Tape
 
Una videocamera in costante rivoluzione attorno al corpo attoriale, in uno spazio apparentemente tolemaico, una camera di motel – unico luogo in cui guarda e a cui guarda Linklater -, ci guida in un profondo scavo nell’interiorità più ambigua, quella del rimosso, dei protagonisti di Tape. Vin e Jon sono due amici che inscenano un serrato duello verbale l’uno insidiando le zone d’ombra più nere dell’altro: per Jon uno stupro commesso al liceo, per Vin l’essere un fallito che si dedica allo spaccio. Sarà dall’esterno, da quel fuori che pare essere l’unico pretesto e l’unico referente del loro incontro-scontro, che dovrà arrivare chi saprà scardinare ogni loro residua resistenza. Ci riuscirà Amy, che, in quanto pubblico ministero – legge del mondo esterno - e in quanto ex fidanzata di Vin e vittima dello stupro di Jon – cittadina quindi anche dei loro luoghi profondi -, ne smaschererà le contraddizioni.
Tape è un kammerspiel realizzato in digitale in cui la ricerca stilistica e formale trova una controparte nella dialettica sotterranea che i personaggi instaurano con il mondo esterno. Vedendolo sorge il dubbio che tutto ciò sia frutto di una riflessione che Linklater fa attorno al digitale, mezzo sì cinematografico, ma soprattutto mediatico-comunicativo, che tanti dubbi genera intorno al suo preteso potere in-formativo.
TAPE
(Usa, 2000)
Regia
Richard Linklater
Sceneggiatura
Stephen Belbar
Montaggio
Sandra Adair
Fotografia
Maryse Alberti
Scenografia
Stephen J. Beatrice
Durata
86 min