Uno sguardo ai festival
Il Festival del cinema omosessuale si muove su un terreno particolarmente interessante: da anni cerca di coniugare l'aspetto culturale e critico (film di qualità, retrospettive accurate, passione pura per il cinema) a momenti più "leggeri" (mai le virgolette furono più appropiate: vedi le feste organizzate dopo le prioezioni a tarda notte) di divertimento e follia. Naturalmente anche altri festival organizzano party, serate musicali al di fuori dei film in programma, ma per il cinema omosessuale sembra che i due aspetti vadano in modo naturale di pari passo. La parola intrattenimento finalmente acquista un valore culturale: il cinema, e questo vale ancora di più per quei film "forti" proposti dal festival (vedi Fassbinder quest'anno), si coniuga perfettamente con il divertimento, il gioire, la vitalità. Sono estremi che si toccano e danno vita ad un fenomeno a volte spiazzante, certamente affascinante e di grande suggestione.
Sodoma e Hollywood: non solo a stabilire un legame ideale fra i due miti, ma anche per muoversi in uno spazio vasto e ancora inesplorato. Il campo dell'amore e del sesso (oltre l'omosessualità) è un campo difficile che molti registi hanno cercato di indagare, anche negli estremi (vedi ancora Fassbinder); il festival ogni anno aggiunge punti di vista, ironici o drammatici, che possono uscire, raggiungerci e smuoverci.
Il festival nelle parole del suo direttore, Giovanni Minerba: "Il Festival è partito 17 anni fa quando noi abbiamo cominciato a fare cinema. Io e Ottavio Mai nell'82, dopo esserci resi conto che la tematica omosex non veniva affrontata in modo politically correct, ci siamo stancati ed abbiamo deciso di iniziare a fare video autoprodotti con cui andavamo in giro per vari festival e ci siamo resi conto che tanto cinema omosex non arrivava in Italia per cui abbiamo avuto l'idea di proporre un festival di questo genere. La nostra idea era di proporre un cinema bello, sia come tematica che come qualità. Visto che noi venivamo da un periodo di militanza politica nel Fuori, prima associazione gay italiana, poi vivendo in prima persona questi argomenti abbiamo fatto una proposta agli enti locali: dopo un paio d'anno è stata accettata e siamo diventati un festival; abbiamo continuato perché in Italia questo discorso rimane tabù e la maggior parte dei film non arrivano in Italia.
Festival a tematica omosex ce n'è un altro che è a Milano ma che non ha una struttura da festival ma è più da rassegna. Il nostro ha un respiro diverso, riconosciuto anche dal ministero, è uno dei festival più importanti a tematica omosex, il primo in Europa. Una realtà importantissima per Torino. L'unico problema è che il festival non ha l'attenzione che merita da parte delle istituzioni. Ci sono molti direttori di festival italiani non a tematica che mi chiedono come facciamo con quattro soldi ad organizzare un festival di questa imponenza. Lo facciamo perché è un piacere anche farlo rispetto ad un discorso di scelta politica e andiamo avanti con sacrifici e stanchezza, perché i soldi sono pochi. Non puoi gestire le cose in modo tranquillo.
Dalla prima edizione è cambiato molto, siamo cresciuti. I primi anni era una piccola rassegna che coinvolgeva soprattutto gli addetti ai lavori perché la gente rimaneva perplessa rispetto all'argomento e lo stesso i critici e gli assessori per paura che potesse diventare una sorta di ghetto. Questo non è successo perché siamo partiti da addetti ai lavori rispetto al cinema; oltre alla tematica era nostra intenzione creare un festival che fosse non solo dell'argomento ma anche del cinema. I fatti ci hanno dato ragione. Come circuitazione quest'anno faremo tre città: Padova che ormai è da sette/otto anni un appuntamento fisso, Pisa qualche giorno, a Venezia potrebbe esserci qualcosa e a Ferrara due o tre giorni. In questo modo diamo possibilità di vedere questi film a gente che non riesce a venire a Torino."
