I tre giorni del condor: Who watch the Watchman? PDF 
di Gianmarco Zanrè   

Il vecchio adagio "chi controlla i controllori?", dalle antichissime origini ma dalle applicazioni più che attuali, ha assunto forme e stili di narrazione diversi che, in chiusura del secolo scorso, hanno toccato i più disparati campi artistici: dalla letteratura, al fumetto, fino al cinema. La presa di coscienza sociale che sconvolse l'Europa e gli Stati Uniti dal finire degli anni Sessanta - legata al conflitto in Vietnam - alla guerra fredda e all'emancipazione dei giovani occidentali, insieme agli scandali dell'amministrazione Nixon, contribuì a inasprire il senso di diffidenza verso gli organi di controllo statali e parastatali che grandi opere letterarie quali 1984 di George Orwell e Il mondo nuovo di Aldous Huxley avevano ampiamente "denunciato" agli occhi di generazioni di lettori di diverse estrazioni, culture e ceti sociali.

Il riflusso di quest'onda per una volta fuori dal controllo degli stessi organismi verso i quali anche il mondo artistico, finalmente e senza giri di parole, puntava il dito, coinvolse anche il cinema, in particolare quella "New Hollywood" che, proprio a partire dai sentimenti che nacquero in quegli anni, costruì una serie di piccole pietre miliari della cinematografia del complotto, cui opere ben più recenti continuano a fare riferimento: senza ombra di dubbio nel novero di questi titoli va ricercato I tre giorni del condor, opera di rara tensione narrativa, taglio secco e chiusura assolutamente non consolatoria, tanto da poter essere considerata, con un paragone sempre cinematografico, pari ai primi western revisionisti girati grosso modo nello stesso periodo.

Tratto dal best seller I sei giorni del condor di James Grady e sorretto da una solida sceneggiatura di Lorenzo Semple Jr e David Rayfiel, il lavoro di Pollack assume i connotati di un'opera di amarissima denuncia senza per questo rinunciare ai più classici componenti dell'azione e del "romance", anch'essi, alla stregua dei contenuti più "alti", trattati in ogni caso in maniera assolutamente non convenzionale. Robert Redford/Joe Turner/Condor è un abile lettore, mente lucida e decrittatore di codici, un teorico, assolutamente a disagio sul campo e, come abbiamo l'occasione di notare nel corso delle quasi-senza-requie due ore dell'azione, non esente da errori di calcolo, soprattutto quando si tratta di passare dalla fuga all'attacco. Di fronte a lui l'inquietante presenza di una C.I.A. capace di arrivare ovunque, più simile a un'organizzazione criminale che a un organo votato alla difesa del paese, e che, a tratti, riporta la mente a paragoni certo inquietanti: emblematico, a tal proposito, lo scenario narrato al Condor a proposito del metodo di eliminazione degli agenti scomodi, con i colleghi pronti a uccidere con il sorriso sulle labbra come i gangster dello scorsesiano Quei bravi ragazzi. Eminenze grigie e minacce velate, dunque, che identificano nell'organizzazione di cui lo stesso Condor fa parte il vero nemico, una sorta di mente dietro le azioni di un paese di inquietante ed estrema attualità, e che riconduce il confronto finale fra il Condor e il suo glaciale superiore Higgis ad un'altra delle grandi pietre miliari del "cinema del sospetto": alla domanda "Sei sicuro che lo pubblicheranno?" fa subito eco quel "Resteremo in ascolto", macabra chiusa dello straordinario La conversazione, opera attraverso la quale Coppola manifestò chiaramente il disagio verso un momento storico così delicato.

La presenza minacciosa della C.I.A. trova poi il contrappeso ideale nell'elegante figura del killer interpretato da un ottimo Max Von Sydow, un male "minore" proprio perché, nonostante la crudele freddezza che sfoggia, mostra anche un volto e si offre, senza particolari remore, a una spiegazione precisa nei confronti del Condor, rivelando, di riflesso, i meccanismi dietro le grandi organizzazioni come, appunto, la stessa C.I.A. Straordinaria la semplicità del passaggio che definisce l'etica del lavoro del sicario, facilmente identificabile con quella dell'agenzia: "Mi informo sul dove e a volte sul quando, ma sempre, senza dubbio, sul quanto."

