David Cronenberg
Spider
di Roberto Emanuel
Non è la prima volta che Cronenberg parla di insetti, ma questa volta si tratta di un insetto molto particolare.. Spider.. il piccolo Spider. Intendo piccolo davvero, una stanza sola, un piccolo ambiente, qualche oggetto raccolto per strada che riempie le tasche… o qualche piccolo ricordo che riempie la testa, o la stanza, e che dona più vite a Spider...
Spider è la sua malattia, la malattia di Spider è la sua bellezza.. La bellezza cronenberghiana della malattia, quasi a dirci che noi siamo troppo sani, schiacciati dal peso dei ricordi, dall'obbligo dei ricordi, più che altro. La facilità con cui Spider riesce a muoversi tra diverse vite, lungo diverse tele, trame, invidiabilissima peraltro, di spostarsi da una pagina all'altra del piccolo quaderno fitto di scritte di ogni verso, un piccolo Libro dell'inquietudine pessoaiano. Spider non cammina, scivola semplicemente fuori e dentro la vita, sguardo vuoto e taccuino.
Viene in mente Fred Madison/Bill Pullman (Lost Highway): "[…] mi piace ricordare a modo mio".
La malattia che agisce come individuo che vuole sopravvivere, come orrido cancro del corpo ma indiscutibile bellezza filmica, evolutiva. Spider è la sua malattia al punto che la malattia di Spider è lui stesso.
In un certo senso Spider è vicino a David Lynch, per la straordinaria bellezza evolutiva della pellicola, per l'infinità della pellicola che sembra continuare a scorrere dopo la fine o più volte durante la proiezione stessa. Quella camminata lenta, lentissima, eterna, di Spider, da destra verso sinistra con quel palazzo grigio di sfondo, con tutte le porte e finestre murate… è un'immagine molto potente, molto evocativa.. ricorda Jack Nance in Eraserhead.. una mente cancellatrice/costruttrice.. murata, protetta dall'interno..
...É straordinaria anche la fisicità dell'onnipresenza di Spider all'interno dei suoi ricordi (o della sua stanza, è la stessa cosa), come fosse un rivettiano spettatore e, contemporaneamente, attore-regista degli spettacoli teatrali di L'amour par terre. Come se quest'ultimo film di Cronenberg fosse il più cinematografico di tutti, il più filmico di tutti, sventrando e tempestando gli occhi di chi guarda della natura stessa del cinema, della pellicola, dei ventiquattro fotogrammi al secondo, della realtà. Di nuovo, la stanza di Spider è un piccolo sogno, tanti piccoli sogni, è Mulholland dr., un posto visionario, un'intersezione di diverse menti. Spider dà l'impressione di non poter mai morire, al massimo, un giorno, di addormentarsi semplicemente. Sognando.
Spider è un film unico per David Cronenberg, una seconda zona morta che segna in modo particolare il suo ruolo nel cinema, più di quanto (non) abbiano fatto Videodrome o La mosca. Buona visione.
clicca qui per leggere l'in-deep di Fulvio Montano Spider: ovvero dell'iper-irrealismo dell'ultimo Cronenberg
SPIDER
(Canada, 2002)
Regia
David Cronenberg
Sceneggiatura
David Cronenberg, Patrick McGrath
Montaggio
Ronald Sanders
Fotografia
Peter Suschitzky
Musica
Howard Leslie Shore
Durata
98 min