Risolvere il problema ambientale attraverso il cinema può forse sembrare utopico? Se i film del Festival Gay cambiano la vita (questo lo slogan dell'edizione 2002) i film di Cinemambiente possono cambiare il mondo? Aldilà della facile provocazione (o battuta) il festival è uno specchio importante che riflette (sul)la realtà in cui viviamo. Le grandi potenzialità del festival riguardano "territori" ancora in parte poco esplorati come le associazioni ideali che possono nascere tra grandi autori, grandi film e problemi legati all'ambiente. In questo senso il festival ha organizzato le retrospettive Flaherty e Ivens ma, a pelle, sembrano enormi le possibilità che possono far nascere un dibattito, anche provocatorio, relativo alla mise en scene dell'ambiente e della natura al cinema. Alcune domande che nascono d'istinto: Walt Disney considerava l'idea dell'inquinamento? La fantascienza al cinema può indicare strade per risolvere o prevedere problemi ambientali? I cibi de La grande abbuffata sono tutti genuini? E infine: le pellicole sono biodegradabili?
Naturalmente, a parte il divertissement, il festival rende visibile una realtà che dovrebbere essere già davanti a tutti. Il cinema diventa quindi un momento di rielaborazione del reale e del vissuto ma, in fondo, anche di documentazione preziosa. D'obbligo seguire il cammino di questo festival che, aldilà di ogni retorica, può stimolare, informare e allargare le coscienze, oltre che esplorare campi ancora sconosciuti e profondi come quelli fra uomo e natura.
Il festival nelle parole del suo direttore, Gaetano Capizzi: "Il nostro festival cerca di proporre film a tematica ambientale che coniughino due aspetti: quello cinematografico e quello ambientale. Noi pensiamo che il cinema, in quanto strumento di comunicazione, sia adatto a veicolare delle problematiche di tipo ambientale e in questo modo sensibilizzare le persone. Noi anzitutto, cerchiamo dei bei film, che parlino del problema dell'ambiente anche in senso lato. Naturalmente non proponiamo documentari naturalistici. Non perché non siano validi, semplicemente perché hanno già uno loro spazio in televisione.
Per noi tematiche ambientali sono la vita di tutti giorni, le realtà metropolitane, gli effetti della globalizzazione, l'inquinamento nucleare, e gli effetti devastati delle guerre. Ad esempio all'epoca della guerra in Jugoslavia abbiamo organizzato una sezione dedicata alle conseguenze ambientali delle guerre, che, abbiamo scoperto, oggi più che mai sono combattute contro l'ambiente. Un fenomeno iniziato in Vietnam, dove ancora adesso si possono notare le conseguenze dei bombardamenti di defoglianti sulla popolazione. Lo stesso dicasi per l'uranio impoverito nel Golfo Persico e nella ex-Jugoslavia.
Il festival del Cinemambiente che si svolge ad ottobre è giunto quest'anno alla quinta edizione. Oltre ai film in concorso organizziamo delle retrospettive su grandi autori che si sono confrontati con tematiche ambientali come Vittorio De Seta, Robert Flaherty l'anno scorso e Ivens quest'anno. Una sorta di ricerca storica sul confronto tra cinema e ambiente. Una parte importante è inoltre dedicata alla scuole che hanno la possibilità di confrontarsi e discutere con registi e autori, una specie di finestra sul mondo.
Terminato il festival i film hanno una circuitazione nazionale che da quest'anno dovrebbe essere europea e durante l'anno organizziamo iniziative speciali. Ad esempio l'anno scorso abbiamo invitato qui Julia Mills quella ragazza che è stata per un anno su un albero e abbiamo proiettato un film su di lei che abbiamo recuperato negli Stati Uniti e mai distribuito in Italia. Nel panorama italiano il nostro è il festival più importante, anche perché per il resto si tratta di sporadiche rassegne."
