Speciale NUOVO CINEMA GIAPPONESE
Ricordati chi sei: memoria e identità nel cinema giapponese contemporaneo
Luca Cechet Sansoè
La fine della cosiddetta bubble economy sembra aver lasciato un vuoto profondo nella società giapponese; dopo un decennio di corsa sfrenata, il Giappone si è finalmente dovuto fermare per guardarsi indietro e ora si trova a rimettere insieme i pezzi di un'identità in frantumi. Il cinema degli anni '90 rispecchia chiaramente questo vuoto e questo bisogno di ricostruzione. Suwa Nobuhiro nel suo H/Story [2001] cerca di girare un nuovo Hiroshima Mon Amour [1959] ma non riesce, la bomba H di cui parla nel suo film non spazza via le case ma le coscienze e il vuoto lasciato dall'esplosione sembra impossibile da riempire.
«Senza ricordi, non abbiamo identità», afferma Kore-Eda Hirokazu intervistato da Mark Shilling a proposito del suo secondo lungometraggio, After Life [Wonderful Life, 1998]. Per questo giovane regista i ricordi sono i tasselli che compongono la nostra individualità. Non il passato in sé quindi, ma quella selezione automatica di episodi che, proprio perché conservata nella memoria, diventa il momento formativi della nostra esistenza. Non si parla però di un ritorno nostalgico al passato scomparso, ma di revisione mentale di una vita che ha perduto il senso, revisione possibile solamente con la prospettiva del futuro.
Le anime di After Life devono scegliere il loro ricordo più bello, quello che da solo può bastare a dare significato ad un'intera esistenza, perché solo così potranno proseguire oltre. Chi prima di loro non è riuscito a scegliere rimane bloccato in una sorta di anticamera dell'aldilà con un compito preciso: interrogare i nuovi defunti sulla loro vita e girare il film del loro attimo di maggiore felicità.
Kore-Eda utilizza solo luce naturale; il suono è in presa diretta; la cinepresa è fissa e inquadra i personaggi frontalmente, a mezza figura, mentre si raccontano come fossero ad un provino cinematografico, oppure è a spalla e si muove nervosamente negli ambienti dedicati alla lavorazione dei suddetti film. Ne consegue un forte senso di realismo: lo spettatore sa di essere di fronte a fantasmi perché gli viene detto, ma nulla sembra suggerirlo. È interessante notare inoltre la totale assenza di flashback che si spiega con la volontà da parte del regista di rappresentare esclusivamente l'influenza del passato, attraverso il filtro della memoria, sul presente. Il ricordo appartiene solo a chi lo conserva e il pubblico non è autorizzato nemmeno a vederne la fittizia riproduzione cinematografica. Una considerazione analoga si può fare per Hole In The Sky [Sora no ana, 2001] di Kumakiri Kazuyoshi. Ichio recupera il doloroso ricordo della madre nel momento in cui una nuova figura femminile entra nella sua vita solitaria. Ma la figura della madre non compare mai se non attraverso un filmino di famiglia, il passato proiettato nel presente.
Anche qui, quindi, è rappresentata esclusivamente l'evoluzione psicologica del personaggio in relazione alla propria progressiva revisione del passato.
Un ulteriore importante meccanismo legato al tema della memoria è quello della condivisione del ricordo. Sia in After Life che nel terzo lungometraggio di Kore-Eda, Distance [2001], i personaggi non solo si confrontano con il loro passato ma anche con quello degli altri. Mochizuki in After Life darà un significato alla propria vita scoprendo di essere il più bel ricordo di un'altra persona.
In Distance i cinque personaggi s'interrogano su cosa abbia portato i loro parenti più cari a compiere il folle gesto che ha provocato la morte di centoventi persone e poi il loro suicidio. Il trauma di scoprire di non conoscere più una persona amata li accomuna, i loro ricordi individuali sono i tasselli di un unico grande puzzle che devono ricostruire per giungere alla verità su quei terribili eventi.
La stessa cosa succede in Love Letter [1995] di Iwai Shunji. Hiroko vive il trauma di una perdita: la morte del suo grande amore Fuji Itsuke. Inizia una corrispondenza con un altro fantomatico Itsuke che si scopre essere una compagna di classe omonima del defunto fidanzato. Le chiederà di fornirle memorie che non possiede e l'intreccio dei ricordi porterà a stabilire una nuova verità sul passato e sui sentimenti che legano questi tre personaggi. Ma la memoria si espande senza controllo riportando alla luce ulteriori drammi rimossi. Itsuke, invitata da Hiroko a ripercorrere con la mente gli anni del liceo, recupera il drammatico ricordo della perdita del padre che morì perché non raggiunse in tempo l'ospedale a causa di una bufera di neve. La memoria proietta il ricordo sul presente facendolo concretamente rivivere nel reale e Itsuke si trova a rischiare la vita nelle stesse circostanze. Anche in Distance i protagonisti si ritrovano a passare la notte nella stessa casa dove la setta si era riunita prima di compiere il suicidio. In entrambi i casi il flusso del tempo sembra bloccato su un evento drammatico, il cui ripetersi in maniera diversa è l'esorcizzazione che permette di superarne la maledizione [è un meccanismo che appartiene anche e soprattutto al genere horror, si pensi alla fenomeno Ring]. In After Life non si tratta di esorcizzazione, ma anche qui le anime dei morti rivivono fisicamente il loro ricordo più bello su un set cinematografico. In ogni caso il passato si ripropone concretamente nel presente perché venga finalmente 0compreso e superato.
E se invece non ci fosse più nessun passato? Se il vuoto fosse così radicato da cancellare ogni ricordo? Kurosawa Kyoshi porta alle estreme conseguenze il binomio memoria-identità. In Cure [1997] Mamiya non ha coscienza di sé perché privo di memoria, il suo vuoto interiore è un buco nero che attira a sé, portandoli alla luce, i desideri più spaventosi di coloro che gli si avvicinano. Il vuoto che si è creato nella società giapponese degli anni '90, sembrerebbe dire Kurosawa, ha costretto tutti a confrontarsi con le proprie contraddizioni e con i propri fantasmi interiori. Il tentativo di riempire quel vuoto, cercando di ritornare ad una precedente illusoria condizione di felicità, è totalmente vano.
In License To Live [Ningen gokaku, 1998], Yutaka si sveglia improvvisamente dopo dieci anni di coma; il suo tentativo di ripristinare un passato ormai lontano è destinato a fallire: la morte sarà inevitabile perché se non si riesce a vivere il presente non può esserci alcun futuro.