Una compilation di situazioni deliranti e paradossali, di battute e azioni comiche a volte logore e ridicole, altre originali e divertenti, di canzoni più o meno alternative che compongono una colonna sonora gradevole e non del tutto commerciale, da Moby a Nick Cave, passando per Goran Bregovic, Les Négresses Vertes e The passenger di Iggy Pop, eseguita da Rowland S. Howard.
Una parete migrante (Brisbane-Melbourne-Sidney) tappezzata di foto in bianco e nero che ritraggono Louise Brooks, Jean-Paul Belmondo, Anna Karina, Jean-Pierre Léaud e la locandina de Il disprezzo di Jean-Luc Godard. In mezzo a questo scenario si muovono dei giovani australiani che tirano avanti col sussidio di disoccupazione e parlano spesso per citazioni cine-musicali. Danny (Noah Taylor), con una faccia da Nick Cave più trasandato, qualche sigaretta senza filtro, la sua chitarra e la macchina da scrivere (una Underwood) sono al centro delle vicende: cambiano spesso aria ma non ottengono mai un risultato che li riscatti. Il regista (nonché sceneggiatore e montatore) ha un feeling perfetto col volto fascinoso del protagonista: l'inquadratura a piombo che mostra Danny in smoking immerso nell'acqua della vasca da bagno basta per dimostrarlo.
Ma il cinema proposto da Richard Lowenstein ha troppo spesso il sapore di letteratura trasposta sullo schermo e la storia così presentata per immagini risulta schiava del libro di John Birmingham da cui è tratta. Chi ha realizzato questo simpatico film ha voluto coinvolgere troppe sue passioni, così in alcuni passaggi lo spettatore partecipa al gioco di indovinare qual è il riferimento di quella scena, il soggetto della conversazione ecc... Un gioco che non sempre regge.
Fin dalla prima scena risulta chiaro come E morì con un felafel in mano punti molto sui dialoghi, ma se per una volta il titolo della pellicola è una traduzione letterale dall'originale, certo non rende giustizia alle battute il doppiaggio in italiano: non si capisce come mai si continui ad abusare delle variazioni attorno alla parola "fottere" (fino a dover sentire "fottutamente") senza cercare un equivalente che suoni più attendibile. Uno slang periferico esiste anche qui da noi, ma spesso lo si ignora al momento di tradurre film in cui sembra esserci una ricerca sul linguaggio contemporaneo.
Film di questo genere, commedie generazionali indipendenti, se ne sono già visti, da Swingers a Parlando e sparlando, passando per Amore e altre catastrofi (sempre australiano ma con atmosfere più da fighetti), tutti con una struttura narrativa più articolata rispetto a E morì con un felafel in mano. Ma al protagonista di questa pellicola e alla sua tutta personale passione per Jack Kerouac alla fine ci si affeziona in maniera speciale: anche se non riesce a imprimere la Svolta, certo non ha l'aria di un perdente lagnoso.
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