Il Torino Film Festival si è affermato da alcuni anni come uno dei più interessanti festival di cinema a livello nazionale e internazionale. Attento al cinema del presente così come alla riscoperta sistematica del cinema del più o meno recente passato, il Torino Film festival unisce la passione cinefila ad uno sguardo critico e scientifico maturo. Non si possono dimenticare infatti, oltre ai film, le interessanti pubblicazioni che il festival cura con interventi e studi, ogni anno inediti, originali e scrupolosi.
Il festival si svolge generalmente nel mese di Novembre e oltre alle categorie dei concorsi (lungometraggi, cortometraggi, documentari) offre sezioni collaterali sempre molto ricche. Da alcuni anni la sezione Americana è probabilmente quella più originale offrendo un panorama sul cinema americano contemporaneo (quello più interessante, cioè l'indipendente) unito ad alcune riscoperte o riproposte storiche del cinema d'oltreoceano (pensiamo ad autori come Hopper, oppure i western di Mann e Boetticher). Inoltre le retrospettive dedicate ad autori o ad alcune cinematografie "minori" hanno spesso contribuito ad aprire un dibattito su zone poco esplorate dalla critica (il cinema portoghese, ungherese, cecoslovacco, autori come Pollet, Garrel, Haneke, Oliveira, ...).
Il discorso negli ultimi anni sembra essere duplice: accontentare i gusti del pubblico, cercando di sorprenderlo, incuriosirlo, ma anche accontentarlo (le retrospettive Carpenter e Romero degli ultimi due anni, fortemente volute dal direttore del festival Stefano Della Casa, sembrano dimostrare questa affermazione), e dall'altro proporre con coraggio opere fuori dagli schemi, a torto considerate minori o marginali, a primo impatto difficili, ma non per questo trascurabili.
Ma aldilà di queste poche righe che non intendono essere celebrative, né tanto meno esaurienti, quello che più è importante è che il Torino Film Festival è riuscito a diffondersi nella città in modo vitale; il festival è visibile (escludiamo i "segnali di fumo" dell'ultima edizione) e riconoscibile. Questo fa del Torino Film Festival, oltre ad un luogo di cultura cinematografica anche un luogo dove possono confluire contributi diversi (oltre il cinema, oltre i cinephiles).
Il festival nelle parole del suo direttore, Stefano Della Casa: "Il TOFIFE è nato nell'82 perché l'allora assessore di Torino voleva fare una specie di Woodstock del cinema. C'era il mito del fatto che con le nuove tecnologie tutti avrebbero fatto cinema. Era il momento della diffusione di massa dei videoregistratori, contemporaneamente c'erano ancora i super8, i betamax. Si era pensato ad uno spazio X in cui una persona veniva e proiettava la sua cosa. Poi l'idea fu modificata e divenne un festival vero e proprio, però molto attento al cinema off, quello fuori formato, e in generale al concetto di nuovo cinema, nel senso degli anni 60 del termine.
Essendo l'unico festival italiano che si svolge in una grande città abbiamo puntato sul fatto di coinvolgere il pubblico cittadino. Io e Turigliatto venivamo dal cineclub (Movieclub) e Barbera dall'Aiace, ed eravamo convinti del fatto che il cinema era una cosa che si faceva cercando di intercettare un pubblico. Con il Movieclub se non avevamo il pubblico non vivevamo, andavamo avanti con gli incassi.
Quest'anno col festival abbiamo incassato quasi 200 milioni, che credo sia quasi un record assoluto.
Dicono che siamo il secondo festival italiano il che è abbastanza vero, ma se si guarda il budget siamo il terzo perché credo che Taormina costi di più. Ma questo non conta molto: è un pò come dire se è più importante avere una bici da corsa o una Ferrari...
Ma la vera caratteristica è il fatto che è l'unico festival che si svolge in una grande città e non in una località turistica, come ad esempio Pesaro, Bellaria, Rimini, Courmayerur, Montecatini.
