Sali d'argento vs sistema binario
Argentique vs Numerique
di Stefano Canapa
Sembrava definitivamente decretato fuori commercio, con i cineasti in erba e gli onesti padri di famiglia rivolti ormai esclusivamente all'immagine elettronica prima e a quella binaria poi. E invece no. «Il Super8 non è morto, tiene duro» recitava, orgoglioso, il titolo di uno speciale di Remi Lange, prodotto da Canal+ e diffuso sulla rete francese nel giugno del 1996. Da qualche anno il formato sembra ormai trovare un nuovo e più largo consenso. Il suo posto nella società dei consumi è evidentemente cambiato in modo radicale.
Tra il 1965 ed i primi Anni Ottanta, milioni di cineprese hanno potuto registrare i momenti felici di altrettanti nuclei familiari. Compleanni, raduni del parentado, vacanze estive e domeniche fuori città hanno dato vita, nel tempo, ad un insostituibile archivio delle abitudini e dei costumi di svariate generazioni, senza distinzione di classe. Si parlò allora della tanto agognata democratizzazione del linguaggio audiovisivo. Il Super8, al di là del suo utilizzo domestico divenne un prezioso mezzo di espressione per tutte le minoranze. Movimenti anti-militaristi, associazioni per l'emancipazione della donna, contro la segregazione razziale e la discriminazione nei confronti degli omosessuali: il Super8 si rivelò essere il formato degli esclusi e dei marginali, dei senza-voce, di tutti coloro che cercavano di distinguersi dai modelli dominanti (estetici, economici, politici o morali). Caleidoscopio di generi, forme e contesti, il Super8 accompagnò tanto l'esordio cinematografico di numerosi registi presto affermatisi nei confronti del grande pubblico (Almodovar, Spielberg, Moretti, ...), quanto la ricerca spesso più personale di alcuni cineasti che faranno del formato una causa cinematografica, proponendo un proprio discorso estetico, intimo e coerente, e dimostrandosi sufficientemente liberi dal desiderio principe di conquistare l'accesso alle porte degli imperi economico-industriali.
La rapida diffusione delle attrezzature video all'inizio degli Anni Ottanta ha in breve cambiato lo scenario e i contesti cui il formato era legato. Per quello che concerne il film di famiglia, i proiettori Super8, fino ad allora gelosamente custoditi nell'armadio del salotto, sono stati presto inscatolati e relegati in polverose cantine. Parallelamente, tutta una serie di strutture legate all'audiovisivo (scuole, dopolavoro, oratori, grandi industrie, movimenti attivisti e scuole di cinema) ha scelto lentamente la via più comoda ed accessibile ed economica dell'immagine elettronica.
Breve cronologia del formato ridotto
Nel 1910 Vittorio Calcina si assicura l’esclusività del 17,5 mm [Cine-Parvus].
Nel 1922 Pathé propone il 9,5 mm a perforazione centrale [Pathé Baby].
Nel 1923 fu la volta del 16mm [Eastman Kodak Company] proposto ai cineamatori equipaggiato di tutti gli accessori necessari alla produzione del film [cinepresa, treppiede, proiettore, giuntatrice e schermo].
Nel 1932 la Kodak commercializza il formato 8mm [chiamato anche Doppio8, Standard8 o Regular8 a seconda dei paesi] che utilizza pellicola 16 mm con perforazione doppia rispetto al normale.
Solo nel 1965 verrà diffuso il formato Super8 che legherà il suo nome alla particolare maneggevolezza e alla semplicità tecnica d’utilizzo:
  • il caricamento del film è istantaneo: quindici metri di pellicola custoditi in un caricatore, facilmente inseribile anche alla luce del giorno;
  • la cinepresa è dotata di un dispositivo automatico per la regolazione del diaframma, che risolve i problemi legati alle competenze tecnico-fotografiche fino ad allora richieste;
  • il sistema di regolazione tecnica è semplificato; nei modelli base delle icone permettono di riconoscere la funzione dei pulsanti;
  • rispetto all’8mm è assicurata una maggiore definizione dell’immagine essendo la superficie impressionabile maggiore circa del 50%.
