Transformers PDF 
Maurizio Ermisino   
di Maurizio Ermisino
 
Esoscheletro è una parola che sentiamo pronunciare un paio di volte in Transformers, l'atteso film tratto dai famosi giocattoli della Hasbro. Sta ad indicare la struttura esterna dei robot arrivati sul nostro pianeta, dove vivono "mascherati" da autoveicoli di ogni tipo. Ecco, l'ispirazione dei famosi giocattoli, per un lungometraggio destinato al cinema, costituisce proprio una sorta di esoscheletro. Nel senso che è più che altro un'immagine esterna di partenza, un guscio vuoto, un corpo, certamente accattivante, al quale si tratta di dare un'anima. Cosa che nel cinema dei blockbuster tutti effetti speciali normalmente ci si scorda. Mentre rimane la cosa più importante. I realizzatori di Transformers al film un'anima sono riusciti a darla, eccome. E in prodotti di questo tipo è qualcosa da non dare mai per scontato. Accanto alla lotta tra Autobots e Decepticons, robot buoni e cattivi, arrivati sulla terra alla ricerca di un cubo che dà loro la vita, è stata inserita la storia di Sam Witwicky, un adolescente, il cui trisavolo, famoso e sfortunato esploratore, aveva scoperto uno dei robot, insieme all'agognato cubo vitale.
Certo, Transformers è dichiaratamente un film a target. È indirizzato agli adolescenti, ma anche ai trentenni che negli anni Ottanta giocavano con i Transformers. E nel film si respira un'aria decisamente anni Ottanta: quella degli anni dei robot giapponesi che impazzavano in tv (anche chi non giocava con i Transformers, come chi scrive, potrà facilmente pensare ad altri compagni di giochi come Goldrake e Mazinga). Ma anche quella di certe commedie adolescenziali in cui i giovani potevano facilmente identificarsi: la storia di Sam, dei suoi problemi con i genitori e della sua cotta per Mikaela, quella del nerd perdente che trova amore e realizzazione, è un archetipo che torna (e funziona) sempre, riuscendo a far sognare migliaia di ragazzini. Un altro tópos narrativo, inoltre, è quello dei ragazzi che in fatto di tecnologia tengono in scacco gli adulti (ricordate Wargames?). Anche questi sottotesti, allora, riescono nel doppio intento: l'identificazione per i ragazzi di oggi, e il ricordo (di molti film visti) per quelli di ieri. Target significa bersaglio: ben vengano film così quando il bersaglio è perfettamente centrato.
Ma l'aria anni Ottanta non si limita certo a questo: rispetto a un film qualsiasi c'è in più il tocco magico di Steven Spielberg, qui in veste di produttore. La sua egida affranca un buon artigiano come Michael Bay dai blockbuster retorici e fracassoni girati con Jerry Bruckheimer (Armageddon, Pearl Harbor), rendendo il suo lavoro più sognante, e ironico, com'è nelle corde di Spielberg, il fanciullino per eccellenza del cinema contemporaneo. C'è in questo film quello stupore tutto infantile, quel candore, quell'entusiasmo nella scoperta del nuovo che caratterizzava alcuni suoi film targati anni Ottanta, come Incontri ravvicinati del terzo tipo ed E.T. Una delle scene più belle del film, in cui vediamo Sam cercare di sviare i genitori (il rapporto con l'adulto è una delle chiavi del cinema di Spielberg) mentre i robot cercano di nascondersi nel suo giardino, ricorda proprio E.T. (con il particolare che i nostri eroi stavolta sono leggermente più ingombranti).
Il marchio di Spielberg, quello dei giocattoli Hasbro, oltre agli effetti speciali firmati Industrial Light & Magic (cioè George Lucas, colui che ha dato vita a Guerre Stellari, quella saga che ha segnato adolescenti di ieri e di oggi) fanno di Transformers il "film giocattolo" (definizione abusata, lo so) per eccellenza. Perché nasce da un gioco (un precedente che fa scuola: si parla infatti di un film, diretto da Ridley Scott, tratto da Monopoli, altro gioco Hasbro) e diverte come un gioco. Un particolare, quello di divertire il pubblico, che i film di questo genere ultimamente sembrano aver dimenticato, tra trame troppo oscure, scene d'azione troppo lunghe e situazioni reiterate, poca attenzione per la storia e il fattore umano. Niente di tutto questo accade in Transfomers, dove tutto è calibrato alla perfezione. Gran parte del merito va alla sceneggiatura di Roberto Orci e Alex Kurtzman (Mission: Impossible III), ricca d'ironia e rimandi alla cultura pop (Nightmare, X Men, Kill Bill) e alla carriera stessa di Bay (i ragazzi che al momento della pioggia di meteoriti esclamano "è mille volte meglio di Armageddon!"). Godetevi la Camaro gialla che aiuta Sam nell'approccio con Mikaela al suono dei classici Anni Settanta e Ottanta. Ma anche la scelta del cast è eccellente: accanto a nomi come John Voight e John Turturro, è azzeccata la scelta di Shia LaBeouf nel ruolo di Sam e della bellezza mozzafiato di Megan Fox nei panni (succinti) di Mikaela, che la regia sa inquadrare nel modo giusto (e per un film del genere è un altro aspetto che non può mancare).
Detto dell'anima del film, torniamo all'esoscheletro: i giocattoli che hanno ispirato il film sono famosi per le trasformazioni "a scatti". Così nel film assistiamo a trasformazioni meccaniche, che coinvolgono centinaia di particolari, a differenza di quasi tutti i film recenti, in cui le transizioni da un aspetto all'altro dei personaggi erano quasi sempre graduali, ed effettuate tramite il morphing. Gli effetti speciali del film sono tra i migliori mai visti al cinema: i responsabili hanno creato i robot spesso osservando i movimenti dei giocattoli, e ideando nuovi software in grado di dare alle loro creature più libertà di movimento. È proprio il caso, allora, di lasciarsi andare al gioco. Buon divertimento!
 
TRANSFORMERS
(USA, 2007)
Regia
Michael Bay
Sceneggiatura
Alex Kurtzman, Roberto Orci
Montaggio
Paul Rubell, Todd E. Miller, Tom Muldoon
Fotografia
Mitchell Amundsen
Musica
Steve Jablonsky
Durata
135 min
 


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