John Woo
The Killer
di Fabio Sclosa
Nel n.507 dei "Cahiers du cinéma", John Woo dichiara apertamente il suo amore per il cinema di Melville, scoperto all'inizio degli anni '70 con Le Samurai (Frank Costello, faccia d'angelo, 1967), divenuto presto film culto dei giovani cineasti e cinefili di Hong Kong. Quel che affascina di Melville è lo stile sobrio, la sua capacità di combinare il cinema di genere con una filosofia profondamente orientale, i suoi antieroi, silenziosamente tarlati dal dubbio esistenziale, votati alla solitudine, protesi verso il tragico incontro con la morte.
The Killer, un dichiarato omaggio al film di Melville, si colloca cronologicamente ed esteticamente al centro della sua opera. Con A Better Tomorrow, quattro anni prima, Woo aveva risolto i difficili rapporti con i produttori (problema che dovrà affrontare nuovamente al suo esordio hollywoodiano), si era liberato dalle pastoie di un genere non molto amato quale la commedia, aveva ottenuto il successo internazionale ed era riuscito a trovare una propria dimensione estetica.
Reinventando il cinema di genere in una miscela fatta di poliziesco americano e mélo cinese, Woo può finalmente mettere a punto il suo universo tematico e stilistico, di cui The Killer costituisce certo un modello.
Al di là della scelta di un campionario di strumenti linguistici (il ralenti, il fermo immagine, la dissolvenza incrociata, l'iterazione, il flashback, il lento travelling che percorre la superficie dei volti), è l'uso che se ne fa nella sintassi narrativa a costituire un elemento potenziante se non addirittura trascendente il senso veicolato dalla diegesi.
Il ralenti, ad esempio, viene qui usato in almeno quattro accezioni diverse, tutte già presenti nella seconda sequenza che si svolge all'interno del club nel quale si consuma la prima sparatoria che causerà il ferimento involontario della cantante.
Il primo tipo di ralenti, che si potrebbe definire "patetico-romantico", descrive e dilata un sentimento di un personaggio (il tenero sguardo di Jeff verso Jenny); un secondo tipo, "patetico-eroico", acuisce la drammaticità di un evento (il ferimento di Jenny), rendendo indispensabile l'intervento dell'eroe; il terzo tipo, "estetico-descrittivo", è quello più conosciuto ed usato: la danza dei corpi crivellati dai proiettili, i salti acrobatici, gli atti di esagerata destrezza (la pistola afferrata al volo dopo aver ribaltato con un calcio il tavolino sul quale era posata); infine un ralenti "estatico-contemplativo", durante il quale un personaggio osserva, con lo sguardo perso nel vuoto, lo scenario di un'azione che si è già conclusa (Jeff alla fine della sparatoria, dopo aver salvato Jenny) o che si deve ancora svolgere.
Ora, se nei primi due casi l'enfasi prodotta è funzionale alla storia o alla definizione della psicologia dei personaggi, nelle altre due tipologie descritte la dilatazione temporale assume una dimensione semantica propria ed autonoma rispetto alla diegesi, tanto da poter essere riproposta identica in contesti diversissimi. Se nel ralenti "estetico-descrittivo" lo spettatore poteva contemplare la complessità degli atti rappresentati, la sublime tragicità della morte, in quello "estatico-contemplativo" il personaggio non fa altro che ribadire allo spettatore la profonda necessità di quell'atto di contemplazione.
The Killer riesce perfettamente ad integrare il senso apportato dallo stile e quello dato dal contenuto, narrandoci una storia sulla opposizione tra cecità fisica e (senti)mentale che facilmente rimanda alla tragedia greca. Non è detto però che tale integrazione debba necessariamente avvenire: uno stile forte, riconoscibile, significante, può continuare a comunicare anche attraverso una storia banalmente inserita in un genere ripetitivo. é questa soprattutto l'eredità che Woo ha raccolto dal film di Melville e dal cinema d'autore in genere.
THE KILLER (Cina, 1989)
Regia
John Woo
Sceneggiatura
John Woo
Montaggio
Fan Kung Ming
Fotografia
Peter Pao, Wong Wing-Hang
Musica
Lowell Lo
Durata
107 min