Robert Bresson
L’Argent
di Massimo Olivero
Il film si apre su una lastra di metallo verde, su cui si chiude meccanicamente uno sportello; in seguito scopriremo trattarsi di un bancomat, strumento attraverso cui prelevare denaro senza nessun tipo di contatto umano. Esso è visualizzazione di ciò che sarà la comunicazione del futuro, il fine cui tendono i rapporti fra uomini.
In tutto il film infatti viene sistematicamente frustrata l'attesa di quello che Ayfre definì il miracolo della comunicazione (1). A questo proposito Predal definisce il personaggio bressoniano come colui che si lascia dominare, che è disadattato in questo mondo della comunicazione visto come un itinerario labirintico dove si muove ma non crea il contatto, si sposta ma non comunica (2).
La narrazione comincia con una porta che si apre, Norbert entra nella stanza del padre per chiedergli "la settimana" (3). Il padre è sbrigativo, scontroso, infastidito dalla presenza-richiesta del figlio e rifiuta di venire incontro a sue ulteriori richieste; il denaro mostrato in primo piano nel momento in cui passa da padre a figlio è l'unico legame fra loro. Comincia qui un vero e proprio tour de force di aperture e chiusure di porte, di entrate e uscite dei personaggi da un luogo all'altro. Ciò è particolarmente sottolineato da Bresson che non tralascia mai di mostrare gli spostamenti dei personaggi. Queste aperture e chiusure di porte che dominano tutto il film, si possono paragonare agli scambi di denaro di Pickpocket (4), poiché sono il vero canale attraverso cui passa il senso del film. Bresson è interessato maggiormente a mostrare il vuoto della comunicazione fra gli uomini, questo infatti può solo determinare un rapporto falso basato su altrettanti falsi valori. Il denaro non deve per forza essere falso per instaurare legami fittizi; come vediamo nella prima scena la validità del denaro non garantisce la validità della comunicazione.
Anche nella scena successiva Norbert instaura un dialogo con la madre solo per ottenere denaro. All'ennesimo rifiuto il ragazzo interrompe i rapporti con i genitori chiudendo nuovamente la porta. Bresson insiste su questo tema mostrando ogni volta come il passaggio da un ambiente all'altro isoli il personaggio, impedendogli di comunicare (5). La Porta nella filosofia del Novecento, in primo luogo Simmel, viene intesa come qualcosa che dona senso allo Spazio sia interno che esterno, delimitando e allo stesso tempo incentivando la facoltà di trascendenza propria dell'uomo. Nel saggio del 1909 (6) Simmel definisce la Porta come possibilità di uno scambio continuo e reciproco, apertura verso l'esterno, avventura esistenziale.
Per Bresson il passaggio attraverso canali di comunicazione quali porte, corridoi, scale, non dà su nessuna apertura, ma genera solo rapporti sterili portatori di violenza e dolore. Infatti per Predal L'Argent appare dunque come un film di rapporti e di raccordi. Bresson non mostra mai l'azione o l'idea, ma i vettori di comunicazione, i segni della circolazione, i riti di passaggio[…] (7). A differenza della porta che almeno in teoria potrebbe dare un' apertura, il vetro è simbolo di illusione di comunicazione in quanto la fa intravedere, ma di fatto la impedisce. Emblematiche sono le scene nel negozio del fotografo in cui predomina come elemento visuale la presenza delle vetrine, sia esterna che interne. Proprio questo è l'ambiente in cui maggiormente sembra esserci una comunicazione, che in realtà è completamente assente; domina infatti la falsità nei rapporti. Qui i personaggi sono come "messi in vetrina", condizione che verrà ripresa più volte nel corso del film (la scena più emblematica è quella del parlatorio).
Per mostrare il litigio fra i coniugi, proprietari del negozio, a causa della banconota falsa, l'inquadratura si apre sulle inferriate chiuse della vetrina, anticipando l'idea di chiusura dei rapporti fra i due, capaci solo di esprimere il risentimento interiore accumulato nel tempo. Yvon è la vittima sacrificale che assumerà su di se il Male generato dallo scambio di moneta falsa. E' significativo che Bresson lo mostri da subito attraverso tre lenti isolanti (la mdp, la vetrina e il finestrino del camion) chiudendolo in una totale solitudine. La scoperta di essere stato truffato avviene in una trattoria, in cui il padrone lo accusa di essere uno spacciatore di denaro falso e Yvon reagisce con violenza; il gesto della mano, spiazzante sineddoche visiva, che spinge il gestore è l'emblema del modificarsi dell'uomo a contatto col denaro. La mano che in Un Condannato a morte è fuggito simboleggiava l'intelligenza umana ora è il segno della malvagità. Quando Yvon torna nel negozio si inscena un'altra rappresentazione della menzogna, con la complicità del commesso Lucien. La sua falsità annienta la verità della testimonianza di Yvon, condannandolo.