Insomma è un festival che non si pone solo per gli addetti ai lavori ma che conta sul fatto che ci sia un pubblico."
Anteprima per il Torino Film Festival 2002: "Il prossimo anno inviterò un altro mito della mia formazione che è John Milius, un regista che viene riduttivamente visto come un regista di destra, ma la sua personalità è molto più complessa."
Il Cinema delle Donne non è un festival sulle donne ma, esattamente come indica il titolo, delle donne: tutti gli autori dei film proiettati sono infatti rigorosamente al femminile. Si scopre così un mondo nuovo se consideriamo che la storia ufficiale del cinema è fatta per la quasi totalità di figure autoriali al maschile. Truffaut diceva che per fare un film è necessaria la forza fisica e non si può essere delle "femminucce" e questo festival dimostra che di forza, le donne, ne hanno...e tanta.
Il numero di pellicole inviate al festival ogni anno aumenta (escludiamo gli autori maschi che si fingono donne; ma valgono invece i maschi che hanno cambiato sesso) così come la qualità. L'edizione passata, particolarmente importante per la presenza di alcune autrici palestinesi, ha confermato il ruolo internazionale del festival contribuendo ad una crescita culturale notevole della città. La scommessa è quella di aprire sempre più il festival al mercato in modo che lo sguardo femminile riesca ad avere una propria visibilità oltre a quelle eccezioni italiane (Archibugi, Torre, Comencini, Stambrini) non sempre di ottimo livello.
Realtà unica in Italia il Festival Sottodiciotto raccoglie l'eredità del Cinema Giovani rivolgendosi in maniera più radicale ai giovani. Tra gli enti promotori l'AIACE Torino che da anni opera per la formazione dello spettatore organizzando corsi di cinema rivolti alla cittadinanza o alle scuole e la promozione e valorizzazione del cinema d'essai, proponendo appuntamenti gratuiti e curando un sistema di redistribuzione dei film d'autore nei piccoli centri del Piemonte.
Con ben 13 sale d'essai a Torino, l'AIACE lavora tutto l'anno con l'idea formare lo spettatore e di portare la gente al cinema, contribuendo a creare un pubblico adatto ai tanti festival che si svolgono in città.
Il festival nelle parole del suo direttore, Sara Cortellazzo: "Il Festival Sottodiciotto è nato dalla collaborazione di tre enti diversi: il Torino Film Festival, che ha sempre ricevuto film da parte delle scuole e che metteva in concorso in apposite sezioni, l'Ente per i Servizi Educativi della Città di Torino, che si è sempre occupata di produrre film nei laboratori che organizzava, e l'AIACE, che da circa trent'anni lavora nelle scuole attraverso corsi teorici di cinema con l'intento di portare i giovani al cinema.
Secondo gli organizzatori il festival doveva raccogliere prodotti realizzati dalle scuole a tutti i livelli e in ambito nazionale, e già prima edizione abbiamo ricevuto 300 prodotti poi selezionati e messi in concorso per fasce d'età. Dalla seconda edizione abbiamo introdotto un nuovo spazio per film realizzati dai giovani in ambito extrascolastico, visto che a livello amatoriale si inizia molto presto grazie al digitale.
I protagonisti di questo festival sono i ragazzi. Classi arrivano da tutta Italia e Torino diventa un luogo di confronto sulla produzione che si fa tra i giovani sotto i diciott'anni sia studenti che non. Contemporaneamente i ragazzi delle scuole di Torino sono coinvolti nell'organizzazione e nell'accoglienza, fanno le foto e un giornale, mentre i ragazzi del 2006 sono la giuria dei prodotti underdiciotto e fanno un giornale on-line. Questo succede al mattino, mentre al pomeriggio e alla sera si fanno dei programmi con l'intento di avvicinare i giovani ad un cinema a cui non sono abituati e nel contempo coinvolgere la cittadinanza tutta portando la gente al cinema.
