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Jean-Daniel Pollet in questo cortometraggio
compie un'operazione molto semplice: un montaggio di volti femminili della
storia dell'arte: dall'antichità fino a Modigliani. Un percorso nell'immaginario
nella figurazione e nella raffigurazione della donna attraverso la pittura.
Su queste immagini si sente la musica di Antoine Duhamel (musicista della
nouvelle vague), quella che Duhamel ha scritto per Pierrot le fou
di Godard, e un testo poetico di Jean Thibadeau (scrittore legato alle
poetiche del nouveau roman), scritto appositamente per il cortometraggio.
Pollet crea una sorta di percorso visivo attraverso la storia dell'arte;
la sua cinepresa riprende queste immagini di volti femminili con un leggero,
costante, puntuale movimento in avanti: un avvicinamento all'immagine
che coinvolge lo spettatore e lo guida attraverso questo percorso. La
musica, inoltre, utilizzata nella sua durata totale (10 minuti) senza
stacchi, crea una continuità perfetta: le immagini assumono maggiore legame
tra loro. Le continue dissolvenze tra una immagine e l'altra e la musica
dolce di Duahmel contribuiscono a dare l'idea di un sogno, di una visione
onirica.
E' un sogno in cui si avverte fortemente la presenza e lo scorrere del
tempo: non solo il montaggio di opere pittoriche di diverse epoche e di
diversi stili trasforma il viaggio in un viaggio nel tempo, ma anche la
musica proposta intenzionalmente da Pollet in tutta la sua durata effettiva,
crea un effetto di movimento in avanti, uno scorrere inevitabile.
"Poi tu guardi…/le palpebre socchiuse…là…/china, seduta su te
stessa/passante": nei dieci minuti del cortometraggio il tema dell'immagine
e il tema del tempo sono i due aspetti più interessanti, e questi versi,
che aprono il cortometraggio, testimoniano bene questo interesse: lo sguardo
e il tempo che in Pollet hanno sempre una grande importanza.
Il testo di Thibadeau non sottolinea soltanto questi elementi, ma tende
a costruire un percorso, insieme alle immagini e alla musica estremamente
interessante : "…e nuda, svestita, muta in questo piacere,/ gli occhi
aperti e le labbra, sui denti,/ incantevoli,/ nel tuo limite esatto…".
Sono parole che tendono a creare un pensiero legato alle pulsioni e al
desiderio. A ogni immagine di donna interviene un aggettivo, una parola,
o un silenzio che tengono in tensione lo sguardo. Sono parole che tendono
a dare delle sensazioni, che forse colpiscono l'inconscio.
Oltre al legame immagini-musica si instaura quindi anche un legame immagini-parole:
parole che tendono a essere evocative e mai semplicemente descrittive.
Il testo quindi avvicina lo spettatore, lo guida in un sogno dove prevalgono
gli aspetti sensuali, emotivi, profondi : "e china, tu cammini, avanzi,
nel paesaggio del mare,/ la leggenda della conchiglia,/ il suolo fiorito,/
le rocce, la luce del tempio,/ e questo stesso sorriso…". Questi meccanismi
sono sottolineati visivamente dal movimento in avanti della cinepresa:
è lo sguardo desiderante, quasi una volontà di entrare nel dipinto.
E' lo sguardo di Pollet che si affida alla registrazione di questi dipinti
per comprenderne i misteri, le sottili trame nascoste. "Il volto mostra
il colore del cuore" conclude la poesia di Thibadeau come a dire che
l'esteriorità delle cose, la superficie, porta già in sé il segreto, la
verità. E Pollet mostra questa superficie, sempre enigmatica, ma l'unica
possibile.
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