Il cinema intrappolato nella rete
Cineweb
Quali film evoca l'uso della rete? La domanda forse è mal formulata: provo ad enunciarla in modo diverso. Quali novità comuni sembrano provenire dai testi filmici che pongono al centro del loro interesse la rete? Se alla seconda questione sembra difficile non sancire la totale assenza di novità, in seguito alla prima si accavalla un elenco di opere di carattere e genere molto diversi tra loro; tutti intrecci riconducibili a canoni preesistenti alla rete. Dal cyberpunk annacquato di Johnny Mnemonic (di Robert Longo, 1995), a quello casereccio, pervaso da zavorre psicanalitiche di Nirvana (di Gabriele Salvatores, 1997) che inaugurò l'uso invalso di proporre in rete semplificazioni e banali giochini come metodo promozionale - si tratta di imbarazzanti forzature che non riescono nell'intento di assimilare i due prodotti, anzi evidenziano le differenze, non amalgamandole in un sistema multidisciplinare come quello che abita l'universo Pokèmon - proponendo situazioni filmiche e suggestioni visive nel sito parallelo. Rimangono però semplicemente due mondi disgiunti, lontani dai risultati conseguiti da Gibson in Aidoru, che invece (ed è la sua forza) crea mondi coerenti al loro interno, mescolando immaginari diversi dove nessuno ha il sopravvento, perché sono mondi nuovi coesi, non specchi dell'esistente ma plausibili virtualità, stupefacenti perché privi di referenti.
Altro ambito paradossalmente frequentato, ribaltando quelle che potrebbero essere le attese, è l'uso dei corpi: la congerie di spot - a tratti anche suggestivo - di The Cell, dove troneggia nella sua sontuosa carnalità Jennifer Lopez, è un esempio di quanto poco la trasformazione dei corpi cinematografici tragga spunto dall'evanescenza di Internet, addirittura palcoscenico per il corpo desiderante di Stefania Rocca nel pessimo Viol@ (di Donatella Maiorca, 1998), ancora peggiore, in quanto evidentemente realizzato con scopi demonizzanti è il poliziesco The Net (Intrappolata nella rete, di Irwin Winkler, 1995), confezionato sulle misure di Sandra Bullock; d'altro canto anche Thomas est amoreux, dove si usa l'espediente della soggettiva - già epicamente inventata per Lady in the Lake (Una donna nel lago, di Robert Montomery, 1947) - e si finisce con il proporre un succedaneo di questa assenza avvertita come sottrazione e non come trasferimento della presenza in un altrove da evocare, dunque si viene a creare un surrogato così realmente virtuale, secondo tutti i canoni della Lara Croft, avatar buona per tutte le stagioni, da risultare persino tangibile.
Allora sembra inevitabile porsi l'interrogativo in negativo: non si individua proprio nessun contributo al codice cinematografico e alle sue modalità narrative che possa venire attribuito alla diffusione capillare della rete negli ultimi anni? Si direbbe che solo tangenzialmente il cinema abbia accolto le potenzialità del web: un esempio è la promozione, ancora prima della realizzazione, di The Blair Witch Project pensata in funzione fondativa di un evento creato nel mondo di Internet e, solo in seguito alla sua visibilità in quell'ambiente, reso reale per le riprese cinematografiche con la mediazione ulteriore del video; più politicamente interessante il progetto in corso al Bulk e in altri centri sociali milanesi: Forza cani è un film la cui lavorazione è stata costantemente seguita da un sito, attraverso il quale si può intervenire e partecipare all'idea partorita da Marina Spada in seguito al volume Costretti a sanguinare di Marco Philopat (Shake edizioni): un'operazione collettiva «la rete come possibilità di informazione / scambio / conoscenza», si legge nel sito (HYPERLINK > http://www.forzacani.it), soddisfacendo quella tipica richiesta alla base del carattere libertario della rete di accesso globale e paritario, però questa soddisfazione è sbilanciata sul versante degli autori e non del lettore. In entrambi i casi siamo di fronte a infiltrazioni della rete nel cinema estranee al codice linguistico adottato. In particolare, proprio i film che sembrano avere adiacenze contenutistiche con la rete risultano appiattiti su vecchi cliché; però in un mondo di narrazioni rivoltate dalle intuizioni di Sterling e Gibson, ciò che fa la differenza sono i processi linguistici, che formalizzano mondi nuovi, tali a partire dal linguaggio che descrive sorprendenti snodi di sceneggiatura nei quali si dipana il racconto.
Manca l'invenzione di un linguaggio che crei un universo autonomo e allusivo ad una realtà che non è più quella di una forte aderenza ad un profilmico materiale o immaginario che vincola a una coerente visione del mondo, preferendo slittare questa weltanschauung su un piano davvero insolito già in fase pre-produttiva, vagheggiando mondi sorprendenti e non adagiati sulla copia di immaginari premasticati o melensaggini pari a You've got a mail (C'è post@ per te, di Nora Ephron, 1998), che sposta di peso nel mondo parallelo del web i soliti batticuore delle commedie brillanti - tanto che è dichiarato il modello in The Shop around the Corner girato da Lubitsch nel 1940 - senza riuscire a documentare lo stress e la dipendenza che attanaglia le giornate scandite dalle e-mail dei forzati di Outlook. L'aspetto avvertito dagli sceneggiatori come centrale sembra essere l'elemento pruriginoso di ambiguità (il bambino in Viol@, i conoscenti rivali in You've got a mail), quasi che il cinema possa soltanto cogliere l'occultamento dietro una parete di bit della personalità che si vorrebbe inquadrare, mentre il navigatore di Internet sarebbe sfuggente, deformato dagli innumerevoli mirror del proprio passaggio e dagli alias che crea della propria identità.
Il dubbio che potrebbe sorgere a questo punto è che la rete non sia poi così innovativa e catalizzante se i meccanismi che innesca trovano modelli in stereotipi e canovacci vecchissimi, problema accentuato dal fatto che l'interattività, peculiare di ogni manifestazione in rete, trova difficoltà insormontabili frapposte dal flusso delle immagini - che non andrebbero interrotte - che impediscono scelte da parte dei fruitori. In realtà, probabilmente in un riposto sito dedito alla raccolta di film distribuiti in rete si potrà trovare qualche esempio di corti basati sulla collaborazione dei frequentatori. Ma anche su www.newvenue.com sono limitatissimi i film che propongono metalinguisticamente di studiare le caratteristiche del cinema per la rete. Un elenco di siti che accolgono film per la rete si trova in kataweb (HYPERLINK> http://kwcinema.play.kataweb.it/). Forse l'unico caso di effettivo uso della rete per creare immagini corredate di scritte e grafica in un connubio indissolubile, montate in film mai definitivi, cangianti e sempre in progress con precisi intenti informativi, ma anche di spettacolo, che fanno uso di tecniche di montaggio digitale e di suggerimenti provenienti dalla rete stessa è il broadcast indipendente e libertario di Indymedia; esemplare a questo proposito il film della battaglia contro il G8 svoltasi a Praga.