L'anno scorso ad esempio il tema era il rapporto tra cinema e musica e abbiamo organizzato due serate di omaggio al cinema dei Beatles, che oggi i ragazzi stanno riscoprendo e sono sempre molto amti dai non più giovani. Questo ha permesso di creare un incontro tra generazioni che ha unificato tipi di pubblico che normalmente frequentano ambiti diversi. Abbiamo organizzato anche una personale di Luzzati e Giannini, artigiani dell'animazione che hanno fatto cose stupende tra cui Il Flauto Magico ed una trilogia rossiniana e abbiamo invitato Gianni Amelio che presentava uno dei cinque corti girati per conto dell'UNICEF da grandi registi italiani sulla ex-Yugoslavia.
Tutto questo perché i giovani non sono mai protagonisti di manifestazioni cinematografiche e non mai al cinema insieme ai grandi.
Dal primo anno il festival ha avuto buoni risultati sia in programmi che in affluenza che di stampa. La formula è particolare e non c'è nulla di analogo in Italia, visto che lo stesso Giffoni Film Festival alla fine è molto di vetrina."
Festival del Cinema Trash
Il Festival del Cinema Trash, giunto quest'anno alla settima edizione, si svolge a Torino in dicembre, organizzato dall'associazione Anteo 91. Manifestazione rigorosamente gratuita, propone film a basso costo e retrospettive sui padri del Trash americano, da Lloyd Kaufman a Russ Meyers fino all'intero catalogo della Troma di New York, direttamente nei pub della città, dove, secondo il direttore Giovanni Spada, "si può fumare, bere e toccarsi, così da avere un rapporto tattile con la città."
Fenomeno che può vantare grandi nomi anche in Italia (Brass, Ciprì e Maresco, Piva, Zanantonello), il Trash non è un genere cinematografico come il western o l'horror, ma un vero e proprio crossover d'intenti, che si affida al sublime dell'ironia come al lampo di genio della satira, traducendosi in una serie di pugni diretti allo spettatore, che hanno come comun denominatore la ricerca linguistica e semiotica.
Il festival nelle parole del suo direttore, Giovanni Spada: "Il Festival del Cinema Trash è una sovversione estetica legato all'estetica al linguaggio che nasce nel 1996, ossia nel momento in cui dal punto di vista iconografico ed iconoclasta, con la visione del film di Tim Burton Ed Wood, avviene la grande illuminazione. In quel momento c'è in Italia la diffusione del window95, la rivoluzione digitale annunciata da Bill Gates, che permetteva di montare con Premiere e dava la possibilità di elaborare in maniera veloce prodotti a basso costo, nel mentre si sviluppa la coscienza dell'apparato iconografico della nostra generazione, che va dai manga a John Travolta a Topogigio. Un'iconografia ovviamente generazionale, perché l'apparato iconografico è comune quando la generazione riceve lo stesso tipo di input. Il cinema Trash nasce nel momento in cui la nostra generazione, quella dei trenta quarant'anni, assimila un certo tipo di icone e può parlare di trash, di immondizia del linguaggio.
Il nostro è il festival della prima generazione catodica, che ha vissuto il passaggio dal bianco e nero al colore e assimilato una serie di icone che adesso stiamo rielaborando.
Noi siamo una delle poche realtà nazionali che riesce a far discutere sul linguaggio, tanto che il nostro festival non è fine a se stesso, ma abbiamo contatti con mezzo mondo. Nel momento in cui andiamo a Cannes a intervistare Kaufmann o a Venezia ad intervistare Tinto Brass, noi cerchiamo il confronto con i maestri dell'estetica, perché il trash è un linguaggio universale o meglio una sintesi del pensiero occidentale. Il Trash è una rielaborazione rigorosamente estetica del linguaggio."
