Werner Herzog
Alla Mostra del Cinema di Venezia il grande maestro tedesco ha presentato la sua ultima fatica. Lo abbiamo incontrato e interrogato su Invincibile, sul cinema contemporaneo e qualcosa di più.
In una recente intervista Lei ha affermato che i registi qualche volta devono trattare questi particolari argomenti. Perché ha deciso di affrontarne uno così complesso?
È qualcosa di così grande e importante per la Germania che prima o poi in qualche modo dobbiamo affrontarlo; ma probabilmente - prima di tutto - è solo una coincidenza, una grande storia in cui mi sono imbattuto e ho deciso di trasporre in immagini, senza particolari implicazioni politiche. Bisogna prenderlo dal lato più leggero, anche se è un argomento decisivo per la storia del mio paese.
In Invincibile mette in scena un preciso periodo storico, gli anni prima del '33, quando Ebrei e Nazionalsocialisti ancora convivevano, quando - in realtà - tutto avrebbe potuto essere cambiato o svolgersi in maniera diversa...
Io non lo credo, perché solo ora, in retrospettiva noi vorremmo sussurrare ad ognuno di comportarsi in maniera differente in modo che le cose non precipitassero. Ma la storia funziona in un altro modo, ha le proprie regole e tutti i tentativi di rettificarle, di cambiarle sono un puro gioco di fantasia, speculazioni con gli occhi dei giorni nostri.
E' stata una specie di sfida girare un film basato su una storia vera con così tante sequenze oniriche?
No, perché le scene oniriche sono state tutte inventate da me e comunque già ne L'enigma di Kaspar Hauser [1974] avevo fatto tali sperimentazioni. Sono immagini inquietanti, strane visioni che indubbiamente coinvolgono emotivamente e stregano il pubblico al tempo stesso, che io posso articolare e rendere visibili. Personalmente ritengo che il cinema non debba raffigurare la vita di ogni giorno, ma qualcosa di più grande, qualcosa che ha bisogno di visione, una grande visione che non ci abbandoni facilmente. Per esempio quando vedete in Invincibile la scena con i granchi, che è un momento onirico, questa vi rimane impressa nella memoria. Di solito si dimentica la trama di un film, ma le immagini permangono.
Qual è la location della scena con i granchi?
È Christmas Island che si trova nel territorio Australiano nell'Oceano Indiano. E' un'isola di pochi chilometri quadrati, circondata da scogli tra i quali si nascondono i granchi. Solo all'inizio della stagione dei monsoni, fine Novembre inizio Dicembre, essi si avvicinano alle spiagge per alcuni giorni per accoppiarsi, deporre le uova e poi scomparire nuovamente. Per questa scena, che ritenevo molto importante, abbiamo dovuto aspettare un paio di settimane prima che cominciassero a muoversi e non si poteva prevedere quando ciò avvenisse. Purtroppo Christmas Island è diventata recentemente famosa perché molti gommoni carichi di clandestini tentano di entrare in Australia attraverso il suo territorio. Proprio in questo momento si sta svolgendo il dramma di oltre 400 rifugiati che stanno cercando di penetrare nel territorio australiano attraverso quest'isola.
Che genere di ricerche ha fatto per descrivere Zishe Breitbart?
Avevo a mia disposizione come minimo 40.000 pagine di documentazione. Poi ho contattato un discendente di Zishe Breitbart e quando mi sono accorto che sarebbero stati necessari più di due anni per visionarla tutta e stendere la sceneggiatura, ho insistito affinché mi parlasse del suo avo, mi raccontasse degli aneddoti e in poco tempo abbiamo finito il lavoro.
Ho notato che a lei muoversi nei luoghi, approcciarsi alle scene in maniera molto fisica. Si ritiene, come il suo personaggio, un uomo forte?
No, non sono assolutamente un uomo forte. Ma non posso negare che tutto funziona molto meglio quando il lavoro è più fisico che puramente meccanico, seguendo la logica del girare in uno Studio. Lo Studio è sterile e preferisco gli esterni, dove lavoro meglio e sono più a mio agio.
È vero che ha ipnotizzato Tim Roth?
No è Tim Roth quello che ipnotizzava. In camera egli ipnotizza. Gli ho detto che doveva essere credibile e che doveva imparare a parlargli perché ho fatto un film molto tempo fa in cui tutti gli attori recitavano sotto ipnosi, ma in una ipnosi così profonda che quando aprivano gli occhi non si svegliavano; perciò avevo già una certa esperienza e gli ho detto che l'avrei condotto dove nessuno altro finora, e che dovevo chiedergli molto di più: "devi ipnotizzare questa donna e bruciarla con una moneta..." Rimase impressionato e capì subito il senso di tutto, tanto che mentre ipnotizzava l'attrice era così vicino alla mdp che parlava quasi nelle lenti; ad un certo punto l'operatore fu preso da una sorta di paura e vidi la sua testa cadere all'indietro. Passò un po' di tempo prima che riportasse gli occhi all'obiettivo...