La scelta si impose ai più come un imperdibile adeguamento alla rincorsa esasperata verso il progresso. E allora, senza voler scendere nel merito di giudizi estetici o morali, sebbene questa storia di formati e supporti è forse poca cosa rispetto alle attuali prospettive che sembrano portare queste stesse strutture ad una sempre più probabile digitalizzazione esasperata - il tatto ridotto ad una timida pressione - ebbene, resta difficile accettare che sia la massimizzazione del profitto della grande industria ad imporre la legge e a dettarla.
E se nel concreto le videocamere Hi-8 o le recenti MiniDv rappresentano la massima espressione tecnologica in materia di sistemi di registrazione ultra-leggeri/pseudo-democratici (registrazione di suono e immagine sincroni nelle più svariate condizioni di luce, in assoluta discrezione, per una durata molto più importante), è forse tempo di riflettere sulla specificità di ogni supporto, sulla sconsiderata attitudine a voler liberarsi delle conquiste precedenti dell'uomo.
"Dei di Tonino De Bernardi esiste solo nell'originale 8mm, a causa della pista magnetica è praticamente impossibile farne delle copie. Come nelle altre arti, si ha ora nel cinema questa categoria di film che esistono solo nell'originale e restano con i loro autori, insostituibili e inimitabili". Jonas Mekas docet.
L'immagine digitale, riproducibile all'infinito, sebbene abbia aperto nuove prospettive nel campo della ricerca cinematografica, si è privata di ogni poetica dell'hic et nunc. Si è sbarazzata di ogni legame con la realtà. I fotoni di luce hanno ormai lasciato il campo ad una pura invenzione matematica. Ed il Super8, a confronto, resta un miracolo di informazioni.
Se in molti si dicono convinti dell'ormai imminente débâcle del supporto pellicolare a favore dell'immagine binaria, l'impegno nella conservazione e nella diffusione del cine-formato ridotto sembra giovarsi di una nuova presa di coscienza. Giovani studenti delle scuole di cinema si schierano dalla parte de l'image argentique formato 8mm; Emir Kusturica sceglie il Super8 per raccontare un pezzo della sua vita da musicista (Super8stories); in Francia come altrove prendono corpo strutture indipendenti legate alla lavorazione artigianale del formato; la cineteca di Bologna ha ritrovato i film di Helga Fanderl e saluta il ritorno del Super8; Joseph Morder, pur rivoltosi al digitale, continua regolarmente ad approvvigionarsi di cartucce Kodachrome presso il droghiere all'angolo della rue de Belville: il Super8, a rischio di diventare un altro facile modo(a), gode di ottima salute e si candida come irriducibile baluardo degli aficionados dei sali d'argento contro l'imminente saturazione digitale. È storia recente: nel febbraio del 1996 la Kodak manifesta l'intenzione di interrompere nel giro di breve la produzione di alcune pellicole Super8 (quella sonora tra le altre).
Super8monamour
L'Associazione Superottomonamour, laboratorio di cinematografia artigianale, apre la sua nuova sede, presso il Mulino di Collegno (TO). La struttura si propone come uno spazio di creazione aperto, dove è possibile sviluppare, montare (in moviola) e proiettare le proprie pellicole Super8 e 16mm.
Info: 011-883999
superotto@hotmail.com
La reazione di protesta di filmmakers e cineasti di tutto il mondo non è tardata: i sit-in davanti agli stabilimenti dell'azienda (quella di Parigi raccolse circa trecento persone) e le numerose lettere di protesta e raccolte di firme che sono state inviate in quel di Rochester, New York, hanno avuto tardiva risposta in un comunicato stampa nel quale la Kodak, pur confermando le sue posizioni, si impegnava a garantire la produzione delle pellicole "storiche" (il Kodachrome e le due emulsioni in bianco e nero, Plusx e Trix), in ogni caso fino al giorno in cui, sottolineava il comunicato, la richiesta da parte dei consumatori si fosse mantenuta su livelli sufficientemente accettabili (?).
Da allora le vendite devono aver soddisfatto la signora Kodak, se è vero che nel frattempo due nuove emulsioni sono state introdotte sul mercato ...