Festival Internazionale del Cinema Sportivo
Attualmente sospeso, il Festival del Cinema Sportivo è, dopo la mostra di Venezia, il più antico del mondo. Nato a Cortina tra le due guerre, ha coinciso con la "scoperta" che è di quegli anni, dello sport come fenomeno di massa, come tifo, rivalità, divismo e non soltanto più espressione elitaria, decoubertiniana. Dopo la parentesi di alcune retoriche edizioni italo-tedesche, è rinato con il dopoguerra, sull'onda di un interesse popolare che è dilatato, spesso esasperato dalla radio e dai giornali. Il cinema sportivo sfrutta le sue potenzialità di grande favola, ma ancor più quelle di documento, scarno ma unico, inedito, vergine. È una funzione che comincia a perdere negli anni Cinquanta, bruciato in attualità dall'avvento della televisione, delle sue cronache immediate e dirette. Si tratta, in realtà, di un lungo interregno, di un decennio tra cane e lupo, perché la televisione da noi ha ancora troppa rigidità ed è in gran parte "cinema", sfrutta le nuove tecniche leggere del "cinema diretto", gira in pellicola i propri servizi, si serve di autori e tecnici soprattutto cinematografici. È, questo degli anni Sessanta, un periodo di straordinaria vitalità creativa per il cinema come per la televisione. Con gli anni Settanta il festival si trasferisce a Saint Vincent.
I giochi sono ormai fatti. La TV con i suoi video e le sue telecamere, con i suoi display giganti ed i suoi giornalisti divi, diventa come nella vita di ogni giorno protagonista assoluta.
Da allora il festival, che era rimasto di proprietà del CONI e dell'AGIS, si è mosso ora in ambito televisivo (per lo più strettamente italiano e RAI: divi, committenze, ospiti, interventi), ora in ambiti istituzionali (le produzioni ufficiali dei vari comitati olimpici nazionali). In questi ultimi anni ha puntato per un verso ad una maggiore europeizzazione, per l'altro ad un maggior radicamento nella realtà in cui si svolge.
Nel 1981 il festival trova la sua sede definitiva a Torino e prosegue una attività che si muove tra la nuova realtà televisiva e le sue finalità istituzionali. Negli anni novanta, direttore Gianni Volpi co-direttore Gian Paolo Ormezzano, il festival ha subito un notevole processo di trasformazione. All'interno delle ultime edizioni sono state organizzate iniziative di grande prestigio e risonanza: memorabili sono rimaste ad esempio la proiezione di Olimpia 1936 su uno schermo galleggiante sul fiume Po, alla presenza di ventimila spettatori, o il concerto dei Mau Mau al Teatro Regio, con commento sonoro inedito dei rarissimi filmati olimpici 1896-1924. Nello stesso tempo ha preso forma un'ipotesi di festival espanso che dura un intero anno, che interviene su temi di grande attualità, che produce e che si costruisce un suo consistente Archivio come centro studi. Numerose iniziative sono in corso in stretto collegamento con Torino 2006 e sono in fase di realizzazione programmi di collaborazione con Stream.
Anch'esso unico in Italia il Tohorror Festival si è sviluppato con il proposito di divenire un punto di incontro soprattutto per appassionati e giovani autori di genere horror in senso lato, compresi quindi il fantasy horror e lo splatter. Nato a Torino tre anni fa su iniziativa del direttore Marco Gasparino, il festival ha avuto come padrino Dario Argento, che ha concesso un'intervista esclusiva sul set del suo ultimo film.
Fino ad ora svoltosi con successo nei locali torinesi (l'anno scorso a Villa Capriglio, sulla collina) in versione un po' naif e da quest'anno al Cinema Massimo, aperto a pellicole provenienti dall'estero, il festival proporrà, oltre alle opere in concorso, chicche indipendenti per appassionati che non hanno distribuzione in Italia e una retrospettiva sul cinema horror tedesco da Il Gabinetto del Dottor Caligari al Nosferatu di Herzog.