Wim Wenders
Lo stato delle cose
Un gruppo di sopravvissuti a una esplosione nucleare sta percorrendo un deserto: questa è la prima presenza umana che si incontra guardando il film di Wim Wenders. Una presenza che rivela l'intenzione di costruire una storia di fantascienza, di sospensione e di incertezza, come tanti incipit delle opere del regista; ma questo rivela subito l'essenza della finzione. Infatti i sopravvissuti stanno recitando in un film che non può essere portato a termine per problemi finanziari. E allora il meccanismo si complica se pensiamo che il film che continua, un'altra inesorabile finzione, è la storia dell'attesa e della ricerca del regista Fritz, intenzionato a concludere il lavoro.
La produzione della pellicola di fantascienza rimane il progetto, lo sguardo verso il futuro, mentre nel frattempo il film vero e proprio - che Wenders realizza - ricerca le cause, i meccanismi, le verità nel mondo "reale" dei personaggi.
Ma nelle immagini iniziali si sviluppano i temi chiave di tutta la filmografia di Wenders: il confronto-conflitto tra cinema europeo e cinema americano, le riflessioni metafilmiche, il viaggio come momento di ricerca e rivelazione. Allo stesso tempo bisogna considerare, non solo che l'intero meccanismo parte dalle prime inquadrature, ma anche che il percorso filmico sarebbe fine a se stesso senza la presenza dei sopravvissuti, che restano fantasmi in attesa, proiezioni ectoplasmatiche del regista Fritz e dello spettatore stesso.
"Il moderno...sembra trovare la sua celebrazione nell'opera di Wim Wenders, che fa del moderno, credo consapevolmente, una maniera", scrive Francesco Casetti nel suo Sguardo Novecentesco.
Queste immagini si pongono con forza nella sfera dell'immaginario del cinema della modernità: da un lato si sviluppa l'idea del mostrare gli strumenti del cinema, rivelando il "trucco"; dall'altro quella dei sopravvissuti è certamente una metafora visiva, una oggettivazione del processo creativo. Il loro avanzare con difficoltà nel deserto pone domande sullo stato del cinema (lo stato delle cose) e sul come continuare a farlo: quale strada percorrere? quale possibile? Lo spettatore sa che l'oggetto film è in lavorazione (i sopravvissuti avanzano nel deserto) e prosegue lentamente. Ma non sa se troverà una fine, una meta, una salvezza.
Il bianco e nero rende ancora più intensa, netta ed essenziale questa visione, e sono significativi i sottili contrasti che si creano: realismo-fantascienza, decadenza-sperimentazione, passato-futuro. Quest'ultimo porta il discorso in avanti: quale cinema sarà possibile d'ora innanzi? Una tensione continua verso il tempo che verrà, verso quello che ancora non conosciamo. Ma anche un ricordo del passato, altro fantasma sempre presente. Se Wenders può essere considerato uno degli autori che più hanno sperimentato, si deve tenere presente il suo sguardo verso quello che è già stato, verso le esperienze precedenti: e infatti The Survivors (il film da realizzare) è il remake di The Most Dangerous Man Alive, di Allan Dwan del 1961.Una suggestione che pur portando avanti il discorso alla ricerca di nuove prospettive, tende a far crescere una coscienza filmica. Non solo un cinema che mostra il suo farsi (tipico della modernità), ma un cinema che dimostra di essere consapevole di se stesso e che si interroga sulle proprie possibilità, sulla propria identità.
Ne Lo stato delle cose, la ricerca del regista Fritz in terra americana (non è casuale il riferimento a Fritz Lang) è legata allo strumento della cinepresa portatile: macchinario leggero è l'indizio di un "programma estetico" nuovo.
Con una tecnologia che dà la possibilità a tutti di riprendere, il filmare diventa una delle attività quotidiane. E Wenders stesso dice che "filmare, qualche volta, dovrebbe essere anche un modo di vivere, come fare una passeggiata, leggere il giornale, mangiare, prendere appunti, guidare l'auto". Questa affermazione, che nasce e prende forza con l'avvento dell'elettronica e del digitale, è anticipata dall'attitudine di Fritz. Come tanti eroi wendersiani, è un uomo impegnato in una ricerca, aperto verso la possibilità di un'immagine, di una rivelazione, in continuo movimento per cogliere il mistero dell'esistenza e del reale.
Ma nel film la cinepresa si carica soprattutto di problematiche: Fritz e il produttore Gordon alla fine del film verranno uccisi da killers "invisibili". Pur impugnando la cinepresa come una pistola, gli assassini non verranno ripresi; il tentativo di cogliere la morte si conclude con una ironica e tragica sconfitta.
"Il cinema è la morte al lavoro" diceva Cocteau, e la morte ne Lo stato delle cose si avvicina proprio con lo scorrere della pellicola dopo un sommarsi di attese e sospensioni, dopo un lavoro sulla temporalità che Wenders realizza con consapevolezza. Ma se la morte è inevitabile, e il cinema si trova a "collaborare" con essa, bisogna ricordare che The Survivors, i sopravvissuti, restano in attesa: il cinema del futuro dovrà inventare e registrare alla continua ricerca di immagini, figure, situazioni e dare quindi un senso a questa attesa.
LO STATO DELLE COSE
(Germania/ Francia, 1981)
Regia
Wim Wenders
Sceneggiatura
W. Wenders, R. Kramer
Montaggio
Barbara von Weiterhausen
Fotografia
Henri Alekan
Musica
Junger Kniepe
Durata
121 min