I (pochi) scrupoli, dunque, di un governo - o chi per esso - mosso dal profitto e da un apparente ruolo di garante dell'ordine e del benessere dei paesi ricchi, a confronto con le angosce e i sospetti dell'uomo comune: su questo, principalmente, pare puntare la macchina da presa uno dei migliori Pollack di sempre, asciugando l'enfasi della potenziale storia d'amore (per una volta trattata come credibile, e soprattutto non consolatoria) e amplificando le incertezze di un personaggio di sicuro impatto rispetto al pubblico - grazie anche al volto e all'ottima prova fornite da Robert Redford -, capace di conquistarsi l'audience dalla prima apparizione, convogliando le sue stesse paure in chi ha deciso di seguirne il cammino, una sorta di lotta contro la diffidenza verso una realtà che, da quel momento in poi, pare assumere le connotazioni distorte del complotto. Di sicuro effetto appaiono, in particolare, le prime sequenze appena successive alla scoperta del massacro all'interno della sezione dove Turner presta servizio, tesissime nell'esecuzione e nell'alimentare l'angoscia di chi, una volta solo, scopre che chiunque, attorno, in virtù di mezzi potenzialmente illimitati, potrebbe divenire il tuo assassino. Di certo impatto anche l'ipotesi della donna con la carrozzina, mentre più convenzionale, ma non meno inquietante, l'uso del postino.

La realtà dell'uomo comune viene dunque trasformata in incubo da chi, per vocazione, potere o denaro, comune non può più essere considerato, e che, quasi uscendo dalle trame della fiction, punta alto l'indice legandolo agli interessi del petrolio, della protezione, della libertà del "proprio" popolo. Davvero inquietante pensare quanto le stesse tesi siano d'attualità ancora oggi, a trent'anni dalla realizzazione di questa pellicola, e, paradossalmente, di nuovo alla ribalta nei giorni che precedono l'uscita dell'ultima fatica di Pollack, anch'essa impegnata nella descrizione di quelle meccaniche del potere che paiono non cambiare, per quanto possano rinnovarsi gli esecutori materiali dello stesso potere. Un'ipotesi interessante potrebbe essere trovata nella spiegazione dell'esistenza di un Potere indipendente da chi lo rappresenta, capace di insinuare il dubbio anche una volta credutisi in salvo (si pensi al Condor una volta scoperto il mandante dell'omicidio dei suoi colleghi, o di fronte alla "sicurezza" del sicario Von Sydow) o in vantaggio rispetto ad esso (l'articolo consegnato da Turner al New York Times) e che, con il passare degli anni, come una forma d'energia, muta senza consumarsi, distruggendo, al contrario, chi lo subisce e chi pensa di poterlo gestire. Scenari quasi da fantascienza - come le opere letterarie citate in apertura -, che trovano un riscontro anche maggiore di quello della fiction nella realtà della nostra vita quotidiana, nei notiziari, celati oltre la prima pagina dei quotidiani.

Viene da pensare che la vicenda del Condor troverebbe spazio soltanto in un trafiletto e che prenderebbe il volto di una sorta di grottesca caccia all'uomo mai rivelata, mascherata da tragedia: nel corso della pellicola perdiamo le tracce di due delle tre donne cui pare essere più legato Turner. Se l'unica certezza è che la terza di loro, sua collega e presumibilmente amante, sia morta, lo stesso viene da pensare delle altre: la logica - o la speranza - ci conducono al rifugio fornito dalla casa di un amico, o dalla compagnia di un amante, lontana dalla città. Eppure, come spesso accade di leggere sui giornali, gli incidenti sono tanti, così come i suicidi. Del resto le stesse morti legate alla vicenda del Condor rimangono celate, come soffocate dalla manipolazione dei media di cui l'agenzia pare essere capace: un percorso forse rallentato da possibili fughe (di testimoni o notizie), eppure inesorabile. Non possiamo saperlo, da pubblico ma, pare suggerire il regista, neppure da autori o, paradossalmente, da personaggi. Così come le vicende del Condor paiono essere state scritte da una mano fin troppo "vera" per una semplice pellicola, allo stesso modo le nostre vite assumono la direzione che gli "autori" al timone della società paiono aver deciso, ben consci, probabilmente, dell'esistenza di "refusi" da correggere strada facendo e di dover lasciare voce anche a chi, vedi la "New Hollywood", o gli stessi Orwell e Huxley, cerca di occuparsi del pubblico mettendolo in guardia dai suoi guardiani.

In fondo il Potere sa bene che la morte arriverà, inesorabile, per tutti, detrattori o collaboratori fidati. Ma lo stesso Potere, quello profondo e inattaccabile, continuerà ad esistere, senza il bisogno di tutti quegli uomini attorno. Dopotutto, è l'uomo ad averne bisogno. Quello che non sa è di non essere a sua volta necessario.

 


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