Nanni Moretti
Ecce Bombo
di Pietro Salvatori
Arriva lo straccivendolo, una sorta di rigattiere, arrotino ante litteram. Avanza dondolando sul suo risciò sul lungomare di Ostia, urlando in un falso latino sgangherato: "Ecce bombo!", ovvero "ecco il bombo, lo straccivendolo". Sequenza minuta, quasi d'ambientazione, di contesto, completata da un controcampo sui soliti amici, quelli di sempre, la combriccola di Michele Apicella, svegliatisi al grido del vecchio e accortisi di aver atteso per tutta la notte l'alba dalla parte sbagliata. Tra tutte le "strisce" di cui si compone il primo film professionale di Nanni Moretti, il regista romano sceglie questa come paradigmatica di tutto il suo lavoro, fino al punto di onorarla concedendole il titolo.
Nella frammentaria eppur sempre lineare opera morettiana si coglie un senso di spaesamento, un nuovo modo di fare cinema, ma anche una lucida capacità d'analisi della società (o per lo meno di un suo spicchio) in cui viveva. Per cui sì, Ecce bombo, sequenza tanto piccola quanto incastonata, a livello narrativo e di montaggio, nel cuore stesso del film. Non uno stacco serio(so) da una cifra globalmente ironica, non un momento di virtuosistico compiacimento. Nell'economia della pellicola, composta da tanti piccoli flash - situazioni tra le più disparate, legate insieme armonicamente da un sottotesto tematico e dalla prorompente, ma sommessa presenza del Moretti/Apicella -, la sequenza del titolo ricopre apparentemente lo stesso ruolo, la stessa funzione, di tutte le altre, presentandosi anche, per enfasi ed estetica, al pari di esse. Eppure è quella in cui meglio si imprime e che meglio restituisce quell'immagine di una generazione fumosa, senza alcuna attrattiva alla quale appigliarsi, orfana di un '68 infine risultato sterile e avaro. L'attesa dell'alba, l'incanto del fare una cosa che miri alla riconciliazione con il tutto che sfugge, viene spezzata, rotta dal passaggio del rigattiere. Un gioco di campi e controcampi che è la summa della tenera tragicità morettiana. I volti trepidanti, sobbalzando nella speranza di cogliere il primo raggio di sole, si sviliscono di fronte al banale richiamo. Il montaggio accosta l'urlo dello straccivendolo con il volto, deluso, della combriccola, quasi a voler dire "eccoli i veri stracci". Uomini senza un'aspettativa sul futuro, ma, quel che al regista duole di più, senza nessuna speranza sul presente, che scorre via tra la rivoluzione che vorremmo per metterci in luce, il desiderio di una tranquilla e nascosta vita borghese, il terrore vacuo dello sprofondare nel nulla. Per cui i problemi esistenziali, le dinamiche dei rapporti, si riducono a un "mi si nota di più se non vengo, o se vengo e rimango in disparte?", o al celebre "ma che fai per vivere? Mah, faccio cose, vedo gente…" .

Tutte le brevi irruzioni di Apicella nella realtà che lo circonda sono origine e frutto di una fittissima quanto sterile rete comunicativa, segno di un mondo che ha guadagnato in capacità di esprimersi, di mettere in rete idee e opinioni, ma che ha inversamente perso qualsiasi profondità di rapporto. La mordace e malinconica ironia e il violento sarcasmo che già erano emersi in Io sono un autarchico, girato in super8, vengono ripresi, rielaborati e bilanciati da Moretti, fino a creare un mix dirompente di umorismo e di critica dissacrante a quella società che il regista vedeva colma di comunisti vacui e imborghesiti.
Intuizioni che rincorrono tutt'oggi l'attualità cinematografica (e non solo!), e che non a caso hanno portato ad una riedizione della pellicola per le sale. Magari qualcuno, scoprendolo o riscoprendolo, ne trarrà qualche geniale spunto per il cinema che verrà.
ECCE BOMBO
(Italia, 1978)
Regia
Nanni Moretti
Sceneggiatura
Nanni Moretti
Montaggio
Enzo Meniconi
Fotografia
Giuseppe Pinori
Musica
Franco Piersanti
Durata
103 min