Il modo in cui nel film viene mostrata la casa di Yvon, le due porte aperte, l'amore della figlia, sembrano mostrare un luogo di reale scambio d'affetti. Anche qui però il Male ha intaccato i rapporti fra Yvon e la moglie.
Lucien, licenziato, grazie al duplicato delle chiavi (false) aprirà le porte del negozio e della cassaforte derubando gli ex padroni. Questi entrando nel negozio svaligiato attraverseranno tre porte e troveranno quella della cassaforte spalancata. Vittima di una falsa giustizia, Yvon è costretto dalla mancanza di denaro a partecipare ad una rapina, dove verrà catturato e dovrà scontare una pena assai più pesante della precedente. La figlia infatti morirà di difterite e la moglie nel parlatorio non riuscirà a comunicarglielo, lo riferirà solo per lettera in cui confesserà di aver avuto nel colloquio la gola chiusa dal dolore. Ritorna l'impossibilità di comunicare, a chiunque, ciò che riguarda la dimensione interiore.
Emblematica è la malattia della bambina, una difterite mortale, infezione che colpisce le mucose della gola impedendo la respirazione: i personaggi di questo film sembrano tutti vittime di tale malattia, a causa della quale non riescono a comunicare col mondo esterno. Bresson sceglie di far conoscere allo spettatore il contenuto delle lettere attraverso la loro lettura da parte del personale addetto, privandole così di intimità, violando gli ultimi contatti umani prima ancora che si stringano.
La distruzione morale di Yvon appare totale, infatti in seguito ad un gesto impulsivo di rabbia nei confronti di alcuni detenuti viene condotto in cella di isolamento. Qui i suoi gesti perdono qualsiasi funzionalità ed assumono un aspetto ripetitivo, vuoto, di completa inutilità (8).
Nel film emerge chiaro il legame fra l'impossibilità di comunicare e l'influenza del denaro sulle persone, denaro che vuole rimanere chiuso, non vuole passare in tante mani e vi passa suo malgrado, che ognuno vuole trattenere per se, quasi fosse parte del suo corpo. Ciò è dimostrato dalla ritrosia nel porgere ad altri denaro e dalla tendenza comune di nasconderlo, oscurarlo, chiuderlo (buste, casseforti, borse…). Questo fa pensare alla riflessione presente nel film di Tanner, Jonas qui aura 25 ans en l'an 2000, in cui un personaggio cerca di dimostrare il legame fra la religione calvinista, per quanto riguarda il tema del denaro, e la stitichezza di Calvino stesso. Egli rifacendosi al Weber di L' etica protestante e lo spirito del capitalismo afferma che il denaro è qualcosa da nascondere, che non è bene mostrare, esattamente come le feci. Secondo lui la stitichezza morale di Calvino per ciò che riguarda il denaro, appare anche a livello fisico, sotto forma in una estrema difficoltà di evacuazione: ciò indica un'assoluta chiusura, dal livello fisico, fino ai rapporti interpersonali.
(1) A. AYFRE, L'univers de Robert Bresson, in " Télé-Cinè " n. 70-71, novembre-dicembre 1957
(2) R. PREDAL, Tutto il cinema di Bresson, Baldini&Castoldi, Milano, 1998, p. 34.
(3) A questo proposito è interessante citare Quando la moglie è in vacanza, B. WILDER, in cui il figlio che parte per le vacanze si lamenta col padre del fatto di non poter ricevere "la settimana". I rapporti anche qui infatti sono principalmente regolati dal denaro.
(4) Predal invece paragonava i movimenti dei ladri di Pickpocket con i virtuosistici scambi di banconote false di L'Argent, vd. R PREDAL, Tutto il cinema di Bresson, cit., p.292
(5) Emblematica la scena in cui il padre nell'ascensore e il figlio in casa, chiudono contemporaneamente le porte, isolandosi reciprocamente.
(6) G. SIMMEL, Ponte e Porta, 1909. Per un' ulteriore approfondimento sul tema vedi: M. VOZZA, I Confini fluidi della reciprocità, Mimesis, 2001, p. 65.
(7) R. PREDAL, Tutto il cinema di Bresson, cit., p.291
(8) Esattamente il contrario accadeva in Un Condannato a morte e fuggito dove ogni gesto del protagonista era attentamente calcolato per la fuga finale.
L’ARGENT
(Francia, 1982)
Regia
Robert Bresson
Sceneggiatura
Robert Bresson
Montaggio
Jean-François Naudon
Fotografia
Emmanuel Machuel, Pasqualino de Santis
Musica
Johann Sebastien Bach