Può accadere anche al pubblico...
Effettivamente è accaduto. Una delle cose più comuni è avvertire pesantezza alle gambe e agli occhi...capita anche a me. Può funzionare con le persone dotate della giusta suggestionabilità e sensibilità. Ed è per questo che poi ci vuole tanto tempo per svegliare la persona, lentamente, gradualmente, senza sofferenza, senza paura, facendola sentire bene. Perciò se succede che qualcuno tra il pubblico cada ipnotizzato bisogna svegliarlo dolcemente e nel modo giusto.
Ogni tanto ipnotizza anche chi la intervista?
No di solito non hanno bisogno di essere ipnotizzati... [ride]
Tim Roth ha affermato che si è trovato un po' in difficoltà ad essere diretto in tedesco...
In realtà l'ho diretto in Inglese. Sapeva perfettamente che era un film che riguardava la cultura e l'identità della Germania ed avrebbe desiderato parlare tedesco per capire alcune sfumature, ma è un attore così grande che non ha bisogno di imparare la lingua; così meraviglioso nel film che lasciamolo pure a disagio fin che vuole.
Qual è la morale del film? Che anche i più forti crollano alla fine? Gli invincibili non esistono?
Non c'è morale in questo film. Non sono un predicatore, sono un regista. Ma è una buona cosa che abbia evidenziato come il più forte dei forti è anch'egli vulnerabile e muore a causa di una piccola ferita, cosa che è accaduta realmente e che mi ha spinto ad inserirla nel film. Ad ogni modo farei attenzione a parlare di morale in quanto, come ho già detto, non sono un moralista né un predicatore; appartengo al mondo del cinema.
Allora forse sarebbe meglio parlare di messaggio?
Se portassi messaggi allora lavorerei per il servizio postale... [ride]
Lei tratta spesso la chimica e l'alchimia, e ancora l'inconscio e le conseguenze freudiane; quando è iniziata questa sua passione?
Non è una passione e sarei scorretto a parlare di Freud perché odio la psicoanalisi e credo che sia un grande errore della nostra civiltà. Rende gli esseri umani inermi nel tentativo di capire e illuminare ogni intimo angolo della nostra esistenza e questo è sbagliato. Al contrario sono estremamente affascinato dalla nostra condizione umana; dove siamo in questo momento, cosa siamo, di che cosa siamo costituiti, quali battaglie dobbiamo affrontare. Mi piacciono gli esseri umani in generale e perciò devo filmarli e trovare i giusti attori che siano credibili nelle estremizzazioni, che irradino qualcosa. Naturalmente rimane qualche elemento misterioso, non spiegato, ma questo è il potere di una storia, della grande poesia. Non è una questione matematica in cui ogni elemento acquista un valore in una equazione con un risultato preciso. Questa è la vita per il cinema!
Secondo lei c'è grande differenza tra il documentario e il film di fiction?
Per me non esiste. Per fare un esempio Fitzcarraldo (1981) è stato il mio miglior film documentario.
Qual è la sua opinione sul nuovo cinema tedesco?
Non c'è alcun nuovo cinema tedesco. Di questo si poteva parlare intorno agli anni '70. Una persona che fa qualche buon film non costituisce il nuovo cinema tedesco. Esso è diventato molto provinciale negli ultimi due anni. Il che va bene. Il pubblico voleva questo. Senza alcun dubbio potremo vedere di nuovo dei buoni film in Germania, ma è un bene che la cinematografia cambi di quando in quando.
Oggi i migliori film al mondo vengono dall'Iran. Sono dieci anni che lo predico. Oggi sto dicendo una banalità per voi giornalisti, ma dove sono gli spettatori per questi film? Sì, i film iraniani sono alquanto popolari in Francia e in pochi altri paesi, ma non sono ancora introdotti al grosso pubblico. Per anni ho cercato di spingere i distributori dei festivals ad acquistare e mostrare i film iraniani; ciò che sto dicendo è la banalità del presente. E non seguo nessuna moda...guardate questi film sono meravigliosamente profondi e ricchi di pathos.
A proposito di mode, cosa ne pensa della nuova tendenza di filmare in digitale?
Lasciamoli fare come vogliono, per quanto mi riguarda sono personalmente ancora un uomo di celluloide.
[Venezia 03-09-01]