tempi non troppo lontani…). Lo stesso vale per un altro linciaggio ricordato da Ennis e per la condizione tutto sommato di vittime delle spose e delle famiglie dei due protagonisti.

Cosa resta, allora? Il coraggio di proporre una love story invisibile ai più soltanto perché mai guardata? Il "trendizzabile" dell'intera situazione (si vedano le immediate campagne di una nota marca di abbigliamento con efebici cow-boy che esibiscono un petto nudo e glabro)? Brokeback Mountain, in questo modo, sancisce semplicemente vari tipi di confine: etero/omo, noi/loro (che si tratti di differenze sessuali o geografiche), normalità/perversione. Laddove Jones ci ricorda, invece, che non sono altro che un concetto astratto, relativo, immaginario. Come il paradiso.

Note:
(1) Esordio per il cinema si intende, dato che per la tv aveva già realizzato, nel 1995, The Good Old Boys.
(2) Inoltre, rodeo in chiave omosex esistono sin dal lontano 1976.
(3) Forse per questo motivo, durante la lavorazione, Jones ha obbligato ogni membro del cast a leggere Lo straniero di Albert Camus.
(4) Goffredo Fofi ha recentemente ("Film Tv" n° 8, 26 febbraio 2006) sottolineato il debito del film nei confronti di mélo come La donna proibita (di John M. Stahl, 1932), Gli amanti (di Robert Stevenson, 1941) e Il sentiero degli amanti (di David Miller, 1961).

 


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