Lo spettatore moderno e il suo film
Passività creativa
di Marco Gatti
Tanto per cominciare con qualcosa di molto recente e molto simbolico, prendiamo l'ultima opera di Stanley Kubrick, solido racconto cinematografico che parla del piacere e della paura legati alla Visione. Eyes Wide Shut ('99) rappresenta il rapporto tra realtà e immaginazione come una zona di confine ambigua, una dimensione percorsa da diverse forme visive, il sogno per l'identità femminile, il film per quella maschile. Pur essendo una storia sul rapporto tra l'Uomo e la Donna, il testo di Kubrick focalizza le avventure psico-sessuali di Tom Cruise facendone il protagonista in termini di identificazione narrativa (è il personaggio che "vive" episodi da noi osservabili), mentre la presenza di Nicole Kidman è meno percepibile sullo schermo dato che le sue avventure psico-sessuali si manifestano nell'invisibile frammentazione del sogno. In tal senso sembra che Kubrick si congedi da noi spettatori contemporanei fissando i limiti del film come visione testuale: la rappresentazione cinematografica è un'esperienza reale (l'atto della produzione, l'atto del guardare) che sconfina nell'astratto (i film si accumulano nel nostro immaginario, si mischiano ai ricordi "reali", alle tracce delle nostre esperienze), mentre il sogno costituisce una forma di visione per forza di cose individuale, un'esperienza astratta che sconfina nel reale (un sogno può farci piangere e godere al nostro risveglio) ma che nega ogni possibilità di rappresentazione oggettiva.
FILM -> Visione Oggettiva
SOGNO -> Visione Soggettiva
La prospettiva di Kubrick è per forza di cose quella dell'Autore che crea un testo (unico) proponibile ad un pubblico (molteplice). Mica per niente stiamo parlando dell'opera attuale dell'ultimo grande Cineasta classico che era vivente.
Altri registi moderni si stanno interrogando sui limiti del film come testo: pensiamo a Il vento ci porterà via (Kiarostami '99), dove l'autore iraniano ribadisce l'incapacità della finzione cinematografica di cogliere la forza concreta della realtà definendo però il suo testo più bello da vedere e formalmente curato (maliziosa contraddizione molto autoriale); oppure a Idioti (Von Trier '98), con un realismo programmatico di fondo per una storia irriverente che sbeffeggia l'idea fissa e i criterii-guida come sinonimi di artificio; o New Rose Hotel (Ferrara '98), un film la cui ultima terza parte ripete frammenti delle prime due, associando in chiave sensitiva il disorientamento del protagonista smemorato con quello dello spettatore.
Il film, dalla prospettiva del consumo e non della produzione, è sempre vissuto con la soggettività del sogno per come si rapporta singolarmente a ciascun membro della platea. Possiamo quindi dire che un oggetto lavorato come Eyes Wide Shut ribadisce il distacco e la superiorità dell'autore sullo spettatore, mentre il disordine tossico e confuso di New Rose Hotel, esprimendo nella forma audiovisiva il movimento anarchico delle elaborazioni percettive e mnemoniche, pone sulle stesso piano i due ruoli della fruizione. E sottolineiamo bene che stiamo parlando di film sul significato della Visione.
Se dunque il punto è una scrittura cinematografica che rispecchi la realtà dello spettatore, la sua condizione costante di creatore passivo, notiamo come la logica di un film come quello di Ferrara sia la stessa di altri titoli di successo che si rivolgono a un pubblico vasto e moderno. Star Wars - La minaccia fantasma (Lucas '99) - fantamitologie intergenerazionali -, eXistenZ (Cronenberg '99) - videogiocatori intellettuali -, The Blair Witch Project (Myrick - Sanchez '99) - fedeli del genere horror -, sono esempi di audiovisivi che puntano su una messa in scena decisamente imprecisa e discontinua in grado però di stimolare nello spettatore la creatività associativa nell'ambito del codice/sistema cinematografico. Si rivolgono direttamente a quella dimensione astratta verso cui il film, come messaggio concreto ed esperienza reale, tende in ogni caso a depositarsi, l'immaginario capiente e variegato dello spettatore.
In tal senso non c'è più differenza tra il film e il sogno nell'ambito della Visione, perché il testo punta a suscitare una sensazione di soggettività consumistica, con l'avvolgente trascendenza del marketing orchestrata da Lucas, con il terrificante realismo tecnologico di un horror indipendente low-budget (come The Blair Witch Project), girato in video senza ricorrere all'effetto speciale) con la metanarratività sorprendente e anti-intellettuale di Cronenberg.
E sono nomi come quelli di Cronenberg, di Lynch (The Straight Story, '99), Jarmusch (Ghost Dog, '99), Kiarostami o Kitano (Kikujiro, '99) a rappresentare una categoria di Autori ultimi nella produzione contemporanea. La loro è un'autorialità che si basa su poetiche ambigue spesso accusate di manierismo e autoreferenza. Meglio definirli Artisti più che cineasti per come utilizzano in modo istintivo e materiale il linguaggio cinematografico, strumento con cui rielaborano di continuo le loro particolari visioni del mondo. Ogni nuova opera richiama le precedenti, e solo lo spettatore che mantiene un rapporto costante ed entusiasta con l'intera filmografia può godere a pieno della ricchezza di stimoli che il testo trasmette. Logica del fan e della spettatorialità fedele, altra sfumatura di visione soggettiva, di parificazione sensitiva dell'autore e dello spettatore. Anche in questi casi il testo non raggiunge i suoi effetti più piacevoli se non interrogando un sistema astratto e sfaccettato, una dimensione-contenitore diversificata per ciascuno spettatore ma pervasa da un'indole emotiva vicina a quella dell'artefice.
La forza dei messaggi si sposta dunque dal testo singolare al contesto che relaziona elementi molteplici, secondo una serie di regole proprie ai linguaggi audiovisivi più moderni e influenti: la pubblicità innanzitutto, con la sua capacità di sperimentare ellissi narrative e concettuali sempre più audaci, e il videoclip, che arricchisce la complessità espressiva puntando sull'interazione paritaria tra immagini e musica. Lo spot e il video sono racconti per immagini di natura inter-testuale che si basano sul consumo, codice dalla pluralità estrema che sfrutta sempre più la competenza crescente dello spettatore moderno.
La campagna della Diesel ad esempio, costruita su tutti gli spazi dell'immaginario moderno, dal cinema, alla cultura storica e politica, alla musica, o quella profetica della Playstation, dalla potenza concettuale più penetrante di un manifesto d'avanguardia, rendono l'idea sulla libertà creativa di uno spettatore che tramite il consumo esprime la sua identità. Per quanto riguarda i videoclip la regia geniale di Chris Cunningham rilancia trasversalmente le poetiche musicali di Bjork (All is full of love, un brivido profondo che esprime una sorta di romanticismo tecnologico, di futurismo metafisico) o di Aphex Twin ( Window Licker, espressione del macabro allarme che si nasconde sotto la moderna sensibilità cool).
Questi testi possono suggerire moltissimo dicendo poco, perché il passato recente è costellato di opere necessarie, i film, i Kubrick, che iniziano la storia del Cinema costituendo una base di azione immaginativa in grado di orientare la Visione. Risulta dunque essenziale una accessibilità completa all'intero immaginario cinematografico per far si che i testi moderni, approssimati, pluri-significanti, sempre regolati da doppie finalità promozionali, stimolino senza confonderci con il loro ammiccare da schermi retro-illuminati.