Quentin Tarantino
Kill Bill volume 1
di Carlo Valeri
Non è facile rapportarsi a quest'ultima fatica di Quentin Tarantino ('il quarto film' come è celebrato in modo curioso nei titoli di testa). Mai come in questo caso forte è il disorientamento critico nei confronti di un film che è un vero e proprio "monstrum" cinematografico, limpidissimo manifesto del postmoderno. In questi dieci anni Tarantino dimostra d'aver compreso benissimo come l'anticonformismo estetico-narrativo dei suoi primi film sia stato già canonizzato da tutto un sistema produttivo e con questo Kill Bill vol.1 sembra volersi riappropriare del suo inconfondibile approccio citazionistico e della subcultura cinematografica e letteraria da sempre ispiratrice del suo stile, realizzando un film che è summa del suo cinema precedente, e intendendo contemporaneamente rigenerare questo stesso cinema.
Dopo il sottovalutato Jackie Brown, ad oggi il suo lungometraggio più "umanista" e meno commerciale, Tarantino torna all'estetica contaminata e iperrealista dei suoi esordi, trascurandone però la chiave ironica a vantaggio di un effettismo pirotecnico a tratti delirante. Sottrae ai personaggi qualsiasi spessore introspettivo, relegandoli a semplici pedine iconiche in una struttura narrativa piuttosto chiara anche se cronologicamente smontata. Rispetto alle opere precedenti i dialoghi hanno perduto la loro fluvialità briosa e divertita, il loro umorismo graffiante, limitandosi ad un ruolo secondario, di appoggio all'azione che è il vero motore del film. "Via le parole, dentro i corpi!", sembra voler essere il nuovo imperativo tarantiniano, e infatti Kill Bill è una vera e propria sarabanda di corpi (atletici, insanguinati, brutti e sublimi), musiche (come sempre miracolosamente azzeccate) e colori (fondamentale l'apporto dello sperimentale Robert Richardson alla fotografia); il tutto orchestrato da una regia meno statica e controllata rispetto a prima, più libera e imbevuta di virtuosismo kitsch.
In alcuni casi il gioco della contaminazione dei generi rischia di appiattirsi su una patina superficiale ed autocompiaciuta, un po' fine a se stessa; in altri invece raggiunge risultati sbalorditivi - come ad esempio nell'intero flashback cartoon dedicato al personaggio di Lucy Liu, nel gustosissimo frammento alla De Palma con la comparsata di Daryl Hannah in ospedale, o negli ultimi venti minuti adrenalinici e iperviolenti, capaci di condensare trent'anni di action movie orientali. Spesso si ha la sensazione di essere spettatori di un luna park impazzito e fuori controllo, quasi perverso nell'immergerci in stati d'animo tortuosi e schizofrenici, continuamente mutevoli. Altrettanto frequentemente, però, ci pare di assistere ad un film imbalsamato, paralizzato nella sua stessa natura poliedrica, capace di suscitare al massimo emozioni a livello epidermico, senza toccare mai le corde della vera passione.
C'è qualcosa di dis-umano nel percorso artistico che Tarantino sembra inseguire e proprio con Kill Bill la sua filmografia si conferma vero e proprio discorso esclusivo sul cinema, sulle sue forme linguistiche, sui suoi rimandi culturali e sulla sua inarrestabile riproducibilità clonante; assemblaggio enciclopedico disinteressato ad una poetica sull'uomo. Qui non c'è nemmeno più spazio per il romanticismo di Jackie Brown, per la tragicità scespiriana de Le iene o per il bislacco fatalismo alla Pulp Fiction. Anzi, forte di un anti-intellettualismo comunque ammirevole, Tarantino accentua in modo esponenziale le sfumature grossolane e ipertrofiche da sempre presenti nei suoi lavori precedenti, quasi con l'intento di voler denigrare tutti coloro che finora vi avevano visto dell'arte seria.
In questa visione di gusto urlata e anticonvenzionale risiede il fascino di un'operazione tutto sommato preziosa per comprendere la crisi linguistica e figurativa del cinema contemporaneo (d'obbligo sarebbe accostare il film ad altri recenti lavori, apparentemente diversi, impostati alla stessa indagine di senso come il Solaris di Soderbergh o Lontano dal paradiso di Haynes) e, aspettando il Volume 2, non possiamo far altro che constatare come Tarantino ci abbia regalato il suo film meno bello ma più importante dal punto di vista teorico-concettuale.
KILL BILL VOLUME 1
(Usa, 2003)
Regia
Quentin Tarantino
Sceneggiatura
Quentin Tarantino
Montaggio
Sally Menke
Fotografia
Robert Richardson
Musica
RZA
Durata
110 min