Biografilm 2012: all the times the world has ended PDF 
Francesca Druidi   

Nella sua ottava edizione, il Biografilm Festival, in cartellone dall’8 al 18 giugno a Bologna, ha continuato a selezionare in giro per il mondo le migliori life stories, i documentari e i biopic più originali e interessanti da proporre al suo pubblico. Un programma vastissimo, anche quello di quest’anno, che non si è fermato all’offerta cinematografica, ma ha abbracciato alcuni luoghi della città con appuntamenti di carattere musicale, culturale e letterario per una proposta realmente multimediale e integrata. La kermesse, il cui slogan è stato “Tutte le volte che il mondo è finito”, ha posto sotto i riflettori il tema della fine del mondo (affrontato già da un’altra importante rassegna bolognese come il Future Film Festival), interpretato da un duplice punto di vista: da un lato, la fine di un ciclo; dall’altro, il cambiamento letto come rinnovamento, punto di partenza per la costruzione di un futuro migliore. Con “Tutte le volte che il mondo è finito”, Biografilm è andato al di là delle trascorse evocazioni di periodi storici definiti, come l’Italia del 1960 o il mondo globalizzato degli anni Ottanta delle passate edizioni.

Nella sezione “The Last Day” sono stati proposti film “apocalittici”, tra cui Melancholia di Lars Von Trier, I figli degli uomini di Alfonso Cuaron, 4.44 Last Day on Earth di Abel Ferrara e L’ultimo terrestre di Gian Alfonso Pacinotti, con un’incursione anche nell’anime giapponese (Neon Genesis Evangelion). Nella sezione “The Days After” sono state inserite opere che riflettono le grandi questioni del nostro tempo, da cui emergono possibili risposte alle sfide dettate dalla contemporaneità: il concetto di progresso è preso in esame in Surviving Progress, tratto dal best-seller di Ronald Wright e prodotto da Martin Scorsese per la regia di Mathieu Roy e Harold Crooks; la pianificazione e l’urbanistica sono oggetto di Urbanized di Gary Hurstwit; l’alimentazione e il rapporto cibo/globalizzazione sono al centro dei documentari LoveMEATender, diretto dal belga Manu Coeman, e di Sushi: The Global Catch di Mark Hall. Examined Life di Astra Taylor, Confessions of an Eco-Terrorist di Peter Jay Brown e Critical Mass di Mike Freedman affrontano, da differenti prospettive, l’ambiente e l’ecologia. Four Horseman di Ross Ashcroft si concentra invece su temi che hanno scritto l’attualità in questi ultimi decenni: il crollo dei mercati finanziari e il terrorismo, affrontati insieme alla povertà e allo spettro del collasso del nostro ecosistema.

I focus dedicati a Mario Mieli (padre fondatore del movimento omosessuale italiano, militante e studioso), al musicista e artista John Cage, allo scrittore Ken Kesey (autore di Qualcuno volò sul nido del cuculo) e a Kurt Cobain; l’omaggio al regista tedesco Fassbinder; la retrospettiva dedicata ad Andrea Segre, il viaggio di Werner Herzog nel braccio della morte in America, l’attribuzione del Lancia Celebration of lives Award 2012 ai produttori Paul e Saul Zaentz (a cui è dedicata una retrospettiva di film prodotti, tra cui Amadeus e Qualcuno volò sul nido del cuculo), sono soltanto alcuni dei principali appuntamenti che hanno costellato la rassegna. Cuore del festival resta la presentazione del meglio della produzione biografilmica mondiale, tra documentari e fiction, nelle sezioni “Contemporary Lives”, nella selezione ufficiale e in quella fuori concorso. Trait d’union delle opere è il racconto delle storie di uomini e donne che combattono o hanno combattuto con passione e determinazione le loro battaglie politiche, personali e sociali. I protagonisti di queste storie sono icone hollywoodiane come Dennis Hopper e Charlton Heston, artisti come Harry Belafonte e Miriam Makeba, attivisti come l’artista cinese Ai Weiwei, ma anche persone meno note al grande pubblico, le cui vicende hanno però molto da trasferire, suggerire, veicolare.

