Alejandro González Iñárritu
21 grammi
di Gianluca Sadurny
"Si dice che nel preciso istante della morte tutti perdiamo ventuno grammi, nessuno escluso. Ma quanto c'è in ventuno grammi? Quanto va perduto?...". Questi gli ultimi pensieri di Paul(Sean Penn) che nella "sala d'attesa della morte" si interroga sul valore dell'irrisorio peso che tutti gli uomini lasciano per strada nel trapasso tra la vita e la morte; e questo è il suggestivo spunto che ha ispirato al regista messicano Alejàndro Gonzàlez Inàrritu una complessa pellicola polifonica in cui a partire da un tragico incidente automobilistico si intrecciano le voci e le vicende dei tre protagonisti.
Sarà l'incidente, infatti, con la conseguente morte del marito e delle sue due bambine a gettare nel baratro della disperazione Cristina Peck (Naomi Watts); sarà a partire da quella terrible sequenza (magistralmente presentata attraverso la dinamica tra gli effetti sonori ed uno splendido fuoricampo) che Paul Rivers, insegnante di matematica col cuore malato, potrà avere ancora un'effimera speranza di vita (gli verrà trapiantato proprio il cuore del marito di Cristina che ha acconsentirà alla donazione); sarà quanto accaduto in quel fatale istante a mettere in moto il processo di decadenza che coinvolgerà Jack Jordan (Benicio Del Toro) il pregiudicato alla guida del veicolo che causerà la morte delle tre innocenti vittime (sulla parte posteriore del pick up dell'uomo splendono paradossalmente le parole "Faith" e "Jesus saves", simboli e indici del fanatismo religioso attraverso cui questi cerca la redenzione ai suoi trascorsi delinquenziali).
Ma la peculiarità di quest'opera non sta tanto nell'intreccio, quanto nel modo in cui esso viene a poco a poco sviluppato: Inàrritu, infatti, destruttura la narrazione, realizzando un'opera-mosaico dove i mille tasselli che ne compongono il plot si confondono, si inseguono, si anticipano, per poi riunirsi attraverso continui ed inaspettati flashback e flashforward. Le sequenze ci vengono gettate dinanzi agli occhi sparse, senza apparente ordine logico-cronologico, con una struttura quasi ossimorica: l'effetto che si accosta alla causa sino a precederla, la fine che si rende simultanea all'origine.
Nonostante la prima mezz'ora di inevitabile spiazzamento totale per lo spettatore, la rischiosa scelta di adottare un montaggio quasi folle nella sua ricchezza di rimandi, alla fine si rivela quantomeno efficace: i fili si riannodano, le matasse si sbrogliano e i legami tra le vicende dei protagonisti si delineano chiaramente. Inàrritu insieme con lo sceneggiatore Guillermo Aguirraga riflette poeticamente, attraverso "frammenti di cinema", che ci vengono presentati in maniera quasi sincronica, sul dolore, sulla redenzione, sull'amore ma soprattutto sulla morte (o meglio sul sottilissimo confine che separa quest'ultima dalla vita).
Ne risulta un film cupo, teso, claustrofobico (grazie anche alle luci e alle tonalità blu-fredde della fotografia di Rodrigo Prieto) in cui si segnala il sapiente uso della camera a mano in alcune scene che, attraverso immagini lievemente smorte e sgranate, scivola sui personaggi sino a penetrarli nel profondo dell'anima. Se si può trovare un limite in 21 grammi è nella leggera perdita di pathos causato proprio dal fluire irregolare delle immagini di un film fatto di continui inciampi e falsi movimenti; ed è qui che entrano in gioco i bravissimi tre protagonisti che dimostrandosi in vero e proprio stato di grazia riescono a stemperare la difficoltà dello spettatore a farsi coinvolgere in un film che adotta un montaggio teso e non lineare: sorprendente Naomi Watts sul cui viso campeggia in modo ieratico la sofferenza ed il dolore della perdita, ma anche la rabbia ed una sete di vendetta pronta a scattare; superbo Benicio Del Toro, molto calato nella parte e capace di comunicare intuitivamente gli stati d'animo di un personaggio in perenne contraddizione con se stesso; straordinario Sean Penn che raggiunge vertici altissimi di espressività drammatica attraverso l'emozionale interpretazione di Paul che, dopo essere stato il catalizzatore dell'azione per quasi tutta la durata del film (soprattutto dopo l'incidente: cerca ostinatamente Cristina, se ne innamora e tenta di farle giustizia), chiude emblematicamente, con una riflessione mistica sul senso della morte e della vita (che implicitamente si chiede se i 21 grammi del titolo siano il peso dell'anima), questa esistenziale, a tratti dolorosa e spiazzante, ma sempre intensa pellicola.
21 GRAMMI
(Usa, 2003)
Regia
Alejandro González Iñárritu
Sceneggiatura
Guillermo Arriaga
Montaggio
Stephen Mirrione
Fotografia
Rodrigo Prieto
Musica
Gustavo Santaolalla
Durata
125 min