Da segnalare il bellissimo documentario del premio oscar Kevin MacDonald dedicato alla figura di Bob Marley, che uscirà nelle sale italiane con un evento unico il prossimo 26 giugno. In questo approfondito biopic autorizzato dalla famiglia Marley, che è stata intervistata per questo progetto e che ha consentito l’accesso agli archivi privati dell’artista, vengono descritti il carisma di Bob Marley, il suo impatto sulla storia della musica e il suo ruolo di profeta politico, religioso e sociale, per la Giamaica e non solo. Affiancando materiale di repertorio inerente a concerti, apparizioni televisive e interviste al dialogo con amici, familiari, amanti e collaboratori, MacDonald vuol far comprendere come Bob Marley, scomparso nel 1981 a soli 36 anni, sia riuscito con la sua musica e con le sue canzoni a trasmettere un messaggio di pace e di unificazione - lui che era il simbolo vivente di questo processo, essendo figlio di una donna giamaicana di colore e di un uomo bianco ufficiale della Marina inglese - che non ha conosciuto e non conosce tuttora barriere di nazionalità.

Nel commovente Love and Politics di Azad Jafarian, viene raccontata, invece, l’esperienza forte e unica di Judith Malina, fondatrice nel 1947 insieme al marito Julian Beck, di uno dei più potenti esempi di teatro di ricerca, il rivoluzionario e anarchico Living Theatre. Oggi 85enne, Judith Malina affronta con spirito indomito le gravi difficoltà economiche nella gestione del Living Theatre, di cui è tuttora direttore artistico, i problemi di salute e il ricordo sempre vivo e struggente dei suoi due grandi amori, il già citato Julian Beck e Hanon Reznikov, entrambi scomparsi, senza però mai dimenticare l’obiettivo primario inseguito dal movimento, quella “rivoluzione anarchica e pacifista” che si oppone alle ingiustizie, alle violenze e alle discriminazioni.

Presentato nella sezione “Contemporary Lives”, Steve Jobs, The Last Interview è un’ampia intervista rilasciata dal fondatore della Apple nel 1995 a Robert Cringely per il progetto documentaristico Triumph of the Nerds: The Rise of Accidental Empires. Dei 70 minuti complessivi, solo una piccola parte è stata effettivamente inserita nel cut finale. Ritenuta perduta per 17 anni, l’intervista oggi rappresenta un compendio della visione di Steve Jobs sulla tecnologia, sulla società che ha creato (diventata grazie a lui un impero) e sui valori che hanno animato e sostenuto il suo operato. Il periodo a cui risale l’intervista è un momento cruciale per Steve Jobs: erano trascorsi, infatti, dieci anni da quando era stato, di fatto, estromesso dalla sua azienda-creatura per opera dell’amministratore delegato John Sculley, assunto dallo stesso Jobs. L’uomo aveva poi fondato la Starts NeXT Software, società che pochi mesi dopo l’intervista sarebbe stata acquisita da Apple, gettando le basi per il ritorno di Jobs ai vertici dell’azienda, precipitata nel frattempo in una crisi manageriale e produttiva che la stava portando alla deriva. Jobs ricorda l’abbandono forzato dalla Apple con commozione, rievoca i primi approcci con il personal computer, gli inizi pioneristici compiuti insieme a Steve Wozniak e i primi esperimenti, dal Blue Box all’assemblaggio dei primi Apple, fino alla definizione del Macintosh. Dall’intervista-fiume di Robert Cringely emerge soprattutto la filosofia di Jobs: il successo e la ricchezza che non sono percepiti come obiettivi finali, ma come strumenti di miglioramento finalizzati a raggiungere traguardi sempre nuovi e ambiziosi; l’importanza capitale della passione e della creatività da infondere nei prodotti (perché a contare non sono i processi ma i contenuti), in contrapposizione all’approccio adottato dalla Microsoft che lui definisce come sostanzialmente improntato alla mediocrità. Jobs profetizza, inoltre, la funzione social che assumerà il computer nel futuro, sempre più mezzo di comunicazione piuttosto che mero strumento di calcolo, individuando nel web la più significativa tecnologia dell’avvenire, capace di mutare in maniera definitiva lo stile di vita di ognuno